Torniamo a leggere di Cristiano Carriero, da poco in libreria con Professione content marketer, strategie, tattiche e tool, un libro edito da Hoepli nel 2024 che affronta il delicato mestiere del content marketer, offrendo spunti rilevanti su come intraprendere questa carriera, ma anche tips irrinunciabili per chi già opera in questo settore.
Bando alle ciance, vi lascio al racconto di Cristiano, che approfitto per salutare e ringraziare per la disponibilità.
Bentrovato Cristiano, ci racconti i tuoi attuali focus lavorativi?
Certamente, in questo momento il focus più grande è su La Content, di cui sono il co-fondatore. L’azienda ha due anime: quella de La Agency, quindi progetti di comunicazione e storytelling e quella de La Academy con il nostro main event, Storytelling Festival (25 e 26 ottobre, Bari), i corsi de La Classe di Digital storytelling, quelli di podcasting e tutto il mondo dei corsi di scrittura fiction che da quest’anno si avvalgono della partnership con Lucy Sulla Cultura. L’azienda è cresciuta molto in questi anni e naturalmente, in questo momento, il mio ruolo principale è quello dell’imprenditorie. Sono meno impegnato nel day by day ma gestisco un team di circa 15 persone con l’aiuto dei miei soci e della Manager director Vanessa Carmicino che si è unita a noi da gennaio lasciando Capgemini per una realtà come la nostra. In questi anni non ho mai smesso di coltivare la scrittura come autore e curatore della collana Hoepli, e naturalmente la parte degli speech che a me piacciono molto. Vanessa dice sempre: “Tu sei un prodotto de La Content”. Vista così è poco romantica, ma probabilmente è la verità. E io il prodotto lo faccio volentieri perché questa parte del mio lavoro la adoro. Mi costringe a raddoppiare sforzi ed energie, ma se il team funziona è tutto più semplice.
Come hai strutturato il tuo “Professione Content Marketer” e a chi si rivolge?
Questo libro nasce da un’intuizione di qualche anno fa, quando proposi a Veronica Gentili di fare un libro sul suo lavoro. Professione Social media manager ha venduto benissimo e non volevo restare un caso isolato. Così ho proposto a Hoepli di dare un seguito con Professione Content Marketer e sono sicuro che ne verranno altri, ho giù un paio di “professioni” in agenda. Sono sicuro che nell’epoca dei “5 consigli per…” sia fondamentale, invece, avere una guida strutturata su ciò che bisogna studiare, il know how da acquisire, le buone pratiche e perché no, gli errori di chi ci è passato. Il mio è un libro pieno di esperienze, non necessariamente positive. Da ognuna ho imparato molto e oggi posso permettermi – dopo 18 anni di lavoro – di dispensare qualche consiglio. La maggiore età professionale mi ha reso saggio, e anche un poi più disincantato rispetto all’entusiasmo (naturale) dei primi libri. Professione Content Marketer è rivolto a chi inizia ad approcciarsi a questa professione, si tratti di un creator, di un marketer o di un freelance, a chi la fa da 5/10 anni e vuole fare uno scatto in avanti nella propria a carriera e a quei/quelle manager che magari lavorano in azienda e vogliono saperne di più sulle dinamiche del content: dalla progettualità ai costi.
In questi tempi confusi, qual è il rapporto tra content marketing e SEO?
Sulla SEO si è detto di tutto in questi anni. Svariate volte ho sentito dire che era morta, ma credo che la SEO stia benissimo e sia necessaria. Tutti gli sforzi che facciamo con La Content avrebbero poco senso se non avessimo una strategia SEO, e noi siamo molto metodici nell’applicarla. Oggi anche ChatGPT, se adeguatamente guidato, sa scrivere testi SEO, ma anche in questo caso la coperta è corta: se non sai dove vuoi arrivare e se non maneggi la materia, farai poca strada. Io ho un rapporto un po’ controverso con la materia, lo ammetto. Vengo da un’altra scuola, mi piace scrivere liberamente, cercare nuove parole piuttosto che sceglierle da un paniere già preconfezionato. Nella mia vita ho scritto blog post che sono diventati virali pur non seguendo nessuna keyword, ma quelli sono colpi di fortuna, la strategia è un’altra cosa e i dati ci guidano, ci indicano una strada. In tempo confusi, la SEO è una bussola, così come la buona scrittura, quella originale e così come la capacità di creare qualcosa di veramente nuovo. Per tanti anni ho visto blog copiarsi a vicenda gli articoli, tanto da non sapere chi era stato il primo a scriverne, oggi si produce meno, si fanno ricerche su piattaforme alternative a Google, come TikTok e YouTube; ma se non sai come farti trovare rischi di fare esercizio si stile.
