Elisa Bonacini è autrice di un bel libro sul digital storytelling nel marketing culturale e turistico. Elisa è una “rivoluzionaria” della cultura e del turismo digitale, avendo alle spalle un percorso accademico, ma essendosi dedicata anche alla libera professione.
Il suo punto fermo è la comunicazione della cultura attraverso le attuali tecnologie digitali. Le ho chiesto di raccontarci il suo libro e il suo lavoro, perché Elisa ha un mindset che non ho problemi a definire un “modello” per chi è in cerca di ispirazione.
Ciao Elisa, ci racconti i tuoi attuali focus lavorativi?
Sono una libera professionista e, dopo un primo PHD e un biennio da Research Fellow, posso definirmi ormai una libera ricercatrice, con un “doppio binario” lavorativo e di ricerca (https://usf.academia.edu/ElisaBonacini): l’archeologia, che è stato il primo amore e la prima carriera professionale e scientifica e che tuttora pratico in occasione di sorveglianze archeologiche o relazioni archeologiche richieste nei lavori pubblici; e la comunicazione culturale con le nuove tecnologie, frutto del secondo “binario” di studi e ricerca, che ormai da oltre un decennio mi impegna quasi al 100%. In questo campo lavoro come consulente, per progetti multimediali (dalla fruizione in loco di un museo a quella in remoto, così come per progetti di storytelling digitale di vario tipo), ma sono anche docente in master universitari e corsi di formazione. La comunicazione con le nuove tecnologie è l’ambito in cui, da oltre un decennio, mi impegno scientificamente nella partecipazione a convegni, nella scrittura di articoli scientifici e monografie (in atto sono 6 libri dal 2011: link) sempre orientati a descrivere le tecnologie e il loro rapporto con i musei e la cultura. Sono stata definita una “rivoluzionaria” del digitale e una “paladina della cultura”, per i processi partecipativi che ho avviato in Sicilia, dalle Invasioni Digitali sin dal 2013 al processo partecipativo di storytelling digitale, avviato dal 2016 sulla piattaforma di audioguide gratuita e globale di izi.TRAVEL (https://izi.travel/it). Dal momento che mi chiedi nello specifico su quali focus lavorativi sono impegnata in questo momento, il primo è quello con lo Studio Guicciardini e Magni di Firenze nel progetto del Museo dell’Etna, che sarà realizzato a Catania riqualificando un vecchio complesso ospedaliero; poi, sto collaborando insieme a Sebastiano Deva di AppTripper nello storytelling virtuale immersivo del terremoto che sconvolse Noto e il Val di Noto in Sicilia nel 1693; infine, da inizi giugno, sono la coordinatrice del neo-nato Dipartimento Comunicazione del Museo Internazionale delle Marionette “Antonio Pasqualino” di Palermo, unico dipartimento del genere in Sicilia e fra i pochi in Italia. Il direttore del Museo, dott. Rosario Perricone, ha voluto fortemente dare un nuovo impulso alla comunicazione del Museo (che è un vero e proprio hub culturale a difesa del patrimonio immateriale dell’Opera dei Pupi su scala regionale), svecchiandola nei linguaggi e, appunto, nel racconto delle collezioni.
A cosa serve lo storytelling digitale?
Prima di tutto ti dico cosa è per me lo Storytelling digitale: è una tecnica, uno strumento, un’arte, attraverso cui comunicare un messaggio. Raccontare storie è un istinto innato nell’Uomo, che ha evoluto nel tempo metodi, linguaggi, strumenti e supporti, passando dai graffiti nelle caverne agli epub. Cambia il supporto di scrittura e lettura, ma non l’innato istinto del racconto. Ecco, lo storytelling di oggi utilizza come supporto le tecnologie digitali, sia a monte del processo creativo (di scrittura, di montaggio video etc., di creazione di differenti formati etc.), sia a valle nella trasmissione del prodotto creato, che può essere fruito anche solo digitalmente: pensa a un libro scritto a macchina e poi stampato, e a uno editato con un software di impaginazione e fruito con un kindle. Ecco, la differenza sta nel processo di produzione e nelle modalità di trasmissione. Lo Storytelling, applicato ad ogni campo del sapere, dalla scienza alla politica, è uno strumento attraverso il quale trasmettere un messaggio, un contenuto, un valore ad altri ed è per questo che è ampiamente in uso nel marketing, sin da quando si fa pubblicità. Abbiamo fatto “visual storytelling” dipingendo scene di caccia al cervo e ai bisonti sulle pareti delle grotte di Lescaux, lo facciamo oggi con il videomapping o le esperienze virtuali immersive, o, semplicemente, con lo storytelling visuale di Instagram. Quindi, la sua utilità, alla fine, non è cambiata: lo storytelling serve a creare empatia, emozione, avvicinamento, coinvolgimento.
Quali sono le principali applicazioni nel settore culturale e turistico?
