i Social media curati in casa, funzionano?

Simone Bennati

Simone Bennati

Simone Bennati è un social media manager, copywriter e web designer Romano, attivo su Facebook col gruppo “Ciccio, senti ‘na cosa…”.

Il suo nome compare in diversi testi sul marketing digitale tra cui quelli di Scandellari, Pogliani, Conti e Carriero. Gli ho posto alcune domande sulla “vita dentro la scatola”, semplicemente.

 

Ciao Simone, ti va di raccontarci i tuoi attuali focus lavorativi?

Ciao Francesco e innanzitutto grazie per l’ospitalità!

Come da te accennato, sono attivo nel settore del Digital principalmente in qualità di Social Media Manager, ma anche come Copywriter e Web Designer. La grafica ed il web design, in particolare, hanno rappresentato le due discipline sulle quali mi sono più concentrato negli ultimi 10 anni, ovvero fino a quando, circa 2 anni fa, non ho avuto la possibilità di dare maggior spazio alla passione per il social media marketing e a quella per la scrittura.

Il mio “avamposto digitale” è rappresentato Bennaker.com, ovvero il blog sul quale, ormai da più di 3 anni, raccolgo le mie esperienze, osservazioni e visioni riguardanti il mondo del Digital, nella speranza che queste siano utili non solo a chi fa il mio stesso mestiere, ma anche a chi vorrebbe cominciare a farlo.

 

Ci sono processi realmente automatizzabili sui social network?

In generale, considero l’automazione come una grande opportunità, la quale, però, va presa con le pinze. Prima di automatizzare un servizio, infatti, credo sia oltremodo necessario ragionare su quali potrebbero essere i possibili effetti.

[adrotate banner=”1″]

Se parliamo di Social Network, ad esempio, l’automatizzare la condivisione dei contenuti sulle diverse piattaforme potrebbe portare ad un significativo risparmio di tempo, ma anche ad una forte perdita di appeal. Molto spesso, infatti, i software che permettono di automatizzare la pubblicazione di post non consentono un grande livello di personalizzazione e questo va ad impattare fortemente sulla funzionalità e l’estetica dei post stessi.

Dal mio punto di vista, l’uomo, seppur con tutti i suoi “bug”, è e rimane un elemento dalle capacità inarrivabili, specie quando si tratta di comunicare con gli altri, ovvero ciò che avviene nei Social Network.

 

Nel tuo sito web non ho trovato pagine di servizi, come mai?

Premesso che non sono mai stato molto bravo a “vendermi”, tengo a sottolineare che l’assenza di queste pagine è del tutto volontaria. Preferisco, infatti, far conoscere il mio know how attraverso i miei articoli, nonché tramite i post che quotidianamente pubblico sui diversi Social Network.

Credo, infatti, che la costante condivisione dei propri principi, metodi e risultati si configuri come il più esaustivo ed efficace dei biglietti da visita. Parliamo, quindi, di un livello di coinvolgimento che mai e poi mai una semplice pagina web in cui sono elencati i servizi offerti potrebbe raggiungere.

 

Il social media marketing fatto in casa, può funzionare a patto che…

A patto che si sia consapevoli dei propri limiti e non ci si chiuda a riccio di fronte alla possibilità di formarsi. I Social Media, infatti, sono strumenti estremamente delicati ed in continua evoluzione. Questo fa sì che si renda necessario “metterci mano” con la dovuta consapevolezza, onde evitare di arrecare danno a se stessi e alla propria immagine.

Di solito, quando mi capita davanti qualcuno che si è affidato al fai da te, mi trovo davanti a scenari paradossali, in cui, ad esempio, Pagine Facebook che formalmente dovrebbero occuparsi di tecnologia condividono raffiche di GIF di gattini e video demenziali.

Per lasciarsi prendere la mano dalla voglia di macinare “Like facili” basta un attimo e ben sappiamo quanto contenuti “leggeri” e nazional popolari possano indurci in tentazione. Questo, però, non deve accadere, perché, nel momento in cui gestiamo una risorsa social istituzionale nello stesso modo in cui gestiremmo il nostro profilo personale, ci stiamo auto-arrecando un profondo danno d’immagine.

Quindi viva il fai da te e viva la sperimentazione, ma quando il gioco si fa duro (e serio), allora sta ai duri (e seri) mettersi a giocare.

 

Utilizzi software in particolare per sviluppare piani editoriali?

Più che ai software, io mi affido all’osservazione, all’ascolto e al confronto tra me e coloro che hanno bisogno di definire un proprio piano editoriale. Trovo, infatti, come anche sottolineavo prima, che per certe cose l’uomo sia insostituibile. Avere un’intuizione o una sensazione, e quindi decidere di seguirla, non sono cose che un software può fare. Un uomo, però, sì. Anzi, ho il sospetto che i migliori esemplari siano stati progettati proprio per questo…

 

Per finire, cosa vorresti dire agli sviluppatori di Google+?

Vorrei dire loro, e quindi a Google, di fare l’unica cosa che potrebbe dare una minima speranza di sopravvivenza a questa piattaforma: acquistare Twitter.

Rispondi all'articolo

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


Il periodo di verifica reCAPTCHA è scaduto. Ricaricare la pagina.