La SEO è morta è un’espressione ormai storica del web marketing. Indica la caduta di interesse nella disciplina dell’ottimizzazione per i motori di ricerca a seguito della crescita di interesse nelle strategie multicanale.
Una strategia multicanale è un modello comunicativo che utilizza più piattaforme diverse in tempi diversi o simultaneamente per catturare l’attenzione uno o diversi pubblici di riferimento, con lo scopo di generare nuovi lead o di convertire direttamente all’acquisto. La multicanalità è una caratteristica che avvicina il web alla televisione. Ora provo a spiegarmi meglio.
Internet è l’infrastruttura su cui funziona il world wide web (per gli amici solo web), un servizio come ce ne sono altri, che per via della sua pervasività nelle nostre vite viene scambiato con l’internet. Confonderli è un errore, ma solo fino a un certo punto.
Il web è la TV
Attraverso il web abbiamo imparato storicamente a conoscere e utilizzare i motori di ricerca come Google e a farvi riferimento come porta d’accesso alle informazioni, a TUTTE le informazioni. 20 anni fa era così e ancora oggi Google.it – specifico l’estensione perché mi riferisco al motore di ricerca – riceve ed elabora circa 3 miliardi di query al giorno. Se all’epoca non c’era navigazione web che non fosse preceduta da una ricerca, oggi il ruolo degli utenti è molto meno attivo di prima perché il “web” è diventato in molta parte una catena di canali da “intrattenimento” che vengono fruiti nelle non situazioni, nei non luoghi. Aspetti un treno e (per fortuna) invece di accenderti la sigaretta, recuperi lo smartphone dalla tasca e ti metti a guardare compulsivamente i post sulla bacheca di Instagram. È esattamente come guardare la TV, solo che al posto dello zapping c’è lo scrolling, ma quello è.
La multicanalità è la morte della SEO (?)
È a partire da questa condotta diffusa che nascono le riflessioni sulla multicanalità applicata al web marketing. Si è colto il non senso dell’aspettare che qualcuno faccia un ricerca su Google per un prodotto o servizio di interesse. Non ha senso perché da un lato la competizione sul posizionamento nei motori di ricerca ha raggiunto livelli inenarrabili e dall’altro Google ci ha messo il carico da novanta, rendendo spesso meno accessibili – quando non proprio nascosti – i risultati organici.
[adrotate banner=”1″]
La SEO è (sarebbe) morta perché se il web si trasforma in una rete di canali tematici, ciascuno basato sulla logica del flusso di informazioni personalizzate, allora saranno i prodotti e i servizi di tuo interesse a raggiungerti in base alla loro tipologia e al canale fruito. Scrolli Instagram e tra un post e l’altro ne trovi uno che mostra la borsa dei tuoi sogni o qualunque altro oggetto del TUO desiderio.
Ed è proprio qui il nodo. Nelle logiche di flusso, i canali ultra-tematici e iper-personalizzati riescono a mostrarti esattamente quello che ti piace, quello che vorresti, non sempre ciò che ti serve. Avrebbe senso dire che la SEO è morta se le persone fossero sinceramente interessate a un certificato catastale, a un idraulico, ad acquistare una macchina per misurare la pressione. Fin quando però queste cose talvolta necessarie non entrano nella sfera degli interessi personali, sarà difficile farle rientrare nelle riflessioni fatte fin ora sul posizionamento multicanale. Le persone continueranno a cercare su Google ciò che gli serve, ma non gli interessa… e finché le persone continueranno a fare ricerche, esisteranno i SEO.
Infine, gli aspetti tecnici
A monte di tutte queste riflessioni sull’utilità, la necessità e l’interesse, soprattutto considerando che per molte passioni la “guerra” sui motori di ricerca sarà ancora per molto tempo accesissima, vorrei lasciarti riproponendoti un post di qualche giorno fa, lanciato nel gruppo dei Fatti di SEO:
Ma quando un sito e-commerce con 1.000 prodotti tra borse, zaini, valigie e accessori, si ritrova 100.000 pagine scansionate in copertura indice sulla Search Console, chi pensi di chiamare, il consulente Instagram?