Quello dei podcast è un mondo affascinante che sposta l’attenzione dalla vista all’ascolto, liberando di fatto il fruitore dalla necessità di dedicare tutta la propria attenzione al contenuto.
Un podcast è una risorsa che per sua natura può essere fruita mentre fai altro, quindi è incredibilmente in linea con i tempi “multitasking che viviamo. Ne ho parlato con Giorgio Minguzzi, che da anni studia il fenomeno dei podcast e tiene un canale in prima persona.
Ciao Giorgio, ci racconti i tuoi attuali focus lavorativi?
Senza trovare nomi altisonanti faccio il consulente marketing. Per metà tempo lo faccio nella startup che ho co-fondato. Si chiama Improovo ed è una piattaforma di crowdsourcing per il mondo della formazione. In pratica le aziende inseriscono in piattaforma le loro esigenze formative (corsi di qualunque tipo) e la piattaforma si preoccupa che formatori in quell’ambito le recapitino delle proposte tailor made basate proprio su quelle specifiche esigenze. Quindi non è un catalogo corsi.
Per il restante 50 % offro i miei servizi di consulenza a clienti che vogliono vendere maggiormente sfruttando il digitale. In questo caso però opero in contesti tecnologici (Medicale, Meccanica, ingegneria, software, quasi sempre B2B tranne rarissime eccezioni).
Cos’è un podcast e come approcciarsi alla realizzazione
Un podcast è un file audio ascoltabile on demand. All’origine del nome vi è l’unione di due sostantivi: iPod e Broadcast.
Normalmente questi file vengono ospitati su delle piattaforme di hosting dedicate all’audio. Ne più ne meno dei servizi di hosting per siti web. Per non citare solo l’americana Spreaker/Voxnest (che ha però natali italianissimi) è possibile elencare Anchor, Libsyn, Podbean e tantissime altre.
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Da questi hosting i file vengono distribuiti alle piattaforme di ascolto più disparate. Ne esistono tantissime. La più popolare ad oggi è Apple Podcast. È la più popolare perché Apple ha investito per prima in questo mercato e ancora oggi gode di un forte vantaggio. Vantaggio però sempre più insidiato da altri player. Parlo di Spotify che ha investito molto ma non solo. Ci sono moltissimi altri player del settore, alcuni anche molto interessanti che prevedono tutta una serie di ricompense per i content creator basate su cryptovalute. Insomma, lo scenario tecnologico sta evolvendo anche perché cresce l’interesse della gente.
Per approcciarsi al podcasting le strade sono fondamentalmente due.
La prima, la più semplice è quella di ascoltatore.
Ci sono circa 700.000 podcast là fuori. Ne ho ascoltati di tutti i tipi, da quelli che parlano di business, ai gialli, dai podcast per giardinieri a quello per gli specialisti del settore cimiteriale.
Basta scaricare una delle piattaforme per ascoltare:
Apple podcast, Spotify, Google Podcast, Castro, Overcast, Castbox, Breaker…ve ne sono tantissime. Basta selezionare quella con cui ci si trova meglio, cercare i contenuti che riteniamo interessanti e premere play.
Apparentemente la scelta è ampia, ma in realtà le cose non stanno proprio così. In lingua inglese c’è sicuramente più materiale fra cui scegliere ma non così tanto come il numero può suggerire. Invece, in lingua italiana c’è ancora poco e di qualità medio massa. Questa è senza dubbio una cosa interessante per chi vuole approcciarsi nel secondo modo, come content creator.
Parliamo infatti del secondo approccio, quello dei content creator, quello di colui che un podcast lo vuole produrre.
Qui non devo inventarmi nulla, è tutto molto simile a quello che è avvenuto qualche anno fa su Youtube. Solo che i costi di produzione. Per fare podcast serve solo un microfono, un software di editing audio e una piattaforma di hosting. Nulla che richieda budget cospicui.
Il podcast è uno strumento in più o un’alternativa ad altri canali?
Per me è stata la prima scelta. Ho di fatto solo il podcast e il canale telegram con cui mi rapporto con la mia audience. Non ho altri canali, non li avevo prima e chissà se li avrò in futuro.
Ma non sono un integralista del podcasting. Non nascondo che il podcast è un grande strumento di content repurposing. Youtuber famosi (e meno famosi) pubblicano gli audio dei loro video sul canale podcast facendo anche ottimi risultati in termini di ascolti.
Ovviamente, il massimo vantaggio da questa attività la si ha quando si tiene conto di questo nella creazione del video. Se nel mio video sono attento ad accompagnare con la parola oggi immagine, sostituendo i “come potete vedere” e i vari “vedete da voi” con delle descrizioni, gli ascoltatori noteranno a malapena che gli state proponendo una minestra riscaldata.
