Influencer marketing: tra diritto e pratiche

Beatrice Lomaglio e Davide Biondini hanno scritto “Influencer marketing: tra diritto e pratiche”, un libro edito da Giuffrè nel 2023. Di seguito le risposte alle domande poste loro sul tema legale collegato al mondo dell’infuencer Marketing.

Ciao Beatrice, ciao Davide, ci raccontate i vostri attuali focus lavorativi?

(Beatrice)

Il mio focus in questo momento si è spostato in particolar modo sulla formazione. Credo che la crescente complessità del contesto in cui ci troviamo e le ombre che caratterizzano l’ecosistema digitale – a partire da fake news, haters, truffe, solo per fare alcuni esempi – rendano necessario e urgente investire su un’alfabetizzazione digitale che renda i cittadini più consapevoli dei vantaggi e dei rischi connessi all’uso di strumenti come i social network e le piattaforme web. Le digital skills sono oggi indispensabili non solo per il lavoro, ma per poter esercitare il diritto alla cittadinanza. Conoscere che cosa sia la propria identità digitale, di che cosa si intenda con digital footprint, delle modalità di funzionamento degli algoritmi, delle tecniche alla base della viralità dei contenuti, è fondamentale per poter abitare consapevolmente il mondo digitale.

(Davide)

Mi occupo di diritto del web (influencer marketing, contrattualistica con i provider, responsabilità extracontrattuale per illeciti commessi nel web) diritto delle nuove tecnologie (IA, Smart contract), data protection (compliance attività digitali) e cybercrime (diffamazioni online, accessi abusivi, furto d’identità, truffe informatiche, revenge porn, etc)

Rispetto all’influencer marketing affianco creator, brand e agenzie sia nella strutturazione contrattuale (endorsement, co-marketing, licenze, agenzia) sia, soprattutto, nella gestione delle crisi legali legate all’utilizzo delle piattaforme digitali. Attività che oggi rappresenta il mio core business.

Infatti, nel contesto della creazione dei contenuti digitali oggi non si parla più solo di sponsorizzazioni ma sempre più spesso di monetizzazione diretta con i social network, che diventano essi stessi committenti dei contenuti e partner contrattuali dei creator. In questo scenario, una delle attività più delicate che svolgo riguarda proprio la gestione della fase patologica dei rapporti con le piattaforme: disabilitazione, blocco o limitazione di account, spesso senza preavviso né possibilità di interlocuzione reale.

Tali provvedimenti, oltre a sollevare dubbi in termini di diritti fondamentali e concorrenza sleale compromettono gravemente la continuità lavorativa di professionisti che vivono – letteralmente – della visibilità costruita sui loro profili.

Per questo, nel mio lavoro combino competenze di diritto contrattuale, proprietà intellettuale, tutela dati personali e libertà digitali, in una logica di compliance preventiva ma anche di tutela reattiva, quando i rapporti degenerano o gli algoritmi “falliscono”.

Come avete strutturato “Influencer marketing: tra diritto e pratiche” e a chi si rivolge?

(Beatrice)

Il libro, che è stato pubblicato da Giuffrè Lefebvre, si rivolge a influencer, professionisti del marketing, agenzie di comunicazione, avvocati e professionisti legali. L’intento è stato quello di offrire una panoramica generale della figura dell’influencer e delle principali tematiche relative all’influencer marketing con uno sguardo anche a possibili sviluppi legati ad esempio all’utilizzo di influencer virtuali, per poi approfondire i temi giuridici legati alla professione di influencer, anche partendo da quanto emerso in una serie di interviste fatte ad alcuni protagonisti del settore.

Qual è, secondo voi, la principale sfida giuridica che un professionista deve affrontare oggi nella tutela di un creator o di un brand nell’ambito dell’influencer marketing?

(Davide)

Come accennato, l’influencer marketing si è evoluto ben oltre il classico rapporto creator–brand–agenzia, che comunque continua a rappresentare una parte fondamentale nell’attività consulenziale e nella contrattualizzazione. Decisamente meno nella fase patologica. 

Oggi la vera complessità risiede nel nuovo ruolo assunto dalle piattaforme social, che monetizzano direttamente i contenuti degli influencer, diventando parte attiva nella filiera commerciale, senza agire sempre con la trasparenza di un partner contrattuale. Spesso i contenuti non sono neanche esplicitamente brandizzati: la monetizzazione avviene in modo indiretto, tramite visualizzazioni, engagement e utilizzo dei dati da parte della piattaforma. Questo ha spostato la sfida giuridica su un piano ulteriore: comprendere come le scelte algoritmiche si traducano in effetti contrattuali concreti.

