Oggi vorrei condividere da ignorante, alcune considerazioni che (sono certo) non mancheranno di alzare il solito polverone. Utile, soprattutto se come me, non ami spolverare.
Parliamo di due libri, il primo scritto da Giampaolo Fabris, si intitola Societing – Il marketing nella società postmoderna (Egea 2009), il secondo, a cura di Adam Arvidsson e Alex Giordano (mio vecchio amico) e si intitola Societing Reloaded – pubblici produttivi e innovazione sociale (Egea 2013).
Il primo testo sviluppa un percorso che parte da una transizione d’epoca, ovvero dalla fine di tutte le certezze e dall’ingresso nel regime della complessità sociale. Nuovi tempi bui, fatti di dispute sul colore del cielo, tra esperti giocoforza improvvisati. L’illuminismo, un ricordo del passato.
Il testo sostanzialmente arriva (nel 2009) a riflettere su come il consumatore cessi il suo ruolo storico e si ponga di fianco alle imprese in un rapporto di co-creazione. È in sostanza il tramonto del marketing di massa, che coincide con la nascita del marketing dell’ascolto. La fine della centralità dei mercati coincide con la crescita di attenzione nelle persone, non più raggruppabili in singole categorie di consumo separate le une dalle altre e divise in compartimenti stagni, i famosi cluster, protagonisti delle vecchie analisi di mercato.
È la fine di quello che conosciamo su come vendere cose che non servono a persone a cui non interessano. Complici la crisi economica e lo sviluppo delle nuove tecnologie digitali, lo scenario è quello in cui siamo influenzabili da stimoli provenienti da qualunque fonte, quindi per assurdo è come se non fossimo più influenzabili.
E cos’ha fatto il marketing?
Certo gli uomini di marketing non sono stati a guardare e hanno cominciato a riflettere sulle dinamiche di ascolto e di influenza. Persone come Alex Giordano hanno giocato un ruolo importante in questo passaggio, aprendo nuove strade per tanti operatori di settore. Ci si accorse tuttavia che nel concetto di marketing in sé, doveva esserci qualcosa che stava invecchiando.
Una festa era finita, un’altra stava per cominciare.
In quest’ordine di cose nasce Societing Reloaded, un testo che prende spunto dalle riflessioni di Cova e Fabris, descrivendo sostanzialmente un’economia in crisi, in cui il problema più grande non è la scarsità di idee (che in rete abbondano) né di proposte concrete e nemmeno di persone disposte a impegnarsi per un cambiamento. Quello che manca è un nuovo modello organizzativo: una nuova filosofia d’impresa capace di capitalizzare le risorse e dar loro una nuova direzione. Questa nuova filosofia è il societing.
I consumatori diventano pubblici produttivi e i beni di consumo si trasformano in mezzi di produzione.
Poi a un certo punto il marketing…
Abbiamo comprato cose e le abbiamo buttate via come se non ci fosse un domani, finché a un certo punto “un domani” non c’è stato più. Il marketing funziona su meccanismi che hanno sempre favorito la produzione verticale e il consumo orizzontale, processi che a lungo termine creano mercati saturi, fine delle risorse, inquinamento e povertà. Le stesse metropoli in cui viviamo, bersagliate per decenni dalle logiche classiche, ormai sono sature di persone, trafficate, inquinate a livelli insostenibili, ricettacoli di immondizia insensatamente costosi.
Il nuovo modello organizzativo di cui parla Alex, coincide con la fine di tutto questo.
Non lo sai, ma il marketing ha fatto il suo tempo… e quasi ci restavamo secchi.
Non è più il momento di creare valore “per” tutti, ma di creare valore tutti. In questo passaggio c’è tutto il senso del societing. È innovazione sociale e ti do una notizia, sei della partita.
Questo il marketing, non lo fa. Per questo non ne abbiamo più bisogno.
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