Jessica Malfatto si occupa di digital PR. Ha pubblicato per Flaccovio il libro dal titolo “Strategie di digital PR per Startup”, in cui vengono approfonditi gli aspetti relazionali più importanti per le imprese nell’arco dei primi 5 anni di attività, appunto nella fase di startup. Una bella occasione per approfondire alcuni aspetti che mi stanno a cuore per attività che vanno dalla SEO alla disciplina di addomesticamento dei coccodrilli da parata.
Ciao Jessica, ci racconti i tuoi attuali focus lavorativi?
Ciao Francesco, è un piacere essere qui, grazie per questa opportunità.
Attualmente sono focalizzata su due fronti: da un lato principalmente sulla crescita della mia agenzia, Your Story Srl (ma siamo nati e cresciuti come Digital PR pro), e dall’altro sulla scuola online di formazione in media relations e digital PR, PR School.
Da ottobre a dicembre, invece, per un giorno alla settimana, sono impegnata in Università Cattolica a Brescia, perché dallo scorso anno mi hanno affidato il corso di “Strumenti per la comunicazione aziendale” (come docente a contratto), dove spiego tecniche e metodologie per fare digital pr. Cerco di portare in aula quello che imparo tutti i giorni in agenzia, lavorando su decine di clienti.
Tornando all’agenzia, con Digital PR pro abbiamo avuto una forte crescita negli ultimi 12 mesi: siamo passati da essere una ditta individuale con due collaboratori esterni a una SRL che vede operative 4 persone in ufficio (o in smart working, a seconda dei giorni) e 2 collaboratori esterni. Le prime due persone le abbiamo assunte tra marzo e maggio e presto credo che apriremo le selezioni per inserire una nuova figura. Stiamo cercando di crescere in modo controllato.
Questo è per dare un’idea anche della configurazione pratica. Quello che facciamo ogni giorno è aiutare PMI, startup e imprenditori a raggiungere i media con continuità, ottenendo articoli, interviste, menzioni, ma anche servizi tv e radiofonici.
Cerchiamo di essere un “microfono” per la loro storia e per ciò che hanno da raccontare.
Le digital PR (sembra banale chiederlo) cosa sono?
Amo le definizioni molto semplici, che permettono di andare “dritti al punto” senza perdere il focus e provo a dare la mia definizione: le digital PR sono un ponte.
Un ponte tra le aziende e i media. Sono quello strumento che permette alle aziende, ai progetti, ai singoli imprenditori e ai liberi professionisti, di intercettare i media facendo in modo che parlino di loro e di ciò che stanno portando avanti.
Il valore delle Digital PR risiede in un elemento essenziale: non è l’azienda a “parlarsi addosso” ma è qualcun altro che afferma e conferma il valore dell’azienda o di un progetto.
La differenza tra i due aspetti è enorme ed è per questo che un’azione di digital PR può avere una forza straordinaria, se strutturata nel modo corretto.
Qual è il rapporto tra digital e “analog” PR?
Integrazione penso che sia la parola chiave, come in molti altri ambiti. Si parla di strumenti, si parla di canali, si parla di media, ma integrare digital e “analog” permette all’azienda di raggiungere risultati maggiormente tangibili.
Ad esempio, se intendiamo le “analog” PR come delle azioni che hanno l’obiettivo primario di raggiungere media tradizionali (es. riviste cartacee, televisioni, radio, ecc), allora dobbiamo considerare che il valore percepito per quanto riguarda una pubblicazione su un mensile o un quotidiano cartaceo è superiore rispetto alla stessa tipologia di pubblicazione online.
Integrare i due approcci, da un lato digital e dall’altro “analog”, ci permette di consolidare e migliorare il posizionamento dei brand.
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Un esempio pratico: un imprenditore con il quale collaboriamo (nel settore travel) ci ha comunicato che grazie a un’intervista pubblicata su un mensile cartaceo (in ambito business) gli ha permesso di entrare in contatto con un investitore interessato a “entrare” nella sua azienda.
Un’altra imprenditrice nel settore food (con una PMI) ci ha confermato il fatto di aver “chiuso” più facilmente dei contratti con grandi buyer di catene importanti, anche grazie a tutti gli articoli ottenuti, online e offline (Il Sole24Ore, Corriere della Sera, Fortune, Business Insider Italia, ecc). Lo stesso sta accedendo con un altro brand, con il quale stiamo lavorando su vari livelli, integrando anche una parte legata ai blog e a micro influencer.
Questi due esempi solo per far comprendere il valore concreto di un’integrazione tra i due metodi.
In quali segmenti di mercato le digital PR ottengono i maggiori riscontri?