Mettere la faccia nella comunicazione business è sempre vantaggioso o ci sono controindicazioni?
Io ci ho messo la faccia per anni. Perché mi sembrava corretto, importante e perché mi conveniva. Volevo costruire un personal branding perché mi hanno insegnato che essere impiegabile è meglio che essere impiegato. Ho lavorato molto, ho dedicato tempo ed energia al personal branding, ma c’è un momento in cui paghi il conto per tutto questo. Quando La Content è diventata una azienda più grande, con un fatturato rispettabile, i clienti pensavano che fosse Cristiano (io) a fare tutto. Questo mi ha generato frustrazione perché sentivo di non poter fare tutto. E perché, sinceramente, non sono affatto il migliore a fare le cose. Chiara è una social media manager più brava di me, Leandra sa scrivere meglio, Isabella fa delle presentazioni spettacolari, Vanessa è una manager e io no. Eppure i clienti volevano parlare con me. Ho dovuto decostruire leggermente il mio personal branding rispetto al brand La Content, ed ho iniziato a indirizzare le mie attenzione e i miei sforzi in questa direzione. Quindi metteteci la faccia, ma fatelo con cautela. Se avete una azienda investite di più sul quel brand. Se siete liberi professionisti e avere appena iniziato, dedicate più tempo al lavoro, a fare le cose per bene. Per raccontarsi c’è tempo e c’è misura. Ivano Fossati cantava: “C’è un tempo per seminare e uno più lungo per aspettare: io dico che c’è un tempo sognato che bisognava sognare”.
Quali sono gli errori principali commessi da chi cura una strategia di content marketing?
Se vuoi posso raccontarti i miei! Scherzo. L’errore più frequente è quello di non porsi la domanda “Dove voglio arrivare con questo contenuto?”. E al tempo stesso quello di considerare i contenuti dei pezzi slegati. C’è una grande verità: difficilmente la gente presterà davvero attenzione al tuo contenuto. E accade anche per cose che diventano virali: magari parli con degli amici dando per scontato che lo hanno visto e scopri che non sanno di cosa stai parlando. Moltiplicate sempre per dieci. Quando avete un messaggio forte da comunicare, provate a declinarlo con 10 modalità diverse, è un esercizio che aiuta. Se pubblicate 10 post differenti il cui messaggio è: “le nostra chewing-gum sono un connettore sociale” forse quel messaggio arriverà ad una persona. Ci vuole costanza e consistenza nel messaggio che diamo. E una grande storia è alla base di questo messaggio. Non iniziate a comunicare se non avete una grande storia, se non c’è qualcosa che porta la gente ad alzarsi e ad applaudire quando la raccontate. Anche se vendete bulloni o calamite. Non è questo il punto. Non esistono business belli e business brutti. Divertenti o noiosi. Esistono storie in grado di catalizzare l’attenzione e storie noiose. Questo sì.
In ultimo, puoi lasciarci qualche link per rimanere sul pezzo?
Un po’ di link al mio substack.
La mia newsletter si chiama L’ho fatto a Posta ed esce ogni sabato.
Ti giro gli articoli che sono piaciuti di più!
https://cristianocarriero.substack.com/p/le-cose-non-sono-dati-ma-sono-costruzioni
https://cristianocarriero.substack.com/p/dis-like-economy
https://cristianocarriero.substack.com/p/piu-content-o-piu-marketing
https://cristianocarriero.substack.com/p/new-influencer-e-old-format
E una chiacchierata con Federico Favot sul tema del Personal Branding
Mi permetto di lasciare anche un link allo Storytelling Festival!