Le applicazioni in entrambi i campi sono ormai infinite! Nel volume “I Musei e le forme dello Storytelling digitale” (Aracne Editrice, 2020), ho individuato 14 forme di storytelling digitale, e alcune sottocategorie, proprio perché le tecnologie ci consentono oggi un ventaglio di possibilità davvero incredibile: lo storytelling digitale in mobilità (ad esempio alcuni applicativi di musei o uffici turistici spiccatamente orientati alla narrazione), come quello che si mette in campo sui social media (si pensi a come, oggi, si raccontano i luoghi della cultura su Instagram), o il geostorytelling (che amo definire “storie digitali su geografie digitali”) in grado di raccontarti le storie di un luogo mentre ti trovi esattamente lì; il podcasting, ma anche il blogging, sono tutte “soluzioni” digitali in cui cultura, arte, attrazioni dei luoghi, patrimonio culturale materiale e immateriale possono essere raccontati. Realtà Virtuale e Realtà Aumentata sono certo fra le tecnologie che hanno maggiore campo di attuazione (e che necessitano comunque di progettualità e risorse economiche): ti forniscono informazioni aggiuntive o, come nel caso delle esperienze immersive con i visori, ti catapultano in mondi virtuali in grado di farti “vivere” esperienze totalmente estranianti. In fondo molte di queste tecnologie vengono dal mondo dei videogiochi, ed anche quello della gamification è, fortunatamente, un ambito in cui poter sperimentare soluzioni di engagement dei pubblici, di scoperta dei luoghi, di conoscenza, attraverso il gioco.
Cos’è lo storytelling partecipativo?
Le tecnologie digitali hanno reso decisamente più facile la possibilità di raccogliere storie da più individui, se non da intere comunità. Piattaforme in cui “raccogliere” le storie dei singoli, rispetto a un contesto urbano o a un evento storico, sono davvero a dozzine ormai. Le tecnologie sono diventante ulteriormente abilitanti per raccogliere quelle storie in differenti formati, audio, video, o, come nel caso del processo partecipativo condotto in Sicilia su izi.TRAVEL (che ho chiamato #iziTRAVELSicilia), persino per co-produrre audioguide alla scoperta delle proprie storie. In questo processo, che ad oggi offre gratuitamente quasi 340 audioguide, ho coinvolto oltre 4.000 persone e, dai bambini delle elementari ai direttori dei musei, tutti sono stati entusiasti di trasformarsi in “ciceroni digitali”, storyteller e testimonial al tempo stesso, in grado di promuovere la propria terra.
Quali sono i canali privilegiati per queste modalità di comunicazione?
Il Web, senz’ombra di dubbio, dai siti ai social, e nelle sue differenti modalità di fruizione, remota e dunque in versione desktop, mobile e dunque in versione responsive o delle webapp, e geolocalizzata, secondo il modello dell’IoT, ovvero dell’Internet of Things, grazie al quale siamo “immersi” in uno spazio digitale che è digitalmente riempito di informazioni. A fianco, le tecnologie abilitanti per la fruizione specifica di alcuni contenuti e, dunque, visori e occhiali di varia tipologia per fruire di contenuti immersivi o in realtà aumentata.
In ultimo, chi seguire per approfondire questi argomenti?
Dal punto di vista bibliografico devo ammettere che è difficile “star dietro” a una produzione che, sul tema delle tecnologie per cultura e turismo e dello storytelling nello specifico, si è fatta davvero imponente. Non faccio che comprare e leggere nuovi libri sul tema! Fondamentale, per l’ampio quadro che restituisce, l’ultima edizione del volume Digital Storytelling di Carolyn Handler Miller (2020), a fianco del quale mi sento di consigliare due lavori di due ricercatori del CNR italiano, Archeologia Virtuale (2020) di Francesco Gabellone e Videogame, Ricerca, patrimonio culturale (2020) di Sofia Pescarin. Accanto ai progetti che, da un ventennio, il CNR porta avanti in quest’ambito (e penso ai bei progetti curati da Eva Pietroni), esistono anche alcune realtà che da tempo si spendono nel settore della “narrazione”, come Archeostorie della giornalista Cinzia Dal Maso. Consiglio assolutamente di seguire ICOM Italia e quanto prodotto anche da CIVITA nei report degli ultimi anni. Anche alcune importanti aziende italiane sono diventate eccellenze nel settore: dalla Touchwindow alla ETT, da Capware a Space ad AppTripper, tanto per dirne qualcuna; aziende che hanno allestito alcuni dei principali musei multimediali e creato fra le migliori esperienze in campo culturale e turistico, dal Museo Archeologico Virtuale (MAV) di Ercolano alla Circo Maximo Experience di Roma. E dal momento che questi argomenti sono spesso multidisciplinari, interdisciplinari e trans-disciplinari, una lettura a qualche libro di web o social media marketing non guasta nemmeno! Dai libri del guru Andrea Fontana fino al mio ultimo libro Digital Storytleling nel marketing culturale e turistico (Dario Flaccovio Editore, 2021), gli spunti sono davvero infiniti!