Qualche tempo fa ero al telefono col mio vecchio amico Emanuele Vaccari e in quell’occasione lui mi raccontò di un fenomeno che riguarda molti colleghi, forse un po’ stanchi di fare SEO. Lo chiamò appunto “crisi di mezza SEO”.
Ma ci si può stancare di fare SEO? Accidenti sì, certo che sì! Un po’ perché la vita è cambiamento e certi passaggi di stato sono inevitabili, un po’ perché a volte perfino facendo questo mestiere che per me rimane affascinante e spesso misterioso, ci si ritrova a concludere che il gioco non vale sempre la candela e che la SEO non basta a portare visibilità a qualunque sito web.
Ma le crisi sono sempre una buona cosa, perché aiutano a far nascere consapevolezze nuove, che nel nostro caso significa capire almeno due cose importanti:
- essere primi su Google non significa essere “posizionati”
- nella SEO è veramente ingenuo dire che due più due fa quattro.
E ti auguro di entrare in crisi. E ti auguro di capire che tutti gli studi sui fattori di ranking proposti dalle aziende che raccolgono dati per fare business intelligence fanno riferimento a statistiche che hanno certamente senso, ma che non riguardano il TUO caso. Insomma, avere gli H1 a posto, il codice pulito, il server performante e i menu al posto giusto forse ti aiuterà ad avere buoni posizionamenti su Google, ma cosa te ne fai di un buon posizionamento se poi la gente non compra i prodotti o i servizi che offri?
Perché i colleghi smettono di fare SEO
Arrivi a un certo punto e ti accorgi che la SEO è diventata una trappola. Ho fatto consulenza per mesi a un sito web di psicologi online studiandone tutti gli aspetti strutturali ed elaborando un piano editoriale mediante le tecniche di keyword research più avanzate che conosco. Tutto meraviglioso, finché non finisci su Unobravo.com, un sito web che ti propone una piattaforma custom su cui ti ritrovi a compilare un questionario che ti fa scegliere perfino il colore dei calzini che deve avere il tuo psicoterapeuta ideale. La transazione, la seduta e perfino la chat vengono gestite sulla stessa piattaforma, accogliendo il visitatore in un’esperienza rassicurante e sicura… e in questo caso è più utile che in altri.
Anche gli aspetti più tradizionalmente legati alla SEO sembrano ben curati, ma in questo caso, come in tanti altri, è facile accorgersi che il progetto è vincente per le scelte fatte sui dispositivi di conversione prima e più che per il lavoro fatto sulla SEO. La crisi di mezza SEO arriva quando ti accorgi di lavorare come un dannato per arrivare a posizionamenti da leader su Google che però non fanno crescere il fatturato della società. Allora un cliente ti dice che non è soddisfatto, poi ne arriva un altro, poi un altro ancora e alla fine cominci a essere poco contento anche tu. E ci sta.
Come uscire dalla crisi di mezza SEO
La crisi in questo caso riguarda sia l’imprenditore che il consulente SEO. Se ne esce allo stesso modo, con la consapevolezza: l’imprenditore deve capire che la SEO è solo un pezzo (anche piccolo) di una strategia di marketing digitale, mentre il consulente SEO a sua volta può capire l’importanza di allargare il proprio sguardo agli aspetti più strategici, legati al posizionamento sulla network analysis più che sulla link building, alla progettazione dei dispositivi di conversione adeguati più che alla sola ottimizzazione di superficie.
Altrimenti la SEO può diventare frustrante per tutte le parti coinvolte. Certo, il ragionamento vale di meno per quei siti web che offrono guide o notizie e monetizzano con le pubblicità, però non è che in questi ultimi casi andrebbe saltato a piè pari.
Come sempre si tratta di comprendere i limiti di ciò che si fa, oppure di cambiare mestiere, cosa comunque rispettabilissima.