Sappiamo bene che Google utilizza i segnali comportamentali per validare la qualità di un contenuto, laddove non sia in grado di capire da solo se un testo sia giusto o sbagliato rispetto all’argomento che pretende di trattare. Ora, se è vero che il primo segnale comportamentale è il click sul risultato, è molto probabile che l’incidente del “Bug” su Discover abbia prodotto danni anche nelle serp di Google web, perché avrà diminuito di molto i segnali comportamentali su siti web che in virtù di questi ottenevano anche buoni risultati in serp, facendoli peggiorare anche lì. Non è dunque strano che i siti buttati fuori da Discover abbiano person anche molto terreno anche su Google web search.
E quindi?
Mentre testi soluzioni per tentare di tornare su Discover, potresti valutare di riprendere traffico (e segnali comportamentali) a partire dai social network. Come? Beh, qualche giorno fa, mentre commentavo indispettito su facebook la foto di un cantiere edile insieme ad altri utenti diversamente giovani, mi sono imbattuto in un post di Salvatore Aranzulla, questo qui.
Il post era stato pubblicato tre ore prima con il solo testo “Come estendere il segnale wireless”, identico al titolo dell’articolo. Ora dopo tre ore, solitamente sotto i post di Salvatore ci sono già tipo 300 commenti, ma stavolta non ce n’era nessuno. Pensai fosse strano finché non capii che non c’era niente da commentare, perché il titolo era semplicemente e genericamente utile a chi avesse quel problema, cioè in quel momento nessuno.
In quel momento ho pensato che se Salvatore avesse intitolato il post “Come ruotare l’antenna del router”, lì sotto sarebbe scoppiato il pandemonio. L’articolo con quel titolo visualizzato su facebook avrebbe attirato commenti e click a non finire. Ma sarebbe stato scorretto nei confronti degli utenti? Niente affatto, dipende da come ti poni nel contenuto e come lo presenti.
Sai già che le principali piattaforme come WordPress consentono di avere un titolo SEO – tag title – e un titolo per i social. Questa doppia opzione viene fornita proprio per consentire ai publisher di avere maggior mordente sui social network. Ecco che dunque l’articolo poteva conservare come titolo SEO “Come estendere il segnale wireless”, ma come titolo per i social “Come ruotare l’antenna del router”.
A questo punto Salvatore se la sarebbe potuta giocare nel testo del post, scrivendo qualcosa come “Stai pensando a come estendere il segnale wireless? Beh, puoi provare a ruotare l’antenna del router, oppure leggi l’articolo per scoprire tutti i modi più efficaci“. In questo modo avrebbe catturato l’attenzione, fatto sorridere e interagire come al suo solito e soprattutto non avrebbe postato un titolo ingannevole, perché all’interno del post sarebbe andato a riprendere ironicamente la storia dell’antenna ruotata, lasciando comunque il titolo SEO giusto.
I titoli diabolici
Se l’esempio che ti ho fatto resta nell’alveo della tollerabilità, magari strappandoti un sorriso, tieni presente che soprattutto in passato, anche grandi realtà editoriali hanno davvero tirato troppo la corda, proponendo titoli social davvero malefici e offensivi per attirare click. Gli utenti ci cliccavano sopra allibiti per poi arrivare in pagina e trovare un titolo e una storia completamente diversi e slegati.
Questo tipo di condotta scorretta – soprattutto da parte di un giornale – può condurre ad abbandoni rapidi con conseguenze negative proprio rispetto ai segnali comportamentali, o peggio a segnalazioni per contenuto ingannevole o proprio per spam.
Quindi insomma, se vuoi fare qualche test cambiando il titolo social per avere più mordente, ricorda sempre la differenza tra strappare una risata e prendere in giro le persone
E magari non fare cose che ti vergogneresti a raccontare durante una conferenza.