Luca Alberigo è un professionista nel campo delle strategie digitali legate al mondo del commercio elettronico e aziendali. Quando ho visto il post di presentazione del suo ultimo libro sono corso a chiedergli di parlarmene, perché mi sembra la prima volta che si usano certe corde per trattare “l’argomentaccio” dell’internet e del business sulla rete.
Ciao Luca, ci racconti i tuoi attuali focus lavorativi?
Ciao Francesco,
il mio focus è da sempre la crescita. Inseguire la crescita personale, aziendale e per i nostri clienti è la mia vocazione. Sono uno dei soci di GBS Group. La nostra società opera nel mondo ICT da più di 20 anni.
Da ormai un quarto di secolo, ogni giorno mi domando con il mio team quali soluzioni adottare, come interpretare dati e fenomeni per alimentare la crescita digital, brand e commerciale dei nostri partner.
Nasco come Web Marketing Specialist, a inizio carriera mi sono occupato di tutto: dalla SEO alla Data Analysis, passando per il project management. Dopo aver approfondito tutti i focus “tecnici” che di fatto compongono l’universo (e quindi la sua complessità) del digitale, oggi la mia attenzione è rivolta verso l’alto: come mettere in sinergia componenti di complessità digitale, innescando meccanismi virtuosi tra i soldi investiti i le revenue guadagnate, raggiungendo la “strategia digitale” perfetta, che ovviamente cambia per ogni situazione di mercato che ci troviamo ad affrontare.
Ci descrivi la struttura del tuo ultimo libro?
Il libro parla proprio di questo: come mettere ordine nella complessità digitale e come costruire dei percorsi di crescita sostenibile utilizzando gli strumenti e le “regole” del digitale. Non facendo (facile) retorica digital, silyconvalleyana, ma cercando di calare la realtà e quindi le potenzialità del mercato digitale nella realtà del tessuto imprenditoriale italiano, fatto spesso di PMI. Nel mio libro, “Verso un’ecologia del Web – La via italiana al Digital Marketing”, affronto il percorso in 4 tappe fondamentali.
Parto dall’analisi del contesto globale post-pandemia (“post” sul piano digitale, non sanitario). Come ben sappiamo tutti, l’emergenza sanitaria e i vari lockdown hanno dato un’accelerata incredibile ai processi di adozione del digitale in Italia e nel mondo. Di fronte a una situazione d’urgenza ci sono coloro che hanno risposto con un percorso strategico che ha dato buoni frutti; c’è invece chi ha reagito con soluzioni tattiche di breve periodo rinunciando a una grande opportunità di innovazione.
Ho quindi raccolto e raccontato l’esperienza dei progetti che grazie al digital sono riusciti a crescere anche durante la pandemia. Quelle aziende che hanno compreso quanto sia importante cogliere la differenza tra tattica e strategia, tra quelli che nel libro chiamiamo metaforicamente cocktail e “shots” (c’è un capitolo con questo titolo, dunque spoiler).
Nella seconda parte, cerchiamo di perimetrare il tema della “complessità” del digitale. Qui, di fatto, si concretizza il concetto espresso dal titolo: ecologia, come studio delle relazioni tra elementi, ambiente e persone. Uno dei problemi che riscontro spesso tra gli imprenditori e i manager sta proprio lì: si tende a iper-semplificare qualcosa che di per sé è incredibilmente complesso, multidisciplinare e in rapida e costante evoluzione che, come tale, va affrontato con metodo ed esperienza. È fondamentale riuscire a capire quali sono i processi che vengono stravolti dal digital e dalle nuove tecnologie e diventa estremamente utile identificare i macro obiettivi che possiamo inseguire impiegando al meglio il digitale.
Nella terza parte passiamo a descrivere quali sono i fattori tecnici e tecnologici che compongono la “complessità” digitale, offrendo metodi di comprensione, misurazione e monitoraggio di ogni aspetto tecnico, da mettere in correlazione con altri aspetti tecnici e così via. Il libro è scritto soprattutto per chi si trova nella posizione di dover prendere decisioni rispetto alla possibilità di istruire un percorso di digital transformation per la propria azienda, per il proprio prodotto o per il proprio brand.
Il libro può anche essere letto e spero apprezzato da colleghi, consulenti e professionisti che, come me, incontrano continuamente imprenditori e aziende che rallentano nel loro ingresso nel mondo del digital e che quindi avrebbero bisogno non solo delle giuste motivazioni ma anche del metodo più idoneo per tracciare un percorso di digital transformation di successo.
L’ultima parte chiude sulla necessità di “portare a terra” qualsiasi considerazione analitica e teorica menzionata nelle pagine precedenti, definendo con precisione i metodi e gli approcci di delivery e non dimenticando mai che si parte a fare digital per una motivazione più grande, che deve esserci sempre chiara e deve essere sempre salda nella nostra mente, poiché il digitale (e mi verrebbe da dire in generale marketing e comunicazione operato su qualsivoglia canale) non sono mai fine a se stessi ma sono utili solo se facilitano l’innescarsi di processi più importanti. Per esempio la vendita.
Perché leggendo il titolo ho pensato subito a Gregory Bateson?
Per chi ha letto “verso un’ecologia della mente”, il riferimento è chiaro. L’intuizione nasce dall’occhio dell’editore Giancarlo Caselli di Golem Edizioni che nota un parallelismo rispetto a come viene affrontato il tema della “complessità digitale”. La complessità in cui ci muoviamo, la numerosità degli elementi e delle incognite generano continuamente nuovi scenari, a loro volta complessi e in trasformazione.