Dal 2012 a oggi ho lavorato con decine di aziende, in diversi settori: finanza, energia, food, travel, tecnologia, ambito legale, lavoro, formazione, sport, salute, design. Non ho mai avuto esperienza, invece, nell’ambito moda, beauty, politica, automotive.
Per i primi settori nominati – amo parlare solo di qualcosa che ho esplorato realmente – posso dirti che i riscontri della maggior parte delle aziende sono stati ottimi (qui, se può servire, ci sono alcune testimonianze) e per riscontri intendo principalmente una dinamica, che un imprenditore, Gino Repetto, fondatore di nowave Srl, ha spiegato molto bene in una frase: “L’intangibilità delle digital PR diventa tangibile quando i clienti percepiscono un valore aggiunto e scelgono il tuo prodotto al posto di un altro.”
Le ultime parole racchiudono il senso che dovrebbero avere le digital PR: fare in modo che le aziende scelgano il tuo prodotto o servizio (e non quello di un concorrente).
Le startup ne hanno davvero più bisogno delle aziende mature?
La differenza principale penso che risieda nel “perché ne hanno bisogno?” e non nel “chi ha più bisogno?”. Un’azione di digital PR e di media relations, infatti, deve rispondere a un obiettivo di business, altrimenti rischia di diventare inefficace.
In base agli obiettivi specifici che vengono posti, si attivano delle azioni mirate di digital PR che, unendole ad altre attività, portano l’azienda a raggiungere la propria meta.
Ad esempio, una startup appena nata, con un’applicazione ancora non perfettamente funzionante, con delle incertezze rilevanti riguardo il proprio modello di business, ecc, a mio avviso non dovrebbe intraprendere subito un’azione di digital PR.
Questo perché se si tratta di pubblicazioni organiche e non a pagamento, spesso non si potranno avere molte occasioni di raggiungere i grandi media con lo stesso messaggio (ad esempio, se parlo del lancio dell’app a marzo e Wired pubblica la notizia, non potrò tornare di nuovo sulla testata a dicembre, parlando ancora del lancio dell’app. E se a marzo il mio prodotto non risulta ancora pronto, allora avrò perso un’occasione mediatica importante e non è facile chiedere al medesimo treno di ripassare di nuovo.)
Ci capita spesso di ricevere richieste di consulenze da parte di imprenditori che non hanno ancora fatto in modo che il proprio progetto incontri il mercato e che vogliono un’attività di PR per iniziare a “scaldare il terreno mediatico”, ma le digital PR, se inserite troppo presto in un piano, possono anche rivelarsi un boomerang.
Le dinamiche, invece, sono diverse per quanto riguarda un’azienda “matura”. Una delle prime domande, però, che un imprenditore dovrebbe farsi prima di iniziare un’attività di digital PR è: “Sono disposto ad essere trasparente su dati, numeri, storia, ecc?”. E questo perché se si vuole intraprendere un’azienda di PR e uno degli obiettivi è intercettare testate giornalistiche e canali che parlano di business e imprenditoria, una delle possibili domande da parte del giornalista o del blogger sarà “Qual è il fatturato?” (qualche giornalista – ci capita spesso con un quotidiano economico – chiede anche qual è l’EBITDA, ad esempio).
E a questa domanda alcuni imprenditori – lo viviamo tutti i giorni in agenzia – non vogliono rispondere. Ma questo significa chiudersi determinate porte mediatiche.
Iniziare un’attività di digital PR significa anche essere disposti ad esporsi, senza ritoccare i numeri e senza cercare di nasconderli a ogni costo (se parliamo di SRL, ad esempio, non ha senso rifiutarsi di rispondere alla domanda del giornalista riguardante il fatturato, perché in pochi passaggi chiunque può scaricare un bilancio. In questo caso ha più senso motivare determinati numeri e spiegare il motivo di alcune cifre, in modo molto trasparente).
Quali competenze deve avere uno specialista in digital PR?
Capacità di scrittura, capacità di comprendere e individuare una notizia, capacità di tradurre in parole un progetto (a seconda del target a cui vogliamo rivolgerci: ad esempio, un progetto tecnologico che deve essere raccontato sia a media di settore che a media generalisti, verrà raccontano in modo completamente differente ai giornalisti e blogger che scrivono per l’uno o l’altro canale).
Inoltre, uno specialista in digital PR dovrebbe avere anche un approccio analitico e strategico durante tutte le fasi dell’attività. Sicuramente partire dal mondo giornalistico per poi abbracciare le digital PR come professione può essere molto utile, perché la capacità di scrittura penso che sia un requisito fondamentale per poter effettuare un ottimo lavoro.
“Anche dietro una penna che cade può nascondersi una storia” e il digital PR specialist deve essere in grado di individuarla, capirla e raccontarla (al target corretto).