È possibile migliorare la qualità delle proprie pagine web e vedere subito dopo peggiorare i risultati su Google? Oggi vorrei parlare di come noi vediamo le pagine web, di come le vedono gli altri e di come le vede Google. Ci sono considerazioni secondo me interessanti a più livelli, quindi non perdiamo tempo e gettiamoci nella mischia.
Dunque, il post da cui parte la mia riflessione di oggi è di Federico Astolfi e ve lo riporto qui:
Ho sperimentato sul mio blog: avevo tantissimi articoli a tema digital marketing molto cliccati e con posizioni in top 10.
Queste posizioni erano state ottenute con varie ottimizzazioni on page, una dopo l’altra, che a mio parere avevano reso questi articoli troppo lunghi e troppo innaturali.
Eppure, dei pezzi di testo avevano ottenuto tante “posizioni zero” sulla serp.
Questo sicuramente rendeva “potente” il mio blog, allettante per guest posting, ma non so quanto giovasse alla mia reputazione e soprattutto non so neanche se questi articoli a tema digital marketing attraessero potenziali clienti: dalle ricerche mi sembrava che avessi molte visite da colleghi agli inizi, che volevano imparare i concetti chiave e visionare esempi.
Ora ho riscritto tutto. Finalmente i contenuti sono fluidi, freschi, lunghi quanto basta e più mirati al contatto ma… sono precipitati su google.
Eppure mi ero assicurato di mantenere l’uso delle parole chiave da cui, stando a search console, erano arrivati i clic. Pensavo di fare win win, ma forse ho fatto loose loose.
Certo non cambia molto: i contatti mirati non arrivavano prima e forse non arriveranno ora (per un motivo diverso).
Magari perderò le proposte di guest posting pagato (che comunque quasi sempre respingevo).
Magari la perdita reale non è neanche tanta, ma vedere il blog che crolla su seozoom, search console e ubersuggest, dopo averlo visto risalire a settembre, mi deprime.
Forse il tempo mi darà ragione? Oppure ormai “la seo” è scrivere contenuti con h2 telegrafici, mille grassetti inutili e contenuti spazzatura? Dovrei ripristinare tutte le vecchie versioni dei contenuti?
Un contenuto migliore, per chi è migliore?
Ho pensato tantissimo a questo post di Federico – che ringrazio – e sono giunto a farmi una domanda: chi lo decide che il post così come lo hai modificato adesso è più scorrevole e facile da leggere?
Viviamo nell’era dell’intrattenimento, in cui stiamo via via abbandonando l’idea del web come dominio della consultazione, ma ciò detto, resta elevato il numero di quegli utenti che VOGLIONO leggere un contenuto per iscritto e che ignorano del tutto i video. Me ne accorgo perché il contenuto dei miei video viene pubblicato anche sotto forma di testo, ricevendo spesso più interazioni di quante non ne arrivino appunto sul video. Questo dato in apparente controtendenza mi lascia intendere che esistono molti argomenti per i quali le persone cercano approfondimenti e definizioni per iscritto, compresi i mille grassetti, gli H2 a rotta di collo e tutte le amenità che possono apparire poco scorrevoli.
Il primo a gradire un vocabolario scandito sulle definizioni è proprio Google che più di tutto ama pescare le definizioni dalle pagine web per infilarle negli snippet in evidenza. Se gliele vai a togliere, aumenti drasticamente la probabilità che il tuo risultato in evidenza vada in fumo e con esso anche le statistiche dei vari tools che utilizzi.
Ora, se a Google piacciono le definizioni (anche un po’ ridondanti), non è detto che gli utenti le disprezzino, del resto Google cerca di soddisfare le richieste del maggior numero di utenti possibile. Semmai potrà capitare che il blogger/professionista di turno si troverà ad un livello diverso – forse più alto – rispetto alla maggior parte degli utenti e di conseguenza troverà più comodo un testo meno “telefonato” e ridondante.
Persone come il buon Salvatore Aranzulla invece sanno benissimo che per essere intellegibile per il più vasto numero di persone, puoi dover fare scelte che paradossalmente potrebbero far apparire il tuo testo più confuso e meno immediato. E badate che non sempre le caratteristiche anagrafiche o socio culturali del pubblico a cui ti rivolgi fanno la differenza, perché spesso, il fatto di avere un vuoto conoscitivo e un problema da risolvere, può ridurre le distanze tra un pensionato con la terza media e un laureato trentenne con due master.
Come dire, che di fronte all’ignoto, siamo tutti più simili. E questo forse Google lo sa meglio di tutti noi.