Lo stesso si può dire dei contenuti del blog. Conosco tantissime persone che fanno leggere i contenuti del loro blog a qualcuno (persino ad un software di text to speech) e poi pubblicano i loro contenuti in formato audio.
Personalmente faccio il contrario: i miei podcast diventano ottimi blog post che poi portano attraverso i motori di ricerca altra gente ad ascoltare il podcast.
Insomma il podcast è uno strumento, alla strategia il compito di usarlo come meglio può.
Qual è il reale vantaggio nel realizzare podcast?
Se devo sceglierne uno e uno solo penso che il grande vantaggio sia quello di raggiungere delle persone mentre difficilmente possono essere distratte.
Spiego questo concetto con un esempio: se sto guardando un video su youtube a fianco ho mille richiami ad altri video. Tutti richiami basati sui miei gusti personali. Perciò è molto facile che non finisca tutto il contenuto ma che venga invogliato da qualche cover a cliccare altrove.
Anche mentre leggo un blogpost sono distratto facilmente da altro. Sono sempre ad un click da un nuovo contenuto da consumare.
Per il podcast le cose sono un po’ diverse. Mentre corri non ti fermi volentieri per fare tutti i click che servono per cambiare. Mentre guidi e ascolti podcast, certo, puoi spegnere e ascoltare la musica ma è una alternativa, non sono milioni di alternative.
Perciò nel podcasting si hanno utenti che consumano, per la gran parte tutto il contenuto prodotto.
Questo, complice che l’ascolto è una attività singola e personale, riesce a costruire un rapporto molto forte tra chi ha prodotto e creato l’audio e chi lo ascolta.
Riassumendo direi che il grande vantaggio è quello di coltivare il rapporto con la vostra audience in un luogo protetto e con un media capace di favorire la costruzione di un rapporto personale, a volte persino intimo.
Di vantaggi ovviamente ve ne sono anche altri.
Un paio di anni fa mi ero divertito ad elencarli e ne trovai 13:
1. Farsi conoscere da una nuova audience
2. Migliorare e rendere più efficace il proprio public speaking
3. Migliorare la propria credibilità
4. Aumentare l’autorevolezza nel proprio ambito lavorativo
5. Rafforza le relazioni con gli influencer del proprio settore di riferimento
6. Ricevere visibilità da altri canali
7. Aumentare e moltiplicare i contenuti – Content Repurposing
8. Migliorare il posizionamento del proprio sito sui motori di ricerca
9. Migliorare la propria presenza sui social
10. Mettere il turbo alla mailing list
11. Aumento delle vendite dei nostri servizi o prodotti
12. Opportunità con le sponsorship
13. Essere invitato come speaker (a pagamento!)
In quali ambiti di business ha senso il podcasting?
Direi in tutti, nessuno escluso. Semmai quello che cambierà sarà la dimensione dell’audience. Ma perché ancorarsi alle vanity metrics?
Oggi come oggi sembra che il settore più proficuo sia quello del “digital” ma credo che sia dovuto al fatto che statisticamente i professionisti del digitale è facile che abbiano già tutte le competenze che servono per produrre un podcast.
Ma fermiamoci un attimo a ragionare:Esiste un ambito in cui non si esprime un’intenzione di acquisto senza usare mai una ricerca su internet? Esiste un ambito in cui il fattore determinante del successo non sia la creazione di una comunità attiva di clienti contenti (superfans)?
Poi da quando ho visto l’Agenzia delle Entrate lanciare il suo podcast…ho davvero pensato che ci potesse essere spazio per tutti.
Come pensi che potrà evolvere questo strumento?
In Italia il mercato evolverà con l’arrivo di altri ascoltatori e di nuovi podcaster.
Noi siamo così indietro che c’è ancora tantissimo spazio per dei nuovi podcast. Oggi il realtà l’utente italiano ha poca scelta. Certo può sembrare facile fare un podcast, basta parlare nel microfono. E da un certo punto di vista lo è. Ma poi la gente ti ascolta. E se fai un prodotto che non interessa a nessuno, nessuno lo ascolterà. Perciò oggi c’è ancora tantissimo spazio in Italia.
Con l’arrivo dell’ascolto di massa arriveranno anche le ingenti spese pubblicitarie che vediamo negli altri stati.
Ma l’evoluzione che aspetto maggiormente è quella tecnologica. Oggi vorrei che le app con cui i miei fan ascoltano il podcast mi permettessero di interagire con la mia community di utenti. Oggi sono costretto a spostarli su telegram o sulla mailing list. Vorrei invece che le persone potessero commentare con più facilità. vorrei poter interagire maggiormente con gli ascoltatori e costruire ancora di più un rapporto con loro solido e proficui per tutti.
Tranne pochissimi esperimenti su questo punto siamo molto indietro anche in USA.