Tracciare TUTTO, conoscere preferenze ed esigenze del tuo pubblico di riferimento per migliorare le performance di vendita è un approccio che mi ha sempre affascinato per la metodicità che ammetto mi manca.
Per questo ho deciso di chiedere a Giulio Colnaghi di fare il punto sulle logiche di Marketing automation in Italia.
Ciao Giulio, ci racconti i tuoi attuali focus lavorativi?
Il mio focus lavorativo è il B2B e i servizi che offro sono finalizzati a generare contatti qualificati per le vendite.
Il mio percorso professionale mi ha dato l’occasione di incontrare molte realtà lavorative fra cui anche molte aziende multinazionali, quindi quando per molti professionisti si è presentata l’opportunità di “switchare” sul digitale, in un certo senso la scelta è stata naturale.
Affiancando il marketing di molte aziende, ho avuto modo di apprendere logiche e dinamiche per supportare le reti vendita, progettando attività e campagne volte a stimolare e promuovere sia prodotti sia servizi per aziende.
Anche il B2B ha naturalmente subito la grande trasformazione del digital. Difatti stiamo assistendo a un cambiamento di approccio di comunicazione e, quindi, anche di marketing da parte delle aziende: da una logica outbound a una logica Inbound. Qui è importante fare una distinzione tra piccole e grandi imprese. Personalmente sto rilevando questo fenomeno: mentre le piccole realtà sono più agili e quindi più veloci a recepire il cambiamento, le grandi aziende sono più lente e faticano ad abbracciare la nuova metodologia. La giustificazione di tale diversità è data dalla loro stessa natura. Mentre le prime vivono del proprio “operato quotidiano”, le seconde, cioè le grandi imprese, quelle con un brand conosciuto e affermato, possono contare ancora sui ricavi provenienti dall’enorme lavoro di brand awareness e brand equity fatto nei decenni passati e, quindi, in un certo senso “vivere ancora di rendita”.
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Per quanto tempo le grandi imprese potranno permettersi questo “lusso”? Non sono in grado di predire il futuro, però a mio avviso è bene che si attrezzino con una certa risolutezza e decisione perché internet ha dimostrato che nuove e piccole realtà, possono “tranquillamente” superare e surclassare quelle più grandi.
Naturalmente il focus sul B2B e la nostra offerta di Marketing Automation sono anche il nostro posizionamento e la nostra forza.
Quali sono le aziende che hanno più necessità di automatizzare processi?
Faccio riferimento sempre al B2B. Potrei dire tutte, peccando forse di presunzione. Ad ogni modo, le “automation” si prestano per le aziende che sfruttano la rete, come lo strumento ideale per fare business e sviluppare il proprio mercato e essenziale in qualsiasi organizzazione dove c’è una rete vendita da supportare. Il mercato italiano è ancora un mercato in divenire, per cui la Marketing Automation si scontra ancora con resistenze culturali, che ne ostacolano in parte la diffusione e l’adozione, ma… il processo è in atto ed è irreversibile.
Basta vedere come nei mercati d’Oltreoceano, che mediamente rispetto a noi sono avanti almeno di cinque anni e più, la Marketing Automation insieme a sistemi di CRM è adottata (dati 2017) da oltre il 74% delle imprese e, oggi, è sempre più contemplata di default nei piani di investimento e sviluppo delle imprese. In merito al mercato italiano, attualmente non esistono informazioni o dati che evidenziano i settori in cui la Marketing Automation sia più diffusa. Per i mercati americani invece suggerisco la visione di una ricerca che evidenzia la diffusione della Marketing Automation divisa per settore. Pertanto a rigor di logica, posso pensare che così come si è sviluppato il mercato d’Oltreoceano, molto presto si svilupperà anche nel nostro Paese.
Infine, in quanto consulente sostengo che ogni azienda ha la sua realtà, proprie dinamiche ed equilibri e, quindi, prima di vendere un progetto di marketing automation è bene valutare caso per caso, e soprattutto senso e opportunità di adozione.
Marketing automation riguarda solo l’online?
Per natura direi proprio di sì. Ma se intendiamo la marketing Automation come parte di un processo di conversione, bisogna distinguere business da business. Ci sono processi che rimango integralmente online, come gli ecommerce, oppure processi che iniziano online e si “concludono” offline, come nel caso di un venditore o commerciale che risponde a una richiesta di un appuntamento o un preventivo generato attraverso un form online. O, ancora, a un processo iniziato offline è concluso online. Mi viene in mente il QR Code di Messenger, tramite i Chatbots, che consentono di generare un prospect da un punto vendita o altro luogo fisico, per farlo entrare in un funnel online e condurlo, dopo un programma di nurturing, a un carrello elettronico per acquistare e, quindi, convertirlo in cliente.
Quali sono le criticità più frequenti nel processo di marketing automation?
Una grande criticità (ma non solo circoscritta alla marketing Automation) è la produzione dei contenuti. Bisogna distinguere due aspetti:
• uno più grave (perché non riguarda solo i contenuti, ma il modo di sviluppare il business), ovvero la difficoltà di comprendere la metodologia dell’inbound marketing, quindi l’incapacità di produrre dei contenuti di valore per i prospect, in grado di attrarre ed educare.
Oggi ancora molte aziende producono contenuti troppo autoreferenziali che respingono al posto di attrarre.
• Un secondo aspetto invece è più specifico alla marketing Automation e riguarda due criticità:
- la non chiarezza della tipologia di contenuti da produrre e prevedere in un programma di nurturing, indispensabile per attuare quell’importante trasformazione di una contatto freddo in un contatto caldo
- In secondo luogo una regola assolutamente da rispettare: i contenuti di una campagna di Marketing Automation devono essere prodotti ad hoc e non essere riciclati da altre campagne. Ci sono tematiche, modalità e tempi ben precisi, che vanno rispettati affinché una campagna di marketing Automation funzioni e abbia successo.
Perché dico ciò? Perché queste situazioni mi si sono presentate molte volte, segno dell’incomprensione dell’importanza dei contenuti e delle loro finalità.
C’è qualcosa che non si può (e non si deve) automatizzare?
Non sono in grado di dare una risposta esaustiva a questa domanda. Ritengo sia necessario valutare caso per caso e comprendere cosa ottimizzare e cosa no.
Di certo l’apporto umano e personale in alcune fasi di un processo di conversione non è paragonabile a quello di una macchina. Ma è altrettanto vero che molte attività gestite dagli automatismi, fino a qualche hanno fa impensabili, attualmente rientrano nella normale gestione della quotidianità degli utenti e delle persone.
Cosa invece va automatizzato sempre e non viene fatto?
Riguardo l’ambito B2B, manca ancora una certa dimestichezza a intraprendere e coltivare una relazione con i prospect attraverso le automation. C’è ancora molta distanza nei confronti di questi mezzi digital, ritenuti freddi e non adeguati a scaldare e creare una relazione personale e professionale.
Ma le realtà che intendono oggi sviluppare e sfruttare le opportunità della rete, devono necessariamente acquisire e sforzarsi di credere in questi “nuovi” strumenti e modalità di operare.
Anzi, tra non molto, per la totalità dei business sarà una scelta obbligata, pena l’esclusione dai mercati e la perdita di occasioni e fatturati.
E qui mi permetto di rilevare un problema generazionale. Oggi in molte aziende i ruoli di responsabilità e dirigenziali sono ancora ricoperti da cinquantenni e sessantenni che faticano a comprendere il cambiamento determinato dalle nuove logiche del digital e, di conseguenza, rallentano od ostacolano il processo di innovazione che le imprese necessitano.
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