Oggi ho il piacere di presentarti Francesco Antonacci, ecommerce Manager e founder di Socialware, dove coordina progetti di Ecommerce, SEO, Web Marketing e Local Marketing di rilevanza nazionale e internazionale. Docente e consulente per numerose società ed enti di formazione. Autore Hoepli con “Ecommerce Marketing e vendite” e “Local Marketing”.
Ciao Francesco, ti va di raccontarmi i vostri focus attuali rispetto all’e-commerce?
Ad oggi gestiamo circa 20 progetti di Ecommerce di diversa tipologia e settore. Il focus è molto spregiudicato. Mi spiego meglio: il nostro progetto ideale prevede una importante fase di studio e analisi iniziale, dell’azienda cliente (persone, prodotto, logistica, politica commerciale e di vendita, ecc) della categoria merceologia, dei competitor. Raccolti questi elementi procediamo con l’elaborazione di una strategia e prima di iniziare con la fase operativa possono passare anche 30-50 giorni. Il secondo step prevede un’ottimizzazione on-site. Ci dedichiamo alla parte di usabilità del sito e alle ottimizzazioni SEO dei contenuti. Si tratta di una parte strategica poiché da essa scaturisce il reale successo o insuccesso di un progetto.
Dopo aver ottimizzato il sito ci dedichiamo alla sua “promozione” attraverso attività di branding, gestione dei social, l’email marketing e, a seconda del tipo di azienda anche ad azioni di local marketing direttamente in sede. Poi c’è tutta la parte “oscura” della SEO, tra le mie favorite, ovvero la link building. Soprattutto per progetti in fase di Start-up è imprescindibile e ad essa dovrebbe essere dedicato il 60-70% del tempo durante i primi 6 mesi.
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Queste attività di solito sono accompagnate da campagne di advertising su Google (AdWords), su altre piattaforme di remarketing, sui comapratori di prezzo e sui social media.
Un’altra attività che sta prendendo molto piede riguarda Amazon. Noi siamo specializzati nell’attività SEO su Amazon e nella gestione degli account. Oggi Amazon, se gestito bene, può rappresentare una grossa fetta di fatturato per gli Ecommerce.
Lasciatemi spendere poi qualche parola sull’analytics. Per me strumenti come Google Analytics, Search Console, SemRush, Screaming frog sono alla base di tutto. Difficilmente prendiamo iniziative senza avere l’avallo dei dati. Se interpretati bene possono essere il sicuro valore aggiunto in un progetto di Ecommerce.
Prediligete un CMS in particolare o va bene tutto purché funzioni?
Partiamo dal presupposto che non abbiamo un CMS di nostra proprietà. La nostra scelta va verso l’Open source perché molto più performante e anche per correttezza verso i nostri clienti che possono sentirsi liberi di cambiare fornitore in qualsiasi momento. Generalmente lavoriamo con Opencart e Prestashop, due CMS molto versatili e su cui siamo in grado di fare delle customizzazioni davvero notevoli. Tendiamo a evitare quasi sempre WordPress perché è difficilmente gestibile, soprattutto per progetti importanti.
L’errore più bello dal punto di vista professionale?
L’errore più “formativo” è stato quando con un nostro cliente abbiamo avviato un processo di internazionalizzazione dell’Ecommerce. L’abbiamo fatto formando internamente dei laureati in lingue su argomenti di SEO ed Ecommerce. Abbiamo invece capito dopo pochi mesi che un progetto di internazionalizzazione richiede risorse e attività molto dispendiose e che deve essere portato avanti da madrelingua (possibilmente agenzie) già specializzate sul Digital Marketing. Poi c’è la parte logistica e di spedizioni, le politiche di prezzo, il posizionamento sui mercati, insomma credo che la sfida internazionale oggi sia ancora per pochi (non le piccole e medie realtà). Da allora cerco di far desistere tutti i clienti o potenziali clienti che, non consci di tutto ciò, pensano che avere dei bravi traduttori sia sufficiente. Purtroppo c’è poca informazione in materia e questo genera interpretazioni errate. Il rischio è che non sempre i professionisti (freelance o agenzie) hanno avuto esperienze del genere e quindi spesso tendono a sottovalutare la complessità del progetto, facendosene carico e non portando alcun risultato utile alle aziende.
Ti capita di rifiutare un lavoro? E perché?
Oggi, purtroppo, mi sta capitando sempre più spesso di rifiutare lavori perché il nostro target è su aziende medio grandi. Dico purtroppo perché fosse per me lavorerei con tutte le aziende, anche le più piccole, perché molto spesso hanno delle bellissime idee. Però il nostro approccio ai progetti prevede una gestione (o consulenza) continuativa per periodi minimi di 12 mesi. I budget quindi a volte sono eccessivi per le possibilità dei più piccoli o per chi non ha nel web il proprio core business.
È giusto condividere conoscenze sul proprio mestiere? Qual è il modo migliore?
Trovo non soltanto che sia giusto ma anche doveroso. Io lo faccio attraverso la scrittura di libri. Ho la fortuna di essere appoggiato da una delle più belle case editrici italiane, Hoepli. Per loro ho già scritto due libri, il primo sull’ecommerce https://www.amazon.it/commerce-Marketing-vendite-Strumenti-strategie/dp/8820370735 e il secondo sul Local marketing https://www.amazon.it/marketing-Strategie-promuovere-vendere-territorio/dp/8820377551 un argomento di incredibile interesse e utilità per realtà commerciali locali.
Poi faccio tanta formazione in giro per l’Italia, all’interno di aziende o in percorsi formativi specializzanti (master e corsi).
Prova a dissuadermi dall’aprire un sito e commerce
Beh, lo faccio ogni giorno. In questi anni ho perso tanti potenziali clienti proprio perché se ritengo che un progetto non abbia i margini minimi per poter lavorare online è preferibile non avventurarsi.
Per prima cosa va valutato il settore merceologico. Oggi purtroppo per la maggior parte dei prodotti sul mercato la concorrenza è davvero spietata, le grandi multinazionali o i marketplace come Amazon, Zalando e Booking hanno praticamente monopolizzato qualsiasi mercato.
Poi c’è l’aspetto marginalità. Per i rivenditori è diventato davvero difficile e a meno che non abbiamo degli importanti accordi con i produttori le marginalità sono molto ridotte e quindi per costruire un progetto di successo è necessario fare grandi numeri in termini di vendite. Diverso è per un produttore, il quale ha la possibilità di giocare con margini più elevati. Ma i produttori di solito hanno già delle reti di vendita ben strutturate e quindi difficilmente decidono di mettersi in concorrenza con i loro rivenditori.
La logistica e le spedizioni sono un altro nodo oscuro, quasi mai preso in considerazione. Non sono tante le aziende strutturate per gestire un magazzino per online e offline o diversificare i magazzini. Gli accordi con gli spedizionieri poi non sono mai privi di sorprese e i prezzi delle spedizioni rischiano di incidere in modo notevole sul margine e sul prezzo finale dei prodotti.
Infine il rischio insito nell’investimento. Avviare da zero un progetto di Ecommerce oggi richiede almeno 18-24 mesi di sacrifici (investimenti) che nessun consulente al mondo potrà assicurare si trasformino in un ROI positivo. Serve pazienza, azioni e strategie giuste e tanta tanta determinazione.