Perché certi medicinali hanno il nome che ricorda un personaggio del Signore degli anelli? Cosa accidenti passa per la testa di chi partorisce nomenclature per prodotti o addirittura per i brand aziendali? Se pensi sia facile, considera che c’è chi studia queste dinamiche da anni. Una di queste persone è Giovanni Sodano, copywriter e SEO attento – tra le altre cose – al rapporto sfumato ma presente tra brand name e posizionamento nei motori di ricerca. Chi meglio di lui può aiutarci a capire il lavoro dietro certe epifanie?
Ciao Giovanni, ci racconti i tuoi attuali focus lavorativi?
Ciao Francesco, mi occupo principalmente di comunicazione e copywriting. Studio SEO e Naming in maniera continua e costante cercando di prevedere le tendenze e anticipare il mercato. Dirigo il reparto marketing di un quotidiano online vesuviano e mi sto affacciando al mondo dell’editoria.
Da quanto tempo ti occupi di Naming e come mai?
Correva l’anno 2009 quando un cliente mi chiese di occuparmi della creazione di quello che oggi è un noto brand nazionale. Cercai di documentarmi ma non riuscii a trovare (online e offline) materiale soddisfacente. Per questo motivo iniziai ad attingere informazioni dal mercato americano e a sviluppare il mio metodo per la ricerca del nome giusto. Nel 2012 tenni il mio primo workshop sul Naming a SMAU Roma che mi rese popolare sul web per questa attività.
Da dove si parte per costruire un Brand Name?
Per creare un buon Brand Name bisogna seguire un procedimento ben preciso. Esistono delle regole e delle tecniche in grado di guidarci nella selezione che possono tornarci molto utili non solo per creare un nome di successo ma anche e soprattutto per “intuire” cosa c’è dietro i nomi di uso comune o quelli dei brand più famosi.
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Il punto di partenza è sicuramente la ricerca e l’analisi del settore di riferimento. Non si può entrare in un mercato pensando di non doversi confrontare con nessuno, per cui bisogna partire proprio dallo studio del nome dei concorrenti e dalla percezione che il target ha di essi. Individuare le caratteristiche dei nostri prodotti e le emozioni che percepiscono i nostri clienti è sicuramente un tassello importante che aumenterà a dismisura il valore del nostro business.
D’altra parte il nome deve posizionare il prodotto ed è il suo biglietto da visita. È l’unica cosa di cui non si può davvero fare a meno.
Giacché ti occupi di SEO, in che rapporto è questa disciplina con il naming?
In realtà queste due attività sono molto legate tra loro e ciò che fa da collante è quella materia che si chiama semantica. Grazie ad essa, infatti possiamo capire quale tipo di terminologia può essere più appropriata per esprimere un concetto limitando al massimo le ripetizioni. Può sembrare scontato ma per scrivere un testo SEO, avere una buona conoscenza delle principali tecniche di naming può aiutare davvero tanto.
Puoi farci qualche esempio di Naming che funziona bene in ambito comunicazione?
Certo. Se dicessi Mulino Bianco cosa ti verrebbe in mente? La famiglia felice, la genuinità, l’utilizzo di prodotti sani e che fanno stare bene. In questo caso gran parte del lavoro è stato fatto dal marketing che negli anni ha saputo portare questo marchio al successo. Cambiamo settore: pensa al Coccolino, il famoso ammorbidente. Il nome di questo prodotto evoca sensazioni positive, fa venire in mente la morbidezza, il profumo, le coccole, il pulito. Di contro potrei citarti il detersivo Terror venduto in Costa Rica che oltre a far scappare lo sporco, mette in fuga anche le massaie. Ci sono poi delle lettere voluttuose che evocano altri tipi di sensazioni. Prendi ad esempio la D di Lindor, non stai immaginando già l’irresistibile scioglievolezza?!
Sai dirmi perché i nomi dei medicinali somigliano ai personaggi del Signore degli anelli?
Bella domanda. In effetti i nomi di alcuni farmaci sembrano accozzaglie di sillabe messe lì a caso, ma in realtà alcune multinazionali sono arrivate a spendere fior di quattrini per creare i nomi giusti coinvolgendo non soltanto esperti di naming ma anche medici, farmacisti, linguisti, avvocati e pubblicitari.
Ti faccio qualche esempio: il Viagra suggerisce vigore e virilità ed evoca il getto e la forza delle cascate del Niagara; il suo diretto concorrente, il Cialis, viene dal francese ciel, perché quando lo usi sei al settimo cielo. Il Prozac (e possiamo vantarci di questo nome tutto italiano) è composto dalle sillabe “pro”, che in latino dà l’idea che io stia facendo qualcosa per te, e “zac” che non vuol dire nulla ma che conferisce l’idea di velocità e di risoluzione immediata di un malessere. In generale, i nomi dei farmaci giocano molto sul beneficio che danno (Benagol) oppure nascono come derivati da radici latine (Vicks) o greche (Kérastase) oppure, in altri casi, si ispirano al principio attivo che li contraddistingue (Acetamol).