Nello scenario di ricerca attuale, in cui Google sembra mettere in secondo piano tanti progetti editoriali – e direi anche in terzo o addirittura in quarto piano – c’è chi si scervella a trovare una soluzione che restituisca visibilità ai progetti editoriali “fatti bene”, ma tristemente relegati a posizioni sempre più marginali sulle serp di Google, per non parlare di quel che rimane di Discover, ormai saldamente presidiato dai soli top player.
Tra questi, una soluzione mi è balzata all’occhio, una soluzione che gioca su un principio corretto, ma secondo me sul piano sbagliato. Se segui il gruppo dei Fatti di SEO avrai già capito a chi mi riferisco e a quale proposta in particolare, ma se sei nuovo da queste parti, ora ti racconto cosa è successo.
Il post a cui faccio riferimento è dell’amico Fiore Tullio. Cioè, io dico amico perché ci scriviamo e ho sempre molto rispetto per lui, anche se probabilmente lui mi odierà dal momento che abbiamo sempre posizioni opposte su tutto.
Fiore Scrive: Da diversi mesi dormo con un occhio chiuso e uno aperto per via dell’impatto degli Update del taglia teste. Vorrei condividere con voi un pensiero, considerando l’importanza che Google sta dando ai grandi Brand (magari al prossimo update si capovolge tutto di nuovo, magari!), cosa ne pensate dell’idea di creare, consorziare, unire tutti i piccoli brand editoriali per eventualmente creare un peso differente tutti insieme piuttosto che sgomitare tra piccoli per raccogliere le briciole? Pensiero malsano? impraticabile? ingiustificabile o percorribile almeno nell’intento di sviluppare dei ragionamenti sensati? Se volete mi potete insultare e dirmi di chiudere anche l’altro occhio e dormire.
Consorziarsi per superare la crisi
Se corri da solo sei veloce, se corri con gli altri arrivi lontano. Questo antico detto indiano ci ricorda come il potere più grande arrivi dalla condivisione, dal partecipare con altri a qualcosa di grande, dal con-correre verso una meta comune. Tutto fantastico, se non fosse che la proposta di Fiore punta a creare un soggetto più forte allo scopo di riprendere visibilità sulle serp organiche per le query informative, proprio quelle che stanno via via perdendo utenti.
Invece di evolvere verso modelli comunicativi nuovi e più adatti alle esigenze che vanno delineandosi nei pubblici, ci si intestardisce su come fare in modo che Google ridia visibilità ai blog e ai magazine per le query informazionali. Allora secondo me Fiore potrebbe star perdendo di vista una cosa importante: (almeno per ora) Google non sembra essere interessato a dare visibilità ai siti web editoriali, perché praticamente tutto lascia intendere che le ricerche informative stiano migrando sempre più verso altre piattaforme che NON contemplano la serp tradizionale come risposta.
Le query che in particolare riguardano salute e soldi, continuano a essere spesso seguite da ricerche speculative, dunque restano interessanti per gli utenti che preferiscono guardare più siti web e valutare risposte diverse senza affidarsi troppo a un primo risultato. Per tutti gli altri casi di query informazionali, le serp di Google non sembrano più essere capaci di fornire risposte pratiche, ma al contrario rischiano di confondere gli utenti, disperdendoli nelle pieghe della rete.
Google, che ha capito di aver perso l’attenzione degli utenti su tante query, ha già da anni integrato una risposta diretta in serp col featured snippet, che pesca la definizione più dirimente da una pagina web. Ma se ci pensi un momento, considerando che Google monetizza con le pubblicità e che per raggiungere le pubblicità, gli utenti devono accedere ai siti, per quale motivo Google dovrebbe darci una risposta già esaustiva e tale da non farci navigare proprio tra i risultati che propone?
Credo esistano almeno due motivi strategici per cui si verifica quest’apparente contraddizione. In particolare:
Aumento della soddisfazione: Quando un utente trova subito la risposta, è più probabile che torni a utilizzare Google per le sue ricerche future.
Migliore esperienza utente: L’obiettivo principale di Google è fornire le informazioni più rilevanti il più rapidamente possibile. Fornendo una risposta diretta, l’utente può trovare subito ciò che cerca senza dover cliccare su altri link.
In una parola, marketing. Google sperimenta di continuo nuovi formati pubblicitari che si integrano anche con i featured snippet, ma credo che principalmente ci sia la presa d’atto che per la maggior parte delle query informazionali, gli utenti non sono più disposti a perdere tempo nelle classiche serp.
Se gli utenti non sono più disposti a PERDERE TEMPO su queste query, useranno altri canali per trovare risposte, vedi YouTube, ChatGPT, Copilot, Linkedin o altre piattaforme come Quora.
Per dirne una, conosco un sito web che vende Videogame. Il blog interno va malissimo su Google, ma a loro non importa niente, perché tengono periodicamente live su Twitch, che per molti è la piattaforma d’elezione in quel segmento di mercato.
Il superbruco
E se gli utenti non vogliono più PERDERE TEMPO sulle vecchie serp, perché dovremmo incaponirci a trovare la soluzione “federale” basata sull’associazionismo per far vedere a Google che siamo in tanti e quindi siamo più bravi e belli? E come se un bruco, invece di assecondare la propria natura ed evolversi in farfalla, si iscrivesse in palestra e facesse pesi con l’intento di diventare un “super bruco”, come se avesse un senso…
E mi diranno che Google comunque premia i siti web che hanno un brand forte, i famosi “top player” che escono sempre… ma quanto pensate che gli valga alla lunga questo “premio” in un mercato delle ricerche informative che sui motori di ricerca classici perde pezzi giorno dopo giorno?
Lo sapete che i quindicenni di oggi, non solo usano lo smartphone “al posto” del computer, ma Google web search non lo usano proprio più. Vanno direttamente sulle singole piattaforme d’elezione per risolvere i problemi conoscitivi.
Questo vuol dire semplicemente che la SEO è a un crocevia storico. Se resta vero che il business nelle serp classiche resta florido – da entrambe le parti – per le aziende che rivendono prodotti e servizi, dunque principalmente per gli shop online, oggi noi SEO dobbiamo fare lo sforzo di ampliare la nostra percezione del motore di ricerca da Google a tutte le piazze digitali su cui si effettuano ricerche. Serve un occhio più strategico e attento al marketing relazionale, uno sguardo più fresco sulla network analysis e soprattutto la voglia di mettersi in gioco su terreni sconosciuti.
Andare insieme resta la soluzione, sempre. Ma non andare insieme verso il nulla.