Un testimonial è un personaggio famoso che decide di adottare i prodotti di un certo brand per le attività di cui si occupa. Per usare un’altra parola inglese, il testimonial è simile a un endorser del brand. Un endorser è una persona che utilizza dichiaratamente strumenti, attrezzi o altro fornitigli in via privilegiata dal fabbricante, sostanzialmente per scopi pubblicitari, attraverso un accordo chiamato endorsement.
Una differenza tra testimonial ed endorser è che il primo può anche essere un attore di soap opera che fa la pubblicità di uno shampo, mentre l’endorser è sempre un professionista che sposa un brand per svolgere “meglio” il proprio lavoro. Per capirci, Dave Weckl che suona batterie Yamaha da circa 40 anni, quegli strumenti li fa vendere eccome. L’endorser funziona, il testimonial ha generalmente stancato.
Il marketing a costo zero di Apple
Ora, non faintendiamoci, Apple ha speso e spende una fortuna in marketing, ma la mossa davvero geniale è stata adottare i testimonial più influenti della storia… senza pagarli.
Il celebre spot Think different, che nella versione italiana ha (non a caso) la voce di Dario Fo, è considerato una pietra miliare della comunicazione pubblicitaria. In quei 60 secondi, non ti mostrano nemmeno un computer, non parlano di ram o di megahertz, ma celebrano l’anticonformismo di chi è abbastanza “folle” da cambiare il mondo. Albert Einstein, Bob Dylan, Martin Luther King, John Lennon, sono solo alcuni dei volti che si vedono nello spot. Ora, questi personaggi di certo non esprimono preferenze sui computer, ma se lo facessero, sarebbero senz’altro per il Mac. Per come è fatto lo spot, alla fine ci credi.
Il senso è che i valori di Apple si ispirano all’anticonformismo. Apple non segue le regole, ne scrive di nuove. Hanno sempre fatto questo, a costo di prendersi critiche aspre. Il futuro non si aspetta, si scrive.
E come fai a non restare affascinato da una roba del genere? Apple ti accompagna in un mondo di valori in cui sei protagonista di un futuro che non è ancora stato scritto, un mondo in cui DEVI dire la tua… e quali strumenti userai per farlo? Beh, ovviamente quelli che avrebbero usato Maria Callas e Muhammad Alì, non certo un PC che per altro va sempre in crash. Ma scherziamo?
Il testimonial inconsapevole
Ora, al di là delle guerre di religione che (spero) questo articolo innescherà e che mi divertono sempre moltissimo, il senso di questo post è che se riesci a creare il contesto valoriale giusto, puoi trasformare in un testimonial perfino Alessandro Magno. E indovina un po’, non dovrai pagargli la marchetta! 🙂
Non è dunque il marketing del testimonial, ma quello dell’ispirazione. Apple si ispira ad Einstein, perché ne condivide la visione anticonformista e allo stesso modo tu, la tua azienda, il software che produci, la roba che vendi può beneficiare della stessa spinta immaginifica, accostandosi ai valori espressi da uno o più soggetti storici o contemporanei.
Dal testimonial alla community
Fin qui tutto facile, salvo che il testimonial da solo non funziona. No, nemmeno Bob Dylan. I valori di un brand non possono essere sparsi al vento, ma vanno veicolati attraverso una community. E no, una community non è un gruppo su Linkedin o su Facebook, ma è l’insieme delle persone che condividono un interesse e un valore. I valori e la community crescono insieme, e semmai un gruppo facebook può essere di supporto allo sviluppo di una community. Puoi usarlo per condividere i tuoi contenuti, che però devono avere l’impronta valoriale della community, tradurne il significato. Questo nel tempo.
Ed è in quel contesto che puoi accostare il tuo brand alla figura di un personaggio che avrebbe sicuramente usato i tuoi prodotti. Se ad esempio vendi porte blindate, puoi mostrare come la tua community sia vicina al personaggio di Leonardo Da Vinci, che con la sua genialità ha disegnato il futuro.
Ora immagina che un’azienda produttrice appunto di porte blindate, metta in piedi un gruppo facebook ispirato al genio di Leonardo Da Vinci, postando approfondimenti e interviste sul personaggio avvicinando il genio non già ai prodotti (le porte), ma ai valori del brand e alla filosofia costruttiva. Gli utenti devono percepire che chi progetta le porte, lo fa a partire da una certa mentalità, quindi non parliamo semplicemente di porte robuste, inviolabili e sicure, ma di porte come le avrebbe concepite Leonardo oggi per proteggere la Gioconda.
Quanto sarebbe più emozionante lavorare alla comunicazione in questo modo?