I profili fake sono quelli finti. Vengono utilizzati dalle persone per i motivi più disparati, dallo spionaggio sentimentale a quello aziendale, con implicazioni sul marketing. Di queste implicazioni parliamo, assumendocene la responsabilità. Quantomeno mettendoci la faccia.
Le aziende devono comunicare in prima persona con tono di voce umano, con la volontà di partecipare alla socialità e stare al fianco delle persone a cui si rivolgono. Le aziende devono essere “personali”, anche quelle grosse. L’acquisto non deve avvenire come esperienza singola ed estemporanea, ma come atto inserito nel racconto del viaggio identitario che porta le persone a riconoscersi nei valori di un brand, a rispecchiarsi in essi. È a questo che le aziende puntano.
Il lavoro sporco
Tutto molto bello, finché non ti accorgi che un racconto non coincide quasi mai con tutta la verità, ma solo con una parte di essa, finemente tagliata e ricucita per essere funzionale a uno scopo. Quando parli di te ad un colloquio di lavoro racconti solo cose utili a fare bella figura, non tutte le magagne che ti connotano e ti costituiscono intimamente. Si pratica una selezione, si passa la propria vita e la propria comunicazione attraverso un filtro da cui si esce immacolati, bianchi che più bianchi non si può.
Quello che non vediamo nella comunicazione business è il continuo battibeccare tra aziende mediante profili fake creati per lavorare sul brand dall’esterno, proteggendolo e/o screditando i brand concorrenti. Una guerra sanguinosa e senza quartiere si consuma ogni giorno nei forum, sui commenti nei blog tematici e sui social network. È di questo che parliamo.
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Facciamo un esempio: un brand che produce latticini viene attaccato su forum alFemminile da chi sostiene che negli stabilimenti allunghino il latte con acqua e piccole quantità di gesso come addensante. L’accusa è talmente folle che una risposta diretta da parte dell’azienda potrebbe essere ritenuta un passo falso e insospettire i cospirazionisti della prima ora.
A questo punto entra in scena una biologa dell’università (di quale?) che sostiene di aver fatto esami sul latte di 10 aziende italiane e aver trovato il brand sotto accusa tra i migliori in assoluto per la qualità del latte a differenza di altri marchi che invece avevano seri problemi di contaminazione batterica. Un rimpiattino senza fine in cui nessuno può beccarsi una querela perché nessuno è rintracciabile. Nessuno è rintracciabile perché nessuno esiste.
Nessuno esiste!
È arrivato il momento di rispolverare l’Odissea. Quando dico che “Nessuno esiste” dico proprio che esiste! Coi profili finti si spostano opinioni, si protegge e si offende nascosti da un velo pur sottile, ma che gli utenti non hanno il tempo di spostare, vittime come sono della fretta di trovare un posto nel mondo o cose così. Le insinuazioni, anche quelle assurde, se sostenute in modo perentorio e strisciante finiscono col somigliare alla verità e possono influenzare l’opinione complessiva rispetto a un brand. Piccole cose che alla fine incidono sulle scelte d’acquisto finali. Là fuori ci sono interi ecosistemi di blogger, altro che profili fake, ciascuno con il loro seguito piccolo o grande, intenti a suonarsele di santa ragione parteggiando nell’ombra per questa o per quell’azienda, pagati in prodotti o in chissà cosa, certo non in dignità.
Si lascia dunque che siano i vari Nessuno della rete a giocare il ruolo della fanteria nelle guerre moderne, mentre la cavalleria (appunto le aziende) scendono in campo solo quando il gioco vale la candela, quando la situazione lo richiede, quando è tassativo.
Nessuno fa SEO
Una delle implicazioni più interessanti dell’attività di comunicazione mediante i profili fake è il mentioning mediante attività di comment marketing. Una buona presenza di menzioni su siti web a tema, magari accompagnata da frasi di senso compiuto e, non da esclamazioni prive di logica come «wow, che bel post», contribuisce a generare un tappeto di segnali deboli rispetto ai quali Google attinge per migliorare la contestualizzazione di una brand keyword rispetto alle chiavi di ricerca corrispondenti.
I segnali deboli in concorso con quelli forti come i backlink, contribuiscono al posizionamento nei motori di ricerca. Quelli deboli da soli possono consolidare un risultato su Google, rendendolo più stabile nel tempo rispetto alle oscillazioni che spesso rendono la visibilità organica un fenomeno intermittente. Anche in questo caso i profili fake sono indicatissimi, spesso l’unico modo per agire indisturbati, magari in modo virtuoso, si spera diffondendo la conoscenza di qualcosa di valido.
Conclusioni
Forse occorrerebbe osservare il fenomeno dei profili fake con aria disincantata, cercando di coglierne l’urgenza e il fenomeno sociale in sé. Da parte mia suggerisco sempre di sviluppare relazioni vere con persone vere, ma non amo sottovalutare alcuna strada, a meno che non ci sia da suggerire ad un’azienda di tenere una condotta scorretta, cosa da cui mi guardo bene.
E tu come la vedi? Ti è mai capitato di incappare in un battibecco tra fake?