Quello dei rapporti interpersonali tra chi lavora sul web è un tema sotterraneo, misterioso e a tratti esilarante, ma estremamente utile a comprendere le dinamiche pulsanti sotto quintali di cose mostrate online e tonnellate di altre cose che invece non vengono dette, mai. Meno male che al computer si chiama “soft”ware, altrimenti il peso di certe storie ci schiaccerebbe.
Qualche giorno fa ho trascorso un’ora piacevolissima a parlare con il mio amico Sante (indovina chi) di politica e di soft skills. Sante è un collega, potrei dire un “concorrente” se avesse senso parlare di concorrenza in un mercato tanto vasto quanto quello della SEO. Quest’idea che la competizione non ha senso, vale per Sante e per me, mentre noto che per chi ha deciso di ampliare la propria platea e conquistare il mondo, siamo in piena guerra fredda.
A me piacerebbe avere un rapporto aperto e cordiale con tutti i colleghi di alto profilo in Italia, e in effetti ce l’ho, tranne con quelli che vendono eventi e software SEO alle masse. Non so perché, ma ho la forte sensazione (in effetti lo so per certo), che queste persone non si parlano tra loro per rivalità, sgarri storici o anche solo per idee preconcette. Peccato… ma poi soprattutto, che c’entro io?
Rapporti finti
Lo dico con dispiacere, il fatto di amministrare la community del Fatti di SEO mi “aggrava” di un’autorevolezza che spesso fa gola a chi organizza eventi. A volte vengo chiamato perché interessano le cose che dico, altre mi si cerca solo per l’idea che io possa muovere persone e soldi. La visibilità del gruppo mi ha prodotto almeno due conseguenze negative, la prima è che alcuni top player non mi rivolgono la parola perché hanno paura che io decida di intaccare il loro business, la seconda è che altri me la rivolgono, ma solo perché li aiuti a vendere le loro cose.
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In questo marasma di silenzi, convenevoli e pubblicità satinate, i rapporti (quando ci sono) sono finti, interessati, spiacevoli. Finché si tratta di conferenze secche richieste da aziende che vogliono promuoversi o formare il personale va bene, anzi benissimo, ma quando i colleghi di cui ho stima mi contattano solo per motivi legati al loro business, altrimenti non si fanno sentire per niente al mondo, mi dispiace moltissimo, perché dovrebbe esserci più confronto. In questo senso la SEO in Italia funziona per “parrocchie” all’interno delle quali si discute solo degli interessi della singola entità, del singolo gruppo, senza lasciar uscire fuori niente.
Mea culpa?
A questo punto dovrei fare “mea culpa”, perché il più delle volte da parte mia non tendo la mano. Dovrei essere io a chiamare i colleghi e cercare il confronto, ma ti confesso che non mi viene proprio voglia di chiamare chi mi tiene bloccato su facebook perché infastidito dai miei post, oppure chi ha deciso di bandirmi dal suo evento costosissimo perché ho avuto l’ardire di chiedere un gettone di presenza, oppure perché non sono abbastanza “addicted” al dogma parrocchiale di turno.
Poi ci pensi sopra un momento e comprendi che tutto sommato è arrivata l’ora di comprare “The subtle art of not giving a f*ck” di Mark Manson (me l’ha consigliato Sante) e vivere più tranquillo.
E poi ci sono gli $tR@NZ! veri
(non scriverò parolacce su questo blog) Ci sono proprio colleghi “forti” che non sanno fare altro che scivolare su errori di comunicazione clamorosi. Con queste persone il confronto non può esserci, perché “io sono io e tu non sei nessuno“.
Cresciuti all’ombra di qualcuno veramente importante, maturano nel corso degli anni una discreta autorevolezza, che non mancano mai di farti pesare. Ti chiedo scusa se in questo caso non faccio nomi, ma in fondo non servirebbero, perché in qualunque ambiente di lavoro esistono persone così. Le riconosci e le perdoni di esistere perché alla fine capisci che hanno solo tanta paura di non essere presi in considerazione. Talvolta questa paura li porta a vivere male la loro professione, fino a provocare reali problemi economici. Non sto descrivendo una persona in particolare, ma una mentalità perdente.
Infine gli appassionati
Se guardi un momento fuori dagli album delle figurine parrocchiali, troverai un’enorme schiera di professionisti realmente appassionati a quello che fanno e non solo desiderosi di affermare il proprio business. Se il web ha corrotto alcuni di noi, portandoli a chiudersi dentro cerchie più o meno ristrette, rimangono tanti professionisti eccezionali che (per fortuna) non vogliono per forza venderti qualcosa. Uno di questi è il mitico Emanuele Tolomei, pezzo da 90 della SEO italiana, sempre disponibile a regalare il suo tempo per confronti costruttivi. Un altro è Robin Good, col quale facciamo lunghissime chiacchierate su argomenti che non c’entrano col web eppure sono fondamentali (parlando di soft skills). Potrei menzionare ancora Persone come Riccardo Esposito, Benedetto Motisi, Dario Ciracì, Simone Righini e tanti altri.
Se hai voglia di crescere apri un sito web e cerca di posizionarlo, se vuoi fare prima frequenta le community, se vuoi fare ancora prima, cerca il confronto diretto con chi fa questo mestiere.
Diretto vuol dire che devi alzare il telefono e chiamare.
Magari prima scrivigli un’email…
🙂