Non c’è che dire, il web marketing con tutte le sue discipline e gli strumenti operativi, richiede conoscenze tecniche sempre più vaste. Ad esempio una volta per fare SEO era sufficiente conoscere l’HTML, mentre oggi è importante saper riconoscere la differenza tra elementi di programmazione diversi come quelli che generano chiamate asincrone o la marcatura semantica del layout di pagina.
Gli specialisti per singola branca del web marketing devono “spaccare il capello” e in un certo senso questa necessità di apprendere per rimanere al passo coi tempi, li allontana dall’essenza del nostro lavoro: facciamo comunicazione e ce ne dimentichiamo.
Scordiamo di fare comunicazione
Fare comunicazione in regime di informatica deve tenere conto che abbiamo almeno due macro tipologie di interlocutori, la prima è composta da software che devono valutare il nostro operato in senso tecnico, la seconda da persone che fanno lo stesso, ma dal loro punto di vista utilitaristico, individuale e (si spera) condiviso da più individui.
Banalmente, se ci chiediamo quale debba essere la quantità minima di termini per pagina più adatta per un sito web che pubblica 4 articoli alla settimana, stiamo affrontando il web marketing in termini meramente quantitativi e tutto sommato ingenui. Un problema sono i cattivi maestri, quelli che nel tempo hanno parlato a sproposito della quantità di testo e del rapporto esatto tra parole chiave e numero di termini in pagina, ma i primi responsabili siamo noi stessi quando osservando le pagine di risposta di Google generate per query qualunque, ci convinciamo che la quantità di testo sia una forte discriminante della rilevanza di pagina. L’errore è quello del tacchino induttivista di cui ci parla Bertrand Russell, secondo cui, l’induzione non può dimostrare la validità di una teoria, solo aumentare via via la probabilità.
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Da una parte abbiamo dunque la quantità di testo in pagina, dall’altra l’idea che ci facciamo di tale quantità. Il grosso errore di attribuzione è credere che un testo più o meno lungo venga più o meno apprezzato dagli utenti e dunque da Google proprio in virtù della sua lunghezza e al di là di tutto. Ragioniamo così dimenticando di essere noi stessi fruitori di pagine web. Ma quando cerchi un’informazione su qualcosa che ti interessa, valuti la qualità del contenuto dalla sua lunghezza o da cosa c’è scritto? Soprattutto, giudichi il testo di per sé o per caso valuti (magari in modo inconsapevole) anche altri elementi come l’interlinea, le dimensioni del font o la lunghezza del rigo? Ma poi, al di là di tutto, sei sicuro che nella tua valutazione da utente “normale”, non rientrino sempre inconsapevolmente aspetti come il tempo di apertura, la presenza e la disposizione di contenuti multimediali o quella di call to action mirate? Insomma un conto è la lunghezza del testo, altra cosa è la comunicazione.
Due progetti uguali
Per restare nel filone delle domande epiche sul web marketing posso farti un altro esempio che dice tanto:«Se ho due progetti uguali sui quali faccio arrivare backlink in modi e tempi diversi, riuscirò a valutare la reale efficacia della link building?»
Una domanda del genere è talmente piena di problemi che l’unica cosa sensata al suo interno è il punto interrogativo. Se non riesci a coglierli subito è perché pensi ancora a come fare posizionamento su Google invece che alla SEO. È chiaro che se la rilevanza è data dalla lunghezza del testo in sé, possono esistere due o più progetti uguali, ma se ciò non è vero, dire che due siti web possano essere uguali è come dire che due persone possono essere identiche. Ma a veder bene, anche i gemelli monozigoti presentano differenze. Un secondo problema della domanda precedente riguarda l’approccio quantitativo alla link building. I backlink non si valutano più in base a metriche standard come page e domain authority, ma sulla base della rilevanza del link per gli utenti che li trovano in pagina, quindi su aspetti qualitativo/comportamentali che devono essere al centro dell’attenzione di chi fa comunicazione sul web.
Conclusioni: dimentichiamocene un po’
Quando dico che sappiamo troppe cose in realtà mi riferisco ai difetti di conoscenza che ci portiamo tutti dietro e che sono legati alla logica induttiva tipica della nostra cultura occidentale. Non dovremmo mai perdere di vista gli aspetti tecnici legati alla codifica, ma allo stesso tempo non dovremmo mai scordare che i nostri contenuti vengono fruiti da persone vere con problemi veri.
Persone a cui nessuno ha spiegato che un testo lungo è meglio di uno breve.
E se anche lo sapessero, quanto pensi che gliene importerebbe?