Alberto Maestri, esperto di business transformation e brand management, si occupa da anni della comunicazione dei brand in fase di rinnovamento. Docente IULM, Alberto è autore di Brand voice, un libro edito nel 2023 da Franco Angeli.
Di seguito le risposte alle mie domande sul libro e sui temi che tratta. Grazie per l’attenzione e buona lettura.
Ciao Alberto, ci racconti i tuoi attuali focus lavorativi?
Ciao Francesco e a chi ci legge! Grazie da subito per questa chiacchierata. Negli ultimi anni mi sono appassionato allo studio e alla pratica della trasformazione di marche, persone e organizzazioni con l’avvento del digitale. Vedo in effetti un fil rouge tra branding, people e business transformation e cerco di mantenere una visione olistica rispetto alle loro sinergie e ai risultati finali. Lo faccio attraverso la produzione di contenuti (Brand Voice è il settimo libro che ho scritto), l’attività in aula – in particolare come docente universitario in IULM, NABA e presso la sede di Mestre di IUSVE – e a GreatPixel, l’agenzia che traghetto insieme al mio socio Giovanni.
Come avete strutturato il libro Brand Voice e a chi si rivolge?
Brand Voice è un libro nato, come spesso accade, dal confronto e dallo scambio di idee. Quelli che ho avuto negli ultimi 2-3 anni – complici anche le lunghe conversazioni digitali in periodo di pandemia – insieme al Prof. Giorgio Triani e ad Alessio Pomaro. Abbiamo dunque deciso di scrivere in tre questo manuale, e il risultato finale è originale in primis proprio per via degli autori: io mi sono appena presentato, mentre Giorgio è un importante e profondo sociologo della comunicazione all’Università degli Studi di Parma; Alessio, infine, è un grande esperto di Intelligenza Artificiale applicata al marketing e alla customer interaction. Siamo riusciti (a nostro avviso!) ad avere dunque alcuni innesti fruttuosi: per esempio tra modelli / framework strategici e pratiche aziendali molto concrete; tra il passato, il presente e il futuro dell’argomento; ancora, tra la prospettiva accademica e quella aziendale.
Il libro rispetta l’originalità e la differenza di ciascuno dei 3 autori e dunque è organizzato in altrettante parti. La prefazione è della Prof.ssa Maria Carmela Ostillio – Associate Professor of Practice in SDA Bocconi, e tutta l’opera è arricchita dai contributi e dagli speakers’ corner di colleghi e colleghe eccezionali che hanno prestato il loro pensiero.
Brand Voice è rivolta a chiunque desideri e/o abbia necessità di immergersi nel nuovo modo che hanno le marche e le aziende di interagire con i pubblici: basato su voci, suoni e intelligenze artificiali conversazionali che sempre più costituiranno asset di marca da gestire al pari di tutti gli altri. Chi primo arriva… 😉
Possiamo dire che sia in atto uno spostamento di attenzione da ciò che si guarda a ciò che si ascolta?
Ti direi… nì 🙂 mi spiego meglio: è indubbio che oggi siamo in una società e in un mercato dove la componente visiva di qualsiasi comunicazione – da una chat WhatsApp con gli amici a una campagna di advertising – premia. Abbiamo sempre meno tempo, assorbiamo sempre più stimoli e dunque le immagini hanno questa capacità di superare in velocità la parola – arrivando dritte dritte alle persone.
In un ipotetico podio di rapidità, però, dovremmo mettere il suono. Qualsiasi! Pensiamo a quando entriamo in un ristorante e sentiamo una persona che cita il nostro nome. Molto probabilmente intende un altro, ma noi ci voltiamo subito per capire chi è questa persona e quale legame possiamo avere con essa. Inoltre, se la parola è legata alla lingua, l’immagine è radicata ai contesti culturali: ricordate la pubblicità di Dolce & Gabbana per il mercato cinese del 2018, e le conseguenze estremamente negative per la reputazione e le vendite del brand?
Il suono, invece, spesso ha tratti universali. Altro motivo per cui diventerà un asset di comunicazione sempre più rilevante e interessante per qualsiasi azienda. Anzi! Paradossalmente, il suono apre anche le porte alle aziende B2B, che da sempre costituiscono (almeno sulla carta) il “fanalino di coda” quando si parla di comunicazione d’impresa. Questo perché spesso tali aziende – il più delle volte operative in settori industriali – hanno suoni idiosincratici da potere utilizzare per differenziarsi agli occhi e nella mente dei clienti.
Come deve “suonare” un brand per posizionarsi nel mercato di riferimento?
Una domanda da un milione di dollari 🙂 Scherzi a parte, non esiste a priori un suono migliore di un altro. Va studiato utilizzando da un lato gli strumenti tipici del brand management – non a caso, all’interno del libro dedico diversi focus sui temi dell’antropomorfizzazione e della corretta definizione della personalità di marca – dall’altro facendosi guidare da nuove metodologie che indagano proprio l’affinità di un possibile suono aziendale con l’audience di riferimento. La prova del nove, infatti, la fanno sempre le persone che rispondono sul mercato all’offerta e alle comunicazioni dell’azienda.
Quali sono ad oggi gli strumenti che un brand ha ha disposizione per farsi “sentire”?
La sound strategy (o sonic identity – identità sonora) di un brand oggi può essere composta da tantissime leve, che possiamo trattare come interconnesse e sinergiche tra loro (scenario ideale) oppure che possiamo selezionare per decidere su quali focalizzarci. Ne cito alcune, a titolo non esaustivo: podcast e playlist musicali, branded song (la declinazione sonora del branded content), sound logo (il marchio sonoro del brand, l’equivalente musicale del logo), chatbot ed AI Assistant – in generale tutto il nuovo paradigma dell’intelligenza artificiale generativa, capace di dialogare in modo così intuitivo con le persone – Digital Humans. Già da questi primi asset, è facile comprendere come ci stiamo iniziando a muovere su terreni per la maggior parte nuovi per i brand, che non sono certo abituati a cantare, a parlare o a confrontarsi direttamente con le persone. Proprio da questi confronti e dalle emozioni che ne scaturiscono, però, accelera oppure si affievolisce il customer journey.
In ultimo, ci lasci qualche link per restare aggiornati su questi argomenti?
Con molto piacere! In primis, il sito web di Alessio Pomaro su cui sono pubblicati in modo frequente articoli, analisi e approfondimenti sul mondo dell’AI per il Voice Branding. Ammetto però che man mano tutti i più importanti media outlet del mondo della comunicazione e del marketing si stanno interessando in modo crescente al tema: ecco qui per esempio la notizia, riportata da Digiday, sugli sforzi di un tempio del marketing come Coca-Cola rispetto al sound branding. In Italia abbiamo la sound designer Chiara Luzzana, che sta facendo progetti molto interessanti capaci di dare voce musicale a spazi, luoghi e brand.
Per gli interessati di branded podcast, infine, non posso che consigliare l’enorme attività divulgativa della branded podcast producer Rossella Pivanti: scrive, parla e approfondisce davvero bene questo mondo ancora tutto da scoprire. Buona lettura, ascolto e visione! 🙂