Esistono due estremi pericolosissimi nella vita di un imprenditore, uno riguarda il voler essere presente a tutti i livelli e su tutte le questioni legate al proprio business, l’altro concerne chi al contrario si disinteressa completamente di come funziona la propria impresa, “se no che pago a fare i collaboratori?”.
Tutti noi tendiamo nell’una o nell’altra direzione, ma entrambe le visioni del modo di gestire la tua impresa, se portate all’estremo rappresentano un problema molto serio, sul quale vale la pena dire due cose.
L’accentratore del potere
Come direbbe un vecchio amico, “non si mangia mai un’emozione”. Sorride spesso, per carità, ma dentro c’ha l’urlo di Munch. Nei casi migliori vive confuso e felice (più confuso), nei peggiori è semplicemente un pessimo capo, odiato da dipendenti, fornitori, collaboratori esterni… e clienti.
La verità è che spesso per la quantità di competenze ultra specifiche che si vanno sviluppando, nemmeno un freelance può permettersi di essere accentratore, figuriamoci un “capitano” d’azienda, il cui ruolo dovrebbe essere guidare e supervisionare, ma solo fino a un certo punto.
Un capo accentratore che per forza di cose sarà ignorante su tante questioni tecniche, può condurre la propria azienda allo stallo sulle decisioni strategiche, e cosa ancora più grave, può facilitare lo sviluppo di una cultura aziendale basata su immobilismo e scetticismo. L’accentratore infatti tende a sviluppare forme paranoiche non patologiche (a meno di casi veramente estremi) che lo portano a diffidare di chiunque gli suggerisca una soluzione tecnica basata su competenze consolidate e che all’imprenditore mancano.
Di contro, il capo accentratore tende a proporre soluzioni tecniche attingendo alle proprie intuizioni, quindi al di là di qualunque esperienza nel merito. Come risultato, a volte va bene, a volte no.
L’imprenditore di passaggio
All’estremo opposto di questo continuum, puoi trovare l’imprenditore “che paga” e quindi non vuole sapere niente, come se l’obiettivo di un’impresa fosse far crescere le erbacce nell’orto.
I fili d’erba spuntano da soli, se però vuoi mangiare pomodori e melanzane, nell’orto di devi lavorare o quantomeno verificare che altri ci lavorino (bene) al posto tuo.
Il paragone con l’incuria dell’orto calza per imprenditori che al contrario di quelli menzionati prima stanno troppo seduti senza interessarsi più di tanto a quel che gravita intorno al proprio business. Non è che non facciano nulla, anzi, molto spesso lavorano dalla mattina alla sera come se fossero gli ultimi degli schiavi, solo che spesso si concentrano troppo in una sola direzione, perdendo di vista il fatto che spesso la funzione dell’amministratore coincide con quella del manager, colui cioè che ha un ruolo importante di supervisione. Se in un’azienda manca un buon manager, “je tutto sbagliato, tutto da rifare!”.
Management e supervisione
Sono queste le doti di un buon capo. Se hai un’impresa e vuoi portarla al successo devi avere doti da manager, non da operatore. Un manager prende decisioni interfacciandosi con referenti e collaboratori a tutti i livelli, ma senza entrare per forza nel dettaglio di cose che per forza di cose non può e non deve capire. Un buon capo è un supervisore attento, con conoscenze generiche su tutti gli aspetti che riguardano il proprio business. Deve saperne quanto basta per valutare scelte e guidare la “macchina”. Non ha paura di chiedere consigli a chi ne sa di più, non teme il confronto, lo cerca. Un buon capo conosce la virtù della moderazione e riconosce gli errori, come conosce il valore di porgere le proprie scuse.
Quali che siano le dimensioni della tua impresa, sei più accentratore o lasci fare?