Matteo Rinaldi, co-fondatore di Human-Centric, cura strategie di branding che potremmo definire “antropocentriche”. È il fortunato autore di Mindset Tribale, edito da Franco Angeli nel 2023.
Gli ho posto alcune questioni importanti sul libro e di conseguenza sul futuro delle riflessioni legate al branding basato su persone e relazioni.
Ciao Matteo, ci racconti i tuoi attuali focus lavorativi?
Ciao, sono il co-fondatore di Human-Centric Group (HCG) una società che si occupa di strategie di branding che mettono al centro l’essere umano. Crediamo infatti che le parole “consumatore” o “cliente” dovrebbero essere vietate, e che si dovrebbe parlare di persone. I consumatori ed i clienti, infatti, comprano dei prodotti o dei servizi. Le persone invece vivono delle esperienze.
In HCG riteniamo che l’obiettivo di ogni brand dovrebbe essere quello di far vivere delle esperienze emozionali alle persone e che per farlo bisogni conoscerle a 360 gradi. Per questo motivo, tramite l’aiuto dei Big Data, profiliamo le persone che vivono in una determinata area geografica ed aiutiamo i marketing teams a sviluppare delle strategie in grado di instaurare un legame emotivo tra i loro brand ed i targets selezionati. Lavoriamo con clienti come Danone, Carlsberg, PepsiCo., Asahi Group, Tecnam e tanti altri.
Inoltre, ho l’onore di ricoprire la posizione di Adjunct Professor presso la LUISS Business School, dove condivido la mia esperienza e conoscenza nel campo del branding e del marketing con i futuri professionisti del settore.
Perché hai scritto Mindset Tribale ed a chi si rivolge?
Ho scritto “Mindset Tribale” come un seguito naturale al mio primo libro, “Human-Centric Marketing: prima di consumatori siamo tutti persone”, che ha raggiunto il successo con la sua seconda edizione. Nel primo libro, ho esplorato l’importanza di considerare i consumatori in un modo più olistico, ossia come individui unici anziché semplici clienti. Attraverso la mia esperienza lavorativa e le interazioni con diversi clienti, è emerso che le persone tendono a formare tribù, gruppi con interessi, valori o bisogni comuni. Questo fenomeno ha notevoli implicazioni per il campo del marketing.
In “Mindset Tribale”, ho introdotto il concetto della “swimming pool strategy”. L’idea è che anziché cercare di conquistare un vasto e frammentato pubblico, è più efficace focalizzarsi su tribù specifiche, creando connessioni autentiche e coinvolgendo le persone in un sistema chiuso, dove il messaggio può risuonare più intensamente. Questo approccio diventa sempre più cruciale nell’odierno panorama commerciale, dove parlare a un vasto pubblico senza una definizione chiara della propria tribù può risultare come gridare in un oceano di voci differenti.
In collaborazione con Luca Bertocci, mio amico e co-fondatore di HCG, abbiamo voluto condividere attraverso questo libro le nostre esperienze quotidiane nel supportare i brand a conquistare il mercato una “piscina” alla volta, una tribù alla volta. Abbiamo arricchito il libro con testimonianze significative, tra cui quella della psicoanalista Fiorella Petrì, del regista di “ULTRAS” Francesco Lettieri, e professionisti come Tiago Santos e Jordi Guitar di Danone, Jessica Abouzeid di EssilorLuxottica, Massimo Monti di Alce Nero, Mar Serrán di Origin Insights e Livio Basoli di DUDE. Questi contributi ci hanno accompagnato nel raccontare un viaggio emozionante alla scoperta delle tribù di oggi.
Il libro si rivolge in primo luogo a CEO e Marketing Director di aziende multinazionali, ma abbraccia anche gli aspiranti startupper, gli studenti universitari negli ultimi anni di studio e chiunque abbia l’ambizione di conquistare il proprio mercato di riferimento gradualmente, costruendo connessioni autentiche una tribù alla volta.
In cosa si differenziano le tribù di cui scrivi e cosa invece le accomuna tutte?
Le tribù di cui parlo nel libro sono varie e diverse. È importante sottolineare che ciascuno di noi fa parte di diverse tribù, che possono avere interessi e passioni molto variegati. Ad esempio, come nel caso del mio cugino, che è un Harleista, vegano e appassionato di padel.
Ciò che accomuna tutte le tribù è la presenza di un linguaggio, di riti e di valori condivisi. Questi elementi costituiscono l’identità della tribù e sono ciò che unisce i suoi membri. Ad esempio, potrebbe essere un linguaggio tecnico specifico utilizzato all’interno di una tribù sportiva, o dei rituali di preparazione prima di una partita. Ogni tribù ha dei suoi valori che a volte possono essere simili a quelli di altre tribù, ad esempio, non tutti gli Yogin sono Vegani ma entrambi i membri delle due tribù condividono l’amore per la natura e per l’avere uno stile di vita salutare.
