La settimana scorsa ho pubblicato un articolo test su Seogarden. L’obiettivo era vedere se Google avrebbe listato quella pagina per una ricerca contenente un termine non presente nel testo o presente, ma scritto nel modo sbagliato. A tale scopo ho realizzato una mini guida su come imparare la scrittura per il web, storpiando volontariamente e per l’intero contenuto il termine “copywriter” in CopryWater. Il test era capire se Google avrebbe mostrato la pagina come risultato per una ricerca contenente appunto il termine corretto, copywriter.
Il test ha funzionato, però è successo un casino!
Il post ha ottenuto centinaia di condivisioni in pochi giorni, sviluppando una viralità che non potevo immaginare e che ha portato personaggi autorevoli come Bruno Ballardini a pensare che io non sapessi come si scrive copywriter.
Per fortuna alla fine il Maestro Ballardini ha capito che si trattava di un test e mi ha perdonato di esistere, ma molti altri hanno continuato a pensare che io non sapessi scrivere correttamente quel termine.
Gratis, solo su facebook
La visibilità sul web è un paradosso. Quando riusciamo a farci conoscere da migliaia di persone, ce ne sono altri milioni che di noi non sanno (né gli interessa) niente. Il paradosso è che più persone ti conoscono, più ti rendi conto che di te nessuno sa nulla. Nessun SEO è conosciuto da TUTTI quelli che si interessano di digital marketing, ed è in questo passaggio che si consuma il paradosso: quelli che mi conoscevano già, hanno condiviso il mio post in prima battuta, ma già al secondo livello tantissimi non sapevano niente di me e vedendo di sfuggita il mio articolo hanno subito pensato male. Alcune di queste persone hanno condiviso il post per schernirmi, come succede sempre e in modo del tutto gratuito su facebook.
Ho due considerazioni da fare:
- Se parliamo di comunicazione, non c’è un solo professionista che sia conosciuto da tutto il pubblico di riferimento del mondo digital.
- Questo social network offre tante opportunità, ma rimane fondamentalmente il ricettacolo dei peggiori istinti umani.
Ora chi ha giudicato frettolosamente il mio articolo, in questo momento non se ne ricorda nemmeno più, e in ogni caso chissenefrega. Se però prendiamo in esame quel che è capitato all’ormai celebre direttrice della filiale di Banca Intesa di Castiglione delle Stiviere, le dimensioni sono (molto) diverse, ma concettualmente è successo qualcosa di simile: i colleghi sapevano che si trattava di un video a uso interno, mentre TUTTI GLI ALTRI NO. Ne è nato uno sfottò di massa ai danni di quella poveretta, che magari (e a ragione) si sarà risentita non poco.
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Se nel mio caso parliamo di qualche centinaio di persone poco attente a cosa leggono, è probabile che il famigerato video “IO CI STO” abbia avuto tra Facebook e Youtube una copertura di qualche milione di persone. Io stesso condivisi il video, per poi rimuoverlo appena saputo come stavano le cose. Ma quando Andy Warhol profetizzò che ognuno di noi sarebbe stato famoso per 15 minuti, sapeva che alcune persone sarebbero diventate famose in questo modo? È davvero questa la nuova faccia oscura della visibilità?
Come difendersi da tutto cio?
In alcuni casi non puoi fare altro che arrenderti. Hai presente l’immagine tratta dallo spot Dove, in cui si vede la ragazza di colore che diventa bianca? È stato apostrofato come spot razzista da blog e giornali “seri”, solo per far indignare le scimmie ammaestrate (che siamo tutti noi, nessuno escluso). A vedere l’intero spot ci saremmo accorti che Dove comunicava integrazione culturale, quindi l’esatto opposto. Ma per verificare occorrono risorse, quindi Dove ha preferito gettare la spugna e scusarsi pubblicamente per qualcosa che non aveva fatto.
Se lavori sul web, soprattutto in settori legati alla comunicazione, rinunciare ai social network vuol dire gettare via il bambino con l’acqua sporca e per altro se fai un mestiere simile al mio, sai già di essere seduto sopra una polveriera. Non importa quanto fai selezione, non importa quanto stai attento a cosa pubblichi. Il web può letteralmente scoppiarti in faccia. E quindi?
Non si tratta di evitare incidenti di questo tipo, perché non puoi, ma di trascenderli. Ricordi la polemica sul caso Moncler? Dopo quella puntata di Report sembrava che l’azienda avesse i giorni contati, salvo che un mese dopo non se ne ricordava più nessuno… e lì non c’era nulla da fraintendere, il servizio televisivo mostrava chiaramente il modo in cui veniva prodotta la piuma d’oca per le giacche. Potrei fare mille altri esempi.
Le persone odiano con e senza motivo in modo inconsapevole, perché sono stanche, insoddisfatte. E senza motivo dimenticano. Trascendere l’odio degli altri e il nostro, non significa rifuggerlo, ma accettarlo pacificamente, vederlo per quello che è.
Amo moltissimo facebook, perché come la Circumvesuviana di Napoli è uno strumento iniziatico potente.
Volevo fare un test sulla SEO, ma ciò che avevo da imparare, l’ho appreso dalle persone.
Bel articolo Francesco.
Complimenti per tutti i tuoi post 😀
Esempio emblematico è lo spot della Dove… E la Dove si è perfino scusata!!! Non aveva nulla da scusarsi, ma per limitare i danni ha fatto la cosa più opportuna. Effettivamente le persone odiano con e senza motivo. E il social da molte opportunità, tra queste anche quella di odiare più facilmente.