Valentina Vellucci ha da poco fatto uscire un libro sul Relationship marketing. L’ho letto e l’ho trovato davvero bello (ci ho anche fatto una diretta), così le ho chiesto di rispondere a qualche domanda per aiutarci a contestualizzare meglio il suo lavoro. Ringrazio Valentina e auguro a voi tutti una buona lettura.
Ciao Valentina, ci racconti i tuoi attuali focus lavorativi?
Il recente switch da agenzia ad azienda ha spostato il focus che ho sempre avuto sul social media marketing al marketing in toto nel B2B.
Approccio il marketing dal punto di vista lavorativo, divulgativo e dal punto di vista della formazione.
Sto lavorando molto su processi di fidelizzazione, media relation e su una lettura degli insights data driven estremamente integrata al mondo sales, data la necessità sempre più impellente di avere una panoramica globale e consapevole sui progetti gestiti e avere sempre un occhio fisso sull’evoluzione di mercato.
E si, in tutto questo, il marketing relazionale è un asset strategico che si sta rivelando sempre più presente nel mio attuale lavoro.
E dunque, che cos’è il marketing relazionale?
Per sua definizione, il relationship marketing è quella disciplina che si focalizza sulla crescita del business attraverso la fidelizzazione dei propri clienti. Per questo motivo, il relationship marketing è la più socioculturalizzata fra le leve del marketing.
Il relationship marketing è, in tutto e per tutto, una voce di investimento all’interno dei piani marketing, che si basa su
• costruzione di nodi di interesse
• sviluppo dei nodi di interesse
• valorizzazione dei nodi di interesse
• polarizzazione dei nodi di interesse
• fortificazione dei nodi di interesse
• trasferimento dei valori dalle “teste di ariete” (influencer o kol, key opinion leader) dei nodi di interesse a “fattori moltiplicatori” esterni alla rete iniziale sulla base delle credibilità.
In sostanza, in un buon piano marketing, dovrebbe esserci una voce di costo e di obiettivo divisa fra “carichi uomo” e “spese esterne” per attuare strategie di relationship marketing. Questa voce, a sua volta, dovrebbe avere non solo un “costo”, ma anche una MISSION da perseguire per stabilirne i parametri di successo.
Ci racconti invece del taglio editoriale che hai voluto dare al tuo libro sul relationship marketing?
Ho cercato di dare un taglio costruttivo e non solo “destruens”. Ho cercato di fornire un percorso di formazione al di là degli strumenti, che fornisse interventi da cui essere ispirati. Ho cercato di bilanciare la visione critica e spesso negativa sui fail, con esempi utili da cui trarre il meglio per il proprio brand.
Si tratta di un taglio volutamente non “sui tool” e volutamente strategico, per dare modo di vedere da lontano le cose vicine e da vicino le cose lontane.
Non è un manuale di Digital PR, ma si parla di PR. Non è un manuale social, ma di parla anche di social. Non è un manuale di CRM, ma si parla anche di CRM. Non è un manuale di reputation marketing, ma si parla anche di reputation.
Il taglio, didattico e allo stesso tempo professionalizzante, ha l’obiettivo di spingere chi legge a guardare il proprio business da un punto di vista diverso
In cosa consiste il capitale social(e) dei brand di oggi?
Il marketing delle relazioni si basa sulla capacità reciproca di costruire una memoria comune positiva. Questa memoria comune positiva ha origine da un audience interno e da un audience target/esterno, ovvero il capitale social(e) viene originato da dipendenti, collaboratori, clienti (ex-clienti), stakeholder e prospect.
Questi “cluster” trovano nel social (e nel digitale) un punto di contatto con il brand: in questo modo il capitale sociale muta in capitale social(e) poiché i social diventano il non-luogo delle relazioni dirette e indirette fra marca e pubblico.
La reputazione, da un punto di vista interno, esterno e potenziale, in combo con la memorabilità di un brand, sono i pilastri del capitale social(e) dei business di oggi che potranno accelerare la resa del loro investimento solo attraverso azioni di trust non finalizzate alla vendita ma alla scalata del TOP OF MIND dei propri pubblici.
Quali sono gli errori più comuni nell’implementazione di questo tipo di strategia?
La fretta di arrivare alla vendita, l’incapacità di capire la lunghezza temporale di un percorso di conversione, l’ingordigia di colpire sempre nuovi target dimenticandosi dei vecchi, la miopia delle azioni di green/pink/washing per cavalcare trend ed essere il brand di tutti anziché dare seguito al proprio asset di Brand per paura di “non essere fighissimi sui social”.
E ancora, la convinzione di essere “più furbi” del proprio audience e l’incapacità di investire in tecnologie di analisi dati e fidelizzazione sono i principali errori che rendono il relationship marketing una tattica scadente e non un driver strategico per potenziare il proprio business.
Come ultimo aspetto, porto questo: il relationship marketing è un asset strategico. Pensare che costituisca gli investimenti di advertising è una pia illusione: il marketing relazionale funziona in un approccio olistico dove il mindset omnichannel è necessario per una visione globale dei pus e dei minus del proprio marchio nel mercato di riferimento.
In conclusione, puoi lasciarci qualche spunto sito-bibliografico?
Assolutamente sì: con molto piacere.
Bettentini Maria, Storia della Bugia, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2001
Calvino Italo, Lezioni Americane, Mondadori, Milano,2012
Carofiglio Gianrico, La manomissione delle parole, Rizzoli, Milano, 2010
Centenaro Luigi, Sorchiotti Tommaso, Personal Branding, Hoepli, Milano, 2013
Eco Umberto, Il superuomo di massa, Bompiani, Milano, 2005
Godin Seth, Tribù, Sperling & Kupfer, Milano,2009
Grant Adam, Essere Originali, Hoepli, Milano, 2016
Luttazzi Daniele, La guerra civile fredda, Feltrinelli, Milano, 2009
Schelling Thomas C., Micromotivazioni della vita quotidiana, traduzione di Salvatore Serù, Bompiani, Milano, 2008
Smith Mari, The new relationship marketing, Wiley, 2011
Queste sono alcune delle letture che mi hanno accompagnata durante la stesura di questo libro.
Sul mio sito (valentinavellucci.substack.com) raccolgo storie di relazioni in ambito lavorativo per la gestione dei momenti “bui”: mettiamola così, il lato oscuro del marketing relazionale a livello personale.
Mi permetto di dare anche due spunti “video-bibliografici”.
L’avaro, diretto da Tonino Cervi, con protagonista Alberto Sordi.
La serie tv The Office (UK), con particolare attenzione al rapporto fra Michael e Ryan. Il titolo originale di questo volume doveva essere una delle citazioni di Michael Scott sulla sua idea di legame fra business e vita personale.
Chi leggerà il libro capirà il perché di questi due ultimi spunti.
Grazie per lo spazio e il tempo che mi sono stati concessi.
A presto