Qualche Giorno fa, Giovanni le Coche ha postato una domanda sul cambiamento di prospettive per chi lavora in proprio:
«pensate mai ad una rivoluzione del vostro core business o di cambiare la “gestione” dei clienti? Se sì, la frequenza media qual è?»
I commenti al suo post suonano come le più classiche dichiarazioni di intenti di persone che pensano più o meno spesso di fare piccoli cambiamenti o enormi spostamenti di attenzione rispetto al proprio ambito lavorativo. Appunto pensieri, cose che si dicono. Visto che a me l’argomento “cambiamento” interessa moltissimo, ho cominciato a riflettere su come aggiustare il tiro e su cosa in particolare potrei cambiare nella mia attività lavorativa.
Facciamo un esempio
Se ad oggi faccio per lo più consulenza SEO, un domani potrei sfruttare la credibilità acquisita con gli anni per commercializzare plugin wordpress, oppure per lanciare un gestionale utile a chi fa SEO, o ancora potrei lanciarmi nel web design SEO oriented. Tutte strade complementari a quella del consulente freelance che però richiedono competenze diverse dalle mie. Per cambiare tutto potrei anche dedicarmi esclusivamente alla formazione, ma perché avesse un senso in termini di fatturato dovrei comunque riferirmi a professionalità tecniche e organizzative che al momento mi mancano.
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In pratica ti sto dicendo che a meno che non parliamo di piccoli spostamenti del core business (ma Giovanni parlava di rivoluzioni), per cambiare significativamente le cose occorrono altre teste, non alternative, ma complementari alla tua. Per fare la rivoluzione ti devi organizzare con altri, non c’è storia, se dunque fino ad oggi hai lavorato in proprio e magari sei un maledetto accentratore come me, rilassati e prepara la tua mente ad accogliere voci diverse dalla tua, altrimenti abbassa la testa e continua a fare quello che hai fatto fino ad oggi… che magari va benissimo così.
Progettare la rivoluzione
Sì, parlo di fare una società. Se pensi seriamente di cambiare tutto per (evidentemente) crescere e migliorare la qualità della tua offerta di servizi, devi progettare un cambiamento significativo che riguarda il cosa, il come e il perché. Soprattutto il perché.
Cosa vuoi fare? La prima decisione riguarda inevitabilmente cosa vuoi cambiare e caratterizza il passaggio di attenzione da un prima a un dopo. Se pensi che cambiare gioco significhi associarsi con persone valide solo perché sono valide, stai perdendo di vista questo primo importante punto. Non è banale, anzi, spesso per capire cosa cambiare occorre studiare il tuo mercato di riferimento, analizzare i casi di successo e valutare i rischi per ciascuna opzione. Ricordatelo prima di fare una società con il tuo migliore amico.
Come intendi muoverti? Una volta capito cosa c’è da cambiare, come intendi farlo? Ci sono investimenti da fare? In quanto tempo? Come organizzerai il lavoro considerando che dovrai rompere tutte le tue routine e abitudini consolidate? L’errore da non commettere è credere che l’affiatamento tra i soci e la comunione di intenti siano condizioni sufficienti alla realizzazione dei propositi di cambiamento. Anche in questa fase occorre studiare, magari confrontandosi con chi ha fatto qualcosa di simile, a patto che sia disposto a raccontarti qualcosa.
Perché cambiare tutto? Prima ho scritto che è la domanda più importante da porsi. Il cambiamento è qualcosa di inevitabile, la rivoluzione personale è invece un fenomeno molto più raro. Tutti cambiamo in ogni caso, il senso della domanda è chiederti se hai davvero bisogno di una rivoluzione o se magari le cose vanno già bene così come sono. Cambiare profondamente il tuo core business deve produrre un vantaggio reale e concreto nella tua vita, altrimenti (se va tutto bene) avrai perso tempo.
Le società per sentito dire
Viviamo in tempi in cui le decisioni sono fortemente influenzabili. Le opinioni su facebook diventano fatti anche se si sono formate solo per sentito dire, magari seguendo una conversazione tra altre persone che nemmeno conosci. Una società non si fa per risparmiare sulle tasse e non si fa su base fiduciaria, ma solo quando dietro c’è un progetto vero. I soci non si scelgono per amicizia o per grado di parentela, ma a ragion veduta del fatto che siano risorse necessarie al tuo progetto, in funzione del valore aggiunto che possono produrre e di quello che hanno già dimostrato di produrre per sé.
Per l’amor del cielo, evita visioni societarie romantiche. I soci non sono i cavalieri della tavola rotonda, proprio per niente. Evita furberie come società di comodo tra persone che si mettono insieme per risparmiare sulle tasse, perché questo modo di intendere la forma societaria è improprio ed è quasi certamente foriero di problematiche amministrative.
Le rivoluzioni non sono colpi di testa, ma il frutto di un’attenzione presente verso sé stessi.
Secondo me la cosa migliore è non fare nessuna società: sviluppi tu il tuo progetto e per le competenze che ti mancano paghi un consulente oppure assumi del personale.
Hai visto cosa fa mc donald quando offre il franchising? Chiede che l’investitore non sia socio di nessuno, che sia l’unico uomo al comando del “proprio” mc donald.
Questo è uno dei tanti requisiti. Ce ne sono altri.
Ma questo è uno di quelli che mi viene in mente per dire che forse è meglio essere soli che accompagnati! Decidi più in fretta, hai meno problemi e ti prendi tutta la torta.