Fabrizio Cotza si occupa di formazione aziendale finalizzata al miglioramento delle performance collettive all’interno di organizzazioni e individuali rispetto ai singoli professionisti. È fondatore di All Winners e presidente del Winner Group, nonché autore dei libri “Per fortuna c’è la crisi!” e del “Libro Salvavita”, che ad oggi hanno venduto oltre 12.000 copie. Ho avuto il piacere di chiedergli un paio di cose sul tema del “successo” in azienda.
Se un seo si occupa di ottimizzare un sito web per i motori di ricerca, tu di cosa ti occupi precisamente per gli imprenditori che ti contattano?
Sono un BusinessMan Angel: salvo la vita e l’azienda degli imprenditori in difficoltà 😉
Ovvero aiuto chi gestisce l’azienda a fare i passi necessari per renderla competitiva e sana. Il mio lavoro finisce nel momento in cui tutti i risultati concordati all’inizio del rapporto vengono completamente raggiunti.
In questo post spieghi la missione di Formazione Sovversiva, puoi spiegarci quali sono invece gli obiettivi concreti che si propone?
Gli obiettivi si dividono in due step: il primo passo è quello di dare una vera identità all’azienda, ovvero di esaltarne i punti di forza per renderla competitiva. Molto spesso le risorse (sia tangibili che intangibili) vengono disperse in sprechi, disorganizzazione, mancanza di focalizzazione. Questo fa sì che le persone corrano come criceti nella ruota, senza che ci sia una strategia definita che indichi dove andare, come andarci e perché.
Non a caso il secondo step consiste nell’abbandonare il vecchio approccio basato solo sul “duro lavoro”, in cui le ore trascorse in azienda determinavano automaticamente il grado di successo. Passando dalla quantità alla qualità, i collaboratori diventano più efficienti e l’imprenditore può fare scelte più lucide. Questo permette a tutti di crescere, poiché finalmente si ha il tempo per pensare, creare, pianificare e organizzare.
Quindi secondo te è possibile essere un imprenditore di successo senza essere costretto a lavorare tutto il giorno?
Non dico che è possibile, affermo con grande forza che è l’unica strada! Se passi regolarmente più di 8 ore in azienda preparati ad una morte lenta ed irreversibile.
Certo, ci posso essere brevi momenti di sovraccarico, ma dovrebbero essere sempre bilanciati da periodi di riposo. Io stesso fino a cinque anni fa lavoravo in media 12 ore al giorno, 6 giorni su 7, e non facevo mai più di due settimane di vacanze all’anno. Ora lavoro in media 3 giorni a settimana, facendo almeno 4 mesi di vacanze. Con fatturato ed utili in costante crescita. Per non parlare della qualità di vita, mia e della mia famiglia. Tutto questo, come dice una nota pubblicità, “non ha prezzo”.
Ecco perché sostengo che il mero fatturato o successo non possa essere il fine ultimo di un imprenditore. Dovrebbe invece ambire alla realizzazione, ovvero al vero benessere, sia suo che di chi lo circonda.
Parliamo di crescita personale, qual è il suo ruolo nel business aziendale?
Per rispondere userò una metafora: se all’interno di un piccolo bicchiere continui a versare del contenuto, questo, dopo un po’, traboccherà. Il bicchiere rappresenta la capacità della persona di recepire ed applicare le nuove competenze richieste dal mercato, ovvero il contenuto. Intendo competenze tecniche, legate quindi all’organizzazione, alla vendita, al marketing, al controllo di gestione. Ma soprattutto le competenze relazionali, ossia la capacità di ottenere il meglio dalle persone che ci circondano, smussando quei lati della personalità che a volte ci penalizzano. Mi riferisco a coloro che spesso sono aggressivi, permalosi, presuntuosi, emotivamente fragili o perennemente stressati. Un lusso che non ci si può più permettere.
A tal proposito, che consiglio daresti ai professionisti “leoni da tastiera” che passano parte del loro tempo a buttare fango sui colleghi?
Gli direi la semplice verità: ovvero che quello è un modello oramai sorpassato, che al massimo può dare qualche piccola soddisfazione nel breve termine. Per vincere nel medio-lungo periodo bisogna creare rapporti forti, valorizzando la benevolenza. Il che non vuol dire né diventare “buonisti”, né fare i “piacioni” a tutti i costi. Ma semplicemente essere una persona con cui tutti andremmo volentieri a berci una birra o in vacanza.
Qual è stata una delle situazioni aziendali più difficili a cui hai lavorato?
In genere le situazioni più complesse da gestire sono state quelle in cui si intrecciavano aspetti aziendali e conflitti famigliari: passaggi generazionali turbolenti tra padre e figli, parenti in lotta per gelosie o incomprensioni, dissidi personali tramutati in faide o fazioni, e così via.
Ma devo anche ammettere che sono le situazioni in cui riesco a dare il meglio e dalle quali traggo le soddisfazioni più grandi.
Sentirsi dire “Con il tuo aiuto abbiamo salvato l’azienda, ma soprattutto l’armonia famigliare” rappresenta senza dubbio la gratificazione più bella.