La regolazione passa attraverso software che decidono in modo automatizzato la visibilità, la monetizzabilità o addirittura la legittimità di un contenuto, ma senza valutazioni giuridiche reali. Capire quali diritti sono effettivamente riconosciuti o violati (proprietà intellettuale, privacy, diritto al lavoro) significa, quindi, non solo interpretare il diritto “tradizionale” ma comprendere come “disapplicare”, attraverso un contraddittorio legale con le piattaforme, le norme codificate dentro l’algoritmo. 

Ovviamente, intraprendere azioni legali, soprattutto giudiziali, contro le piattaforme comporta difficoltà significative, spesso legate a questioni di diritto internazionale privato e processuale. In particolare, la competenza giurisdizionale è spesso vincolata da contratti che contengono elementi di estraneità (sede legale estera, stipulazioni do contratti online), costringendo i professionisti, nei rapporti giuridici, a difendersi davanti ad autorità giudiziarie straniere, con un impatto rilevante anche in termini economici.

Un caso emblematico che ho affrontato recentemente riguarda le recenti disabilitazioni di account su TikTok, scaturite da segnalazioni di competitor sleali che hanno sfruttato strumentalmente le nuove regole contrattuali della piattaforma, in particolare quelle sul divieto di pubblicazione di dati personali. Queste segnalazioni hanno preso di mira profili che in realtà condividevano dati aziendali legittimamente accessibili, come indirizzi e numeri di telefono di attività commerciali. L’algoritmo, tuttavia, non è in grado di distinguere tra dato personale e dato d’impresa, e ha agito automaticamente, disabilitando account professionali che dipendevano da quella presenza online per lavorare. Ne ho parlato più approfonditamente in questo articolo: Come recuperare un account social disabilitato

In questo scenario, il ruolo del giurista è sempre più quello di mediatore tra diritto e tecnologia, chiamato a leggere tra le righe del software per garantire tutela sostanziale e continuità professionale a chi opera nel digitale.

Qual è il ruolo concreto che i social network dovrebbero assumere in termini di responsabilità per contenuti problematici o lesivi pubblicati dagli influencer?

(Davide)
Oggi i social network non possono più essere considerati meri contenitori passivi di contenuti. Il loro coinvolgimento nella monetizzazione, promozione e diffusione dei contenuti pubblicitari — spesso gestiti direttamente attraverso programmi di partnership con influencer e creator — li rende attori centrali nella catena economica e comunicativa. E questo comporta, inevitabilmente, una corresponsabilità giuridica.

Negli ultimi anni, il quadro normativo europeo ha cercato di colmare le lacune esistenti: il Digital Services Act (DSA) e il Digital Markets Act (DMA) hanno introdotto obblighi più stringenti in tema di trasparenza algoritmica, tracciabilità dei contenuti commerciali e interventi tempestivi su contenuti illeciti, andando a integrare quanto già previsto dal D.lgs. 70/2003 sul commercio elettronico.Tuttavia, l’accertamento effettivo della responsabilità delle piattaforme resta una sfida concreta e irrisolta.
Le autorità — sia dal punto di vista amministrativo che penale — faticano a intervenire per due motivi principali: 

1. L’inefficienza sistemica, legata alla scarsità di risorse e competenze tecniche, che rende difficile processare il numero elevatissimo di segnalazioni e violazioni;

2. La difficoltà nel riconoscere il disvalore giuridico e sociale di determinati contenuti, soprattutto quando mascherati da libera espressione o quando veicolati con tecniche opache come l’influencer marketing.

Il risultato è un vuoto di tutela effettiva, in cui tutti gli attori della rete (utenti, creator, brand) subiscono decisioni unilaterali della piattaforma, basate su logiche puramente commerciali, senza garanzie di contraddittorio e senza un reale controllo giurisdizionale. In questo scenario, è fondamentale costruire una nuova cultura giuridica della responsabilità digitale, in cui i provider siano considerati co-protagonisti nella regolamentazione e nella prevenzione degli illeciti — e non semplici “mezzi” di diffusione. Tuttavia, sembra che in alcuni contesti – dove, per esempio, si è già rinunciato al fact-checking – si stia cercando di imporre una visione tecnocratica che finisce per rafforzare la logica del profitto, a discapito del diritto a un’informazione corretta. È più semplice creare polarizzazioni e alimentare il malcontento che riconoscere come il bilanciamento tra i diritti in gioco richieda sempre un processo di mediazione consapevole.

L’avvento dell’intelligenza artificiale e dei virtual influencer apre nuovi scenari: quali sono, a vostro avviso, le implicazioni giuridiche più urgenti da regolamentare in questo ambito?

