Paolo Schianchi, consulente e formatore di visual marketing e visual, culture | Autore | Docente di Visual Communication e Interaction Design presso IUSVE, è autore di Visual Journalist, pubblicato con Franco Angeli Editore. Di seguito le risposte alle mie domande, per introdurre il libro e l’attività del visual journalist.
Ciao Paolo, ci racconti i tuoi attuali focus lavorativi?
Il mio settore di studio professionale e accademico unisce la visual culture al visual marketing. In parole semplici studio le immagini e la loro influenza comunicativo-persuasiva, nonché la “forza” che esercitano nel creare conoscenza, opinioni o percezione del mondo.
Ultimamente sto lavorando sull’archeologia visuale, applicabile anche nel ramo professionale e culturale dell’interazione con l’intelligenza artificiale. Le immagini generative sono infatti il risultato del più grande archivio mai esistito: la rete. Un cambiamento che sta portando nuovi interrogativi a cui si devono delle risposte, sia teoriche che pratiche.
Raccontando le basi di questa nuova ricerca mi piace ricordare che quanto vediamo è nuovo solo perché lo abbiamo dimenticato. E l’archeologia visuale, di conseguenza, insegna come decodificare i frammenti visivi provenienti dal passato, presenti in una raffigurazione, con cui lavorare per essere compresi in ogni ambito divulgativo.
Questa esplorazione culturale la sto raccogliendo in un testo teorico-pratico che uscirà nel 2025.
Come hai strutturato il tuo Visual Journalist e a chi si rivolge?
Data la complessità dell’argomento ho cercato di dare a questo volume una struttura semplificata, al fine di passare le nozioni teoriche di base, indispensabili sia ai giornalisti che ai lettori o, meglio, agli osservatori.
Se ci si pensa oggi, essendo tutti sempre di fronte a uno schermo, sono molte più le immagini che guardiamo rispetto ai testi che leggiamo. E da qui la necessità di conoscerne il lessico, altrimenti si rischia di diventare degli “analfabeti visivi” e perdere la possibilità di distinguere il vero da falso. Almeno se si vuole avere una visione critica dei fatti.
Il testo quindi, anche grazie agli esempi che riporta, si rivolge a qualsiasi persona voglia fare un passo in avanti verso la conoscenza e la comprensione di quanto sta guardando.
Come stanno cambiando le modalità di fruizione delle notizie sul web?
Prima arriva l’immagine e in seguito il testo.
Il web è prevalentemente visivo e pertanto anche una notizia la interpretiamo principalmente guardando. Ogni informazione è in effetti direzionata dalla raffigurazione che il giornalista, o chi per lui, ha scelto allo scopo di attrarre l’attenzione del pubblico di navigatori in rete. Ed è in quel primo approccio visuale che si genera un’opinione in merito alla tematica tratta. Un principio del pensiero che direziona la comprensione del testo.
Si potrebbero fare molti esempi, ma giusto per capire, se voglio presentare l’intelligenza artificiale e diventa un robot femmina bella e di origine asiatica o un giovane maschio con il cappuccio della felpa alzato, in modo da non mostrare il volto, la lettura di quanto arriverà dopo, dal titolo al testo, cambia. Come muta se la presento attraverso degli schemi neuronali o delle grafiche in movimento in cui fluttuano parole e segni.
Va quindi ricordato che le notizie nel web vengono interpretate e indirizzate percettivamente attraverso l’immagine mostrata nei primi secondi di apparizione su di uno schermo.
Quali sono a tuo avviso gli errori più comuni rispetto all’offerta di informazioni sul web?
Qui sono di parte: un cattivo o errato utilizzo delle immagini.
Si pensi a come un caso di questo tipo sia alla base di molte crisi comunicative, a cui in seguito si deve far fronte. Una situazione da comprendere e anticipare, perché spesso ci si dimentica di indagare cosa gli altri capiscono di quanto facciamo vedere, mentre si è più concentrati su cosa riteniamo bello e di gusto.
Entra così in gioco un’altra tematica fondamentale: la bolla di compressione del buono o cattivo gusto individuale, spesso non messo in relazione con quello degli altri.
E da lì un susseguirsi di incomprensioni comunicative, comprese quelle giornalistiche. In più, interviene il tema delle fake images e la loro etica che esce dai binari tradizionali.
Tutti casi in cui è facile commettere errori.
Quanto e perché questo libro può essere utile alle aziende oltre che ai giornalisti?
Le aziende oggi comunicano attraverso nuovi canali e stanno affrontano nuovi panorami informativi per inserirsi in un mercato sempre più visivamente complesso. Per questo motivo hanno la necessità di comprendere come utilizzare le immagini e la loro influenza sui consumatori, partner e dipendenti.
Si pensi per esempio ai brand magazine, alle presentazioni con slide, all’attivismo sociale a cui molte si stanno affacciando o a un semplice comunicato stampa, per non dimenticare l’uso dei social network -l’ambiente più visivo che ci sia- oppure all’immagine reputazionale a cui aspirano. Tutti ambiti dove le raffigurazioni dominano e ai quali le aziende devono dedicare attenzione, sia in fase di scelta che in quella di creazione di un brief.
Le immagini non coinvolgono quindi solo l’ufficio comunicazione, ma pure quelli del marketing, della vendita e delle relazioni interpersonali, compresa la presenza in fiere ed eventi.
In fine va ricordato che le raffigurazioni non sono solo quelle che mostriamo attraverso uno scatto fotografico o un’illustrazione, ma pure l’immagine che resta nel pensiero di chi guarda.
E qui accenno brevemente a una parentesi complessa: le immagini mentali sono a tutti gli effetti raffigurazioni con cui si può lavorare.
In ultimo, ci lasci qualche link per restare aggiornati sull’argomento?
Può apparire un controsenso, ma per ora sono molti più i volumi che ne parlano rispetto ai siti che ne fanno tesoro.