Dal 2004 Giada Cipolletta conduce una creativa vita lavorativa tra marketing, contenuti e formazione. È ambasciatrice del karma marketing (quello che dai, ricevi), chioccia di ContentHub, podcaster e autrice del libro: “Customer Experience: fai marketing di valore nell’era della esperienza“. Proprio in merito al suo libro ho avuto il piacere di farle qualche domanda di inquadramento sulla customer satisfaction, tanto per capirci qualcosa.
Ciao Giada ci racconti i tuoi attuali focus lavorativi?
Scrivo
Scrivo per testate giornalistiche, aziende nostrane e brand internazionali che vogliono comunicare nel mercato italiano.
Creo
Progetto esperienze e strategie per coinvolgere e rendere felici i miei clienti, i loro utenti e anche la sottoscritta. Amo la contaminazione e lavoro moltissimo su stile e usabilità.
Imparo
Sono formatrice per associazioni di categoria ed enti pubblici.
Ogni giorno i miei allievi sono i miei migliori maestri.
Parlo
Conduco un podcast (Buzzword) e interagisco con i curiosi del marketing digitale in occasione di eventi in giro per l’Italia.
Esiste una differenza tra customer experience e satisfaction?
La misurazione della soddisfazione del cliente è una parte dell’esperienza. L’esperienza include il processo, il percorso, il come viene vissuta e percepita la relazione. Diciamo che se l’experience è positiva, maggiore sarà la satisfaction del nostro customer.
Chi dovrebbe studiare la customer experience e perché?
La customer experience è una filosofia di approccio al rapporto con il cliente che fa bene a tutti. Più che studiarla, andrebbe praticata. La sola teoria, serve a poco. L’esperienza si costruisce sul campo, attraverso le azioni, giorno dopo giorno. È un processo che richiede tempo, ricerca e tanto ascolto. Credo che lavorare per rendere felice l’altro, aiuti a rendere migliori e più felici noi stessi. In fondo, ingrediente e risultato della customer experience è il sorriso, il nostro e quello del nostro cliente.
Quali sono gli errori più frequenti rispetto al comportamento verso i clienti?
• Credere che i clienti siano altro da noi.
Anche noi siamo clienti. A chi piace l’idea di essere un “oggetto” da manipolare, persuadere o ingannare? Prima o poi questo modo di fare torna indietro come un boomerang a chi lo applica.
• Mancanza di naturalezza.
Siamo stanchi delle fake news create da fake people. Abbiamo bisogno di umanità, calore e trasparenza.
• Piedistalli.
Da che pulpito ci permettiamo di predicare? Dovremmo scendere dal gradino più alto, allentare il nodo della cravatta e iniziare a parlare con le persone e non alle persone. Dovremmo, maieuticamente, mettere a proprio agio l’altro e aiutarlo a raccontarci quello di cui ha bisogno. Gli UGC nascono molto prima del web: bisogna solo avere la pazienza di sospendere il giudizio e accogliere l’altro.
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• Saccenza.
Il professor Keating ne L’attimo Fuggente affermava: “una volta che hai imparato qualcosa, inizia a guardarla da altri punti di vista”.
Non esiste un punto di osservazione, ne esistono moltissimi e dipendono tutti dagli occhi con cui guardiamo. Pensiamoci: quando il nostro umore cambia, in solo una manciata di secondi, cambia anche il nostro atteggiamento e il feeling (sensazioni e sentimenti) verso quello che ci circonda. Non bisogna mai smettere di curiosare, imparare e sperimentare.
• Imitazione.
Siamo tutti uguali e tutti diversi. Ognuno di noi è unico e deve riuscire a mettere in luce quello che offre, valorizzando se stesso e offrendo valore agli altri. Copiare e incollare le strategie altrui – anche di quelli che vendono la stessa cosa che offriamo noi – non migliorerà di default le nostre finanze o l’esperienza dei nostri utenti.
Quali sono le figure interessate a livello tecnico nello sviluppo dell’esperienza d’acquisto?
Se parliamo di e-commerce, tanto per fare un esempio, saranno coinvolti tutti, dal comparto comunicazione e marketing a quello IT, sistemisti e sviluppatori di backend inclusi. La velocità di un sito incide sull’esperienza, così come il design dell’interfaccia o la bontà del codice che faciliterà il posizionamento e farà perdere meno tempo all’utente nella ricerca di quello che vuole. Il prodotto finale, anche a livello strettamente tecnologico, è – o dovrebbe essere – il risultato del design dell’esperienza del suo utilizzatore finale.
Come miglioreresti la customer experience di un’agenzia di pompe funebri sul web?
Questa domanda mi fa morire ☺
Partirei dal capire se devo comunicare ai parenti dell’illustre estinto o a chi sta programmando il suo viaggio per il futuro prossimo. Cambia il punto di vista.
Sicuramente valuterei le tipologie di esperienze “post vitam” che si possono ricercare: cremazione (con scelta dell’urna da personalizzare e una serie di cose che evito di dirti sennò Taffo ci fa business ☺), funerale low cost, funerale in pompa magna, funerale per credo religioso, descriverei caratteristiche, tipologia di utente adatto per quel tipo di funerale, scelta dell’outfit, dei fiori, dei materiali, indicazioni per le procedure burocratiche, etc… ovviamente, tutto in linea con la personalità dell’agenzia. Ah, e la comunicazione digitale sarà coordinata con quella offline, per non disorientare l’utente e fare il funerale all’esperienza che gli stiamo facendo vivere (prima che muoia).
Ci lasci qualche titolo da leggere in merito alla tua materia?
Te ne lascio 3, piuttosto pratici:
• Clienti al centro. Reinventare il business nell’era della customer experience
• Mapping Experiences: A Complete Guide to Creating Value through Journeys, Blueprints, and Diagrams
• What Customers Crave: How to Create Relevant and Memorable Experiences at Every Touchpoint