Il concetto di ecologia del web è spiegabile nella necessità, oggi, di studiare le correlazioni tra elementi che non sono isolati e distanti tra loro che devono far scaturire processi “sostenibili, ovvero in grado di alimentare leve di crescita aziendali.
Ci descrivi in poche parole l’approccio ecologico al web?
L’approccio ecologico al web, potrebbe essere definibile come un approccio olistico. Gli strumenti a nostra disposizione sono molti e molto diversi tra loro. L’elemento vincente, la ricetta segreta, la formula magica, semplicemente non esistono. Ma si tratta sempre di una sinergia fra fenomeni e strumenti complessi che devono partecipare a un processo virtuoso in grado di raggiungere un traguardo di business.
In un mercato complesso, competitivo e molto volatile, è necessario comprendere il ruolo che un brand (o un’azienda) vogliono ricoprire e quali sono gli obiettivi da raggiungere. Comprendere i punti di forza, quelli distintivi e poi, utilizzando gli strumenti e le tecnologie a disposizione, sfruttarli per ottenere la risonanza necessaria ad amplificarne il messaggio.
Potremmo razionalizzare l’approccio ecologico in alcune fasi specifiche:
- ● L’analisi. L’assessment iniziale, in cui vengono acquisite le informazioni fondamentali sul modello di
business dell’azienda, le peculiarità del prodotto e i tratti distintivi rispetto alla concorrenza. È importante comprendere quali esperienze siano già state fatte, gli investimenti sostenuti e i risultati conseguiti;
- ● La digital strategy: per fare un cocktail ci vuole una ricetta. Può essere necessario un mix di sviluppo di un ecommerce, l’apertura di una vetrina su un marketplace; la pianificazione di una content strategy basata su blog, video; la presenza sui social media; la creazione di campagne di digital adv per dare visibilità e sostegno alla marca e al prodotto. Ciascuno di questi ingredienti può funzionare meglio in una “formulazione o dosaggio” specifici, che vengono normalmente definiti e messi in sinergia in fase di analisi; vanno impiegati solo gli ingredienti realmente utili e davvero consoni, scalando i budget nella misura in cui ottengo un ritorno dell’investimento misurabile.
- ● L’operatività, la produzione, il deploy. I momenti in cui il piano viene eseguito e messo in relazione al contesto, al mercato, ai concorrenti. La misurazione dei segnali e dei risultati è fondamentale a questo punto, per poter gestire al meglio la fase di monitoraggio;
- ● Misurazione e ottimizzazione del processo. Raccolti i primi dati e verificato il modo in cui l’operatività genera risultati rispetto al contesto di riferimento, comprendiamo quali siano gli aspetti su cui intervenire e operare ottimizzazioni, da misurare nuovamente in una reiterazione di questa operatività. Migliorare
sempre è il nostro mantra. Ho voluto riportarlo anche nelle riflessioni finali di “verso un’ecologia del web”.
Quanto è importante per un’azienda conoscere il proprio pubblico?
È vitale. Purtroppo in Italia, spesso manca un concetto alla base del marketing: pulling the market not pushing the product. Non sempre abbiamo nel nostro DNA aziendale l’idea di “produrre prodotti per un determinato segmento di clientela”, quanto piuttosto resiste la prospettiva di coloro che sostengono di star “cercando clienti per i nostri prodotti”, senza una reale product market fit.
Questo approccio imprenditoriale, un po’, se vogliamo, artigianale, figlio dell’imprenditoria italiana spesso familiare, è andato bene per generazioni: la nostra economia si basa storicamente su produzione di beni, più che sul marketing. Oggi però, il mercato è cambiato, i consumatori sono cambiati, la concorrenza è aumentata e il pubblico ha a disposizione molti più elementi per prendere decisioni consapevoli.
Alla base stessa della SEO c’è il concetto del “conosci il tuo pubblico”. Se non domini la domanda consapevole, ovvero conosci i bisogni dei tuoi clienti, difficilmente i tuoi web asset saranno trovabili. Fornire risposte a domande che vengono poste attraverso Google, proporre la giusta ad con il giusto copy e il giusto visual, ben pensati sul target, inviare una mail con un contenuto che sappia attirare l’attenzione del destinatario e stimolarne l’azione, sono tutti processi che passano necessariamente dall’approfondita conoscenza del proprio pubblico.
Quali sono gli errori che si tendono fare in Italia nella vendita web post pandemia?
Questo è un tema che affronto in maniera abbastanza approfondita nel libro. In sintesi, le criticità che le aziende si trovano ad affrontare sono fondamentalmente tre.
Il primo è dato dalla scarsa cultura digitale in azienda, rispetto a strumenti, tecnologie e opportunità che fino a pochi anni fa non esistevano (anche se ormai scrivere “pochi anni fa” inizia a non essere più così vero…).
Secondo, quello di allocare poche risorse. Continuare a pensare al web come a una gigantesca prateria inesplorata rappresenta un errore grossolano e superficiale, che può portare a uno spreco di risorse, oppure al conseguimento di risultati talmente scarsi da portare l’imprenditore a maturare il pregiudizio (la doxa!) che il digital non costituisca una reale opportunità per la propria azienda.
La terza criticità, tipicamente collegata all’archetipo dell’analista o del tecnico, è quello di iper-semplificare le dinamiche che regolano il digital. È proprio su questa tematica che si sviluppa il concetto di “ecologia”. Capita che “dall’altra parte del tavolo” incontriamo aziende che pensano che “bastino i social fatti bene” o che con un po’ di link acquistati, il sito possa raggiungere tutte le prime posizioni che ha in testa l’imprenditore o il suo responsabile marketing. Sappiamo bene che non è così semplice e, ogni giorno che passa, la sfida sarà sempre più ardua.
Grazie