(Davide)
L’intelligenza artificiale non è una prospettiva futura: è già una realtà pienamente operativa nell’influencer marketing. Le piattaforme la utilizzano per selezionare, suggerire e premiare i contenuti, per monitorare il comportamento degli utenti, e per definire chi merita visibilità e chi no. I brand, dal canto loro, si affidano sempre più ad algoritmi predittivi per individuare i creator più adatti alle proprie campagne. Anche i creator stessi iniziano a usare strumenti di IA generativa per produrre contenuti, scrivere caption o analizzare le performance. Insomma, l’intelligenza artificiale ha già trasformato la filiera dell’influencer marketing — dalla creazione alla distribuzione, fino alla monetizzazione.

In questo contesto, il quadro normativo europeo ha cercato di dare una prima risposta con l’AI Act, ma si tratta di uno strumento che fatica ancora a essere compreso e adottato, anche da parte degli operatori del settore. Molte delle disposizioni non sono ancora “efficaci” (l’adozione di alcune prescrizioni avverrà progressivamente nei mesi e negli anni) e quelle che lo sono restano spesso inapplicate per mancanza di consapevolezza e formazione, a partire da quanto previsto dall’articolo 4 sull’alfabetizzazione digitale, che avrebbe dovuto rappresentare un punto di svolta ma che ancora resta lettera morta.

Il nuovo disegno di legge italiano sull’intelligenza artificiale si sta muovendo in modo concreto, regolando aspetti finora lasciati in una zona d’ombra, in particolare sul fronte del diritto d’autore legati ai contenuti generati o rielaborati dall’IA. Un tema particolarmente delicato in un settore come l’influencer marketing, dove i contenuti originali sono il cuore dell’attività economica, ma dove diventa sempre più difficile stabilire chi sia il vero autore e quali diritti possano essere effettivamente ceduti o tutelati.

È evidente che l’IA non è solo uno strumento tecnico, ma un soggetto giuridico trasversale che impone una revisione profonda delle regole del gioco. Le implicazioni non riguardano solo la proprietà intellettuale, ma toccano la trasparenza nei processi decisionali, il diritto alla visibilità, la correttezza delle metriche di performance e persino la tutela dell’identità digitale.

Inoltre, pratiche manipolative, già vietate, potrebbero essere facilmente eluse senza una reale comprensione di come funziona l’IA e dei rischi che essa comporta. Tra questi rischi si annoverano le allucinazioni algoritmiche, i bias sistematici, la distorsione delle informazioni e l’opacità nei processi decisionali, elementi che possono compromettere la qualità e l’equità dei contenuti diffusi. 

Serve quindi un intervento non solo normativo, ma soprattutto culturale per sviluppare una nuova consapevolezza giuridica all’altezza della trasformazione in atto. 

(Beatrice)
Anche quello dei virtual influencer non rappresenta solo un tema futuro, ma una realtà già consolidata, come dimostrano alcuni casi trattati nel libro, tra cui quello di Lil Miquela. Gli/le influencer virtuali oltre a stuzzicare la curiosità degli utenti offrono vantaggi concreti per i brand, in quanto sono programmati per creare engagement ed evitare atteggiamenti che possono essere percepiti come disturbanti dal target di riferimento. Senza contare che per la loro natura sono disponibili 24 ore su 24, viaggiano senza spostarsi e consentono di ridurre notevolmente i costi. Naturalmente dal punto di vista giuridico questi soggetti pongono ulteriori problemi legati alla possibilità di concepire una personalità elettronica portatrice di diritti e doveri. Una frontiera ancora inesplorata, ma resa ancora più significativa dall’uso dell’IA.

Da ultimo, potete lasciarci qualche link per restare aggiornati su questi temi?

(Beatrice)
L’evoluzione del digitale è rapida e spesso imprevedibile. Lo ha dimostrato il caso del pandoro gate che non ha coinvolto solo Chiara Ferragni, ma ha messo in discussione delle pratiche che erano molto diffuse nell’interno settore, come ad esempio quella di mantenere una certa ambiguità tra contenuti frutti di accordi di sponsorizzazioni e contenuti spontanei. Per questo la cosa migliore è essere osservatori attenti di ciò che avviene sui social e sulle piatteforme cercando di cogliere tendenze e orientamenti. Una voce sempre attenta a registrare e analizzare soprattutto i fenomeni più problematici che si incontrano sul web è a mio avviso quella di Selvaggia Lucarelli, che d’altra parte aveva anticipato la mancanza di trasparenza nella comunicazione di Ferragni e di Balocco un anno prima dell’intervento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.

(Davide)

Ecco alcune risorse giuridiche per chi lavora con influencer e brand e piattaforme 

Rispondi all'articolo

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


Il periodo di verifica reCAPTCHA è scaduto. Ricaricare la pagina.