Negli ultimi tempi faccio una gran fatica a chiarire il mio pensiero sui nuovi criteri di valutazione delle pagine web da parte di Google. Proviamo a riassumere:
L’anno scorso Google ha “sbarellato” a causa di milioni di contenuti fatti con intelligenza artificiale e buttati in rete per far denari.
Di conseguenza Google ha dovuto dare una stretta clamorosa colpendo anche chi faceva un buon lavoro, ma senza un brand forte. In questo scenario si è aperto un filone polemico sul fatto che diversi brand forti sarebbero in realtà stati colpiti duramente a partire da ottobre 2023, perdendo già molta visibilità organica. Altri invece sono rimasti lì dov’erano, forse per via dei circuiti di monetizzazione.
Ma queste voci secondo cui Google premierebbe solo i brand di un certo tipo penalizzando altri, andrebbero valutate a partire dalla consapevolezza di cos’è un brand e cosa invece è “solo” un progetto molto visibile. Provo a fare un esempio:
Al mio paese tutti conoscono le facce degli impiegati dell’ufficio postale. Queste persone fanno un ottimo lavoro, ma nessuno conosce in realtà i loro nomi, né sa niente di loro. Si sa solo che faccia hanno e che sono mediamente bravi nel loro lavoro.
Sempre al mio paese c’è un “torronaro” che si chiama Franco Cataruozzolo. A parte che fa un torrone fuori dal mondo, tutti lo conoscono per i modi garbati e lo sguardo gentile.
La questione è che i primi sono sostituibili, invece Franco no, perché nessuno fa il torrone come lui… e scusate se è poco. Ora tornando sul web, secondo me si fa una gran confusione tra siti storicamente anche molto visibili e progetti web con dietro un brand. La sostanziale differenza è che i primi nel corso del tempo hanno fatto un lavoro certamente accurato rispetto alla SEO e alla produzione di contenuti, mentre i secondi hanno:
- lavorato su più canali;
- curato relazioni;
- messo la faccia o comunque dato un’impronta personale al progetto;
- fatto crescere e nutrito continuamente una community.
Ci sono siti che ad oggi hanno una enorme visibilità nei motori di ricerca, ma che rispetto al brand, proprio non esistono, nel senso che gli utenti ne fruiscono i contenuti senza spesso nemmeno sapere dove si trovano. Questi siti – di cui nessuno parla mai – sono i migliori candidati a finire danneggiati da un update di Google, mentre quelli con un brand vero restano sempre lì, con la pioggia e con il sole.
Per farti un esempio significativo, posso chiamare in causa il mio amico “Dado” Corrado Bertonazzi, che negli ultimi anni è diventato probabilmente il divulgatore più influente tra i batteristi italiani. E scusate sempre se è poco.
Avendo notato che il sito di Dado è primo su Google per la query “corso di batteria”, gli ho posto alcune semplici domande. Le sue risposte sono disarmanti per qualunque SEO. Eccole:
1) Quanta SEO hai dovuto fare per arrivare a quel risultato di posizionamento?
Non ho seguito delle regole canoniche, ho scritto io l’articolo pensando a quali potessero essere le parole chiave più utili. Di fatto riprendo quello che scrivo nella landing della pagina del corso.
2) Hai realizzato da solo il sito o ti sei fatto seguire da professionisti?
Ho fatto tutto io consigliato anni fa dal grande Robin Good. Inoltre il mio sito è su Medium.com che permette ben poco editing.
3) Sei sempre stato così visibile nei motori di ricerca o lo sei diventato solo da un certo momento? E quando?
Qualche anno fa ho preso qualche consulenza sulla SEO e ho capito che dovevo sistemare meglio il sito web, così ho corretto vari articoli e ne ho scritti di nuovi dove pensavo che le parole chiave fossero mancanti.
Sinceramente non sono consapevole della mia visibilità attraverso Google, la mia attenzione è molto più focalizzata su YouTube e sui social network. Non saprei neanche dirti quante visite fa il mio sito, onestamente. Aggiorno pochissimo le pagine, mea culpa!
4) Ma soprattutto, di essere primo su Google, quanto te ne importa effettivamente? Quanto business fai da lì?
Sicuramente mi interessa molto, ma investo continuamente per far crescere YouTube e i social, cercando di arrivare al pubblico nuovo anche attraverso funnel legati a corsi gratuiti e lead Magnet.
Conclusioni
Le risposte di Dado mi offrono la conferma che la chiave del posizionamento organico è in questo esatto modo di lavorare. Dunque, prima (o invece) di lamentarti che Google è brutto e cattivo, perché ha colpito il tuo blog, prova a fare “posizionamento” del tuo brand con un progetto che anche da lontano e di sfuggita somigli a questo. Succederanno due cose, la prima è che Google sarà praticamente costretto a darti rilevanza, la seconda è che arrivato a un certo punto, non te ne fregherà nemmeno più di tanto.
La SEO sta alla visibilità, come il posizionamento sta alla popolarità.
È più chiaro detto così?