Tuttavia, le tribù si distinguono principalmente per le loro passioni e interessi unici. Possono formarsi attorno a un determinato sport, una tipologia di bevande, un animale, un luogo geografico, un brand o persino un influencer. Ogni tribù può avere un focus diverso e coinvolgere persone con background diversi, ma ciò che conta è l’emozione e il senso di appartenenza che esse creano tra i membri.
In definitiva, mentre le tribù variano ampiamente per i loro interessi specifici, sono legate dall’elemento umano, dalla condivisione di valori e dalla creazione di una comunità che offre un senso di identità e appartenenza.
Come individuare i canali più efficaci per comunicare alla propria tribù di riferimento?
Individuare i canali più efficaci per comunicare con la propria tribù di riferimento richiede un approccio attivo e partecipativo. È importante comprendere che le tribù vanno oltre lo studio teorico, richiedono un’immersione diretta per comprenderle appieno.
Un esempio eloquente che racconto nel libro è la strategia adottata dal marketing team di Danone Italia guidato da Jordi Guitart, che ha lanciato il brand HiPro, uno yoghurt dedicato ai crossfitters. Per raccogliere degli insight rilevanti per mesi il team ha frequentato i “box” (così vengono chiamati i luoghi dove ci si allena a diventare un crossfitter) per esperire in prima persona l’ambiente e le esigenze della tribù.
Non esiste un’unica risposta per individuare i canali giusti, ma ci sono approcci strategici che possono guidarti. Identificare i luoghi fisici e gli eventi in cui la tribù si raduna è fondamentale. Questo può includere fiere, conferenze, festival, incontri sociali o online. L’obiettivo è interagire con la tribù in modo naturale e significativo, cogliendo l’opportunità per condividere il tuo brand.
Un altro esempio interessante che l’Amministrato Delegato di Alce Nero racconta nel libro è che per entrare nel cuore della tribù dei biolovers, ha promosso Alce Nero al Festival della Letteratura di Mantova sapendo che in questo luogo avrebbero avuto l’opportunità di incontrarli e consolidare il loro rapporto con loro intercettandoli in un luogo insolito ma in linea con il loro stile di vita.
Quali sono le disattenzioni più gravi quando si approccia al proprio pubblico di riferimento (tribe)?
Ci sono alcune gravi disattenzioni che possono verificarsi quando si affronta il proprio pubblico di riferimento, la propria tribù. Ecco alcune delle più significative:
Approccio di vendita invasivo: Una delle peggiori scorciatoie è cercare di vendere in modo insistente ai membri della tribù. L’obiettivo dovrebbe essere quello di aiutare la tribù a crescere e prosperare. Un approccio più efficace consiste nell’offrire valore e supporto. Ad esempio, come ha fatto HiPro, che ha contribuito alla crescita della tribù dei crossfitter offrendo lezioni con personal trainer a chi acquistava il prodotto. Questo tipo di coinvolgimento costruisce un legame autentico e crea un valore aggiunto per la tribù: “the best marketing doesn’t feel like marketing”.
Assenza di strategia: Spesso le aziende decidono di rivolgersi a una tribù senza un piano strategico ben definito. È cruciale considerare le caratteristiche del prodotto, il posizionamento del brand ed il suo DNA. Questo è un passo fondamentale per assicurarsi che la comunicazione sia coerente e allineata agli obiettivi del brand.
Carenza di autenticità: Le tribù, che siano crossfitters, yogin, gamers o altri, riconoscono istantaneamente quando un brand non è autentico nel suo approccio. È essenziale comprendere a fondo il microcosmo della tribù, utilizzare il loro linguaggio e dimostrare una genuina conoscenza e apprezzamento per i loro valori e interessi. La mancanza di autenticità può portare alla perdita di credibilità e al distacco della tribù.
In sintesi, evitare un approccio di vendita invasivo, sviluppare una strategia ben definita che rispecchi l’identità del brand e comunicare in modo autentico sono elementi chiave per stabilire un legame duraturo e proficuo con la propria tribù di riferimento.
In ultimo, ci lasci qualche indirizzo per restare aggiornati sul tema?
Certamente, sono felice di condividere alcune risorse per rimanere aggiornati sul tema. Ecco alcuni indirizzi che potrebbero esserti utili:
LinkedIn:
Il mio profilo personale: Matteo Rinaldi su LinkedIn: https://www.linkedin.com/in/mttrinaldi/
Profilo LinkedIn di Human-Centric Group: https://www.linkedin.com/company/human-centric-group/mycompany/?viewAsMember=true
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Il mio profilo Instagram: Matteo Rinaldi https://www.instagram.com/matteorinaldi_hcm/
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