Business Content Creator, di Stefano Chiarazzo

Dopo una lunga esperienza internazionale da PR manager in Procter & Gamble da Senior Communications Manager per marche FMCG e Healthcare come Pringles, Duracell, Dash, Oral-B, Vicks e Swisse, oggi Stefano Chiarazzo è advisor, consulente, formatore e coach di reputazione e comunicazione digitale per manager e aziende come Barilla Group, Danone, Chiesi Group e Cosmofarma Exhibition. Ha scritto Business content creator, edito da Franco Angeli nel 2024.

Di seguito le SUE risposte alle MIE domande. E buona lettura.

Ciao Stefano, ci racconti i tuoi attuali focus lavorativi?

Ciao Francesco, grazie per l’intervista e un saluto a tutti i lettori! Dopo una lunga esperienza internazionale da Public Relations Manager in P&G, nel 2018 ho avviato la mia iniziativa consulenziale e formativa che supporta le grandi aziende italiane e internazionali nella costruzione e difesa di una solida reputazione digitale. Con la mia società Pubblico Delirio mi occupo di consulenza direzionale per il design di strategie di brand building e per il change management per la sempre più necessaria evoluzione delle imprese in media company. Affianco inoltre gli amministratori delegati e i top manager apicali nei progetti di executive di communication e i dipartimenti comunicazione e HR nello sviluppo e gestione operativa di programmi di employee advocacy. Ambiti che ho trattato nel mio precedente libro “Social CEO. Reputazione digitale e brand advocacy per manager che lasciano il segno”, edito nel 2020 sempre da FrancoAngeli.

Come hai strutturato il tuo Business content creator e a chi si rivolge?

Sono partito dall’esperienza di come oggi non ci sia un solo reparto aziendale che non contribuisca in maniera più o meno diretta alla creazione e diffusione di contenuti. Per questo, ho voluto pensare “Business Content Creator. Guida pratica per chi crea contenuti per aziende e brand” per tutti: chi si occupa di marketing, di corporate, di risorse umane e non solo; chi lavora in azienda, in agenzia o come free lance; chi è agli inizi e chi è alla ricerca di nuovi stimoli e idee. L’ho strutturato come un percorso step by step dal framework strategico al piano editoriale, con il cuore del libro dedicato alla pratica con undici tecniche di content creation e l’ultimo capitolo sugli aspetti organizzativi della content factory aziendale. Al termine del libro ho inserito un content creation canvas, scaricabile gratuitamente dal sito di Pubblico Delirio, da utilizzare quotidianamente nel proprio lavoro strategico, organizzativo, creativo e produttivo.

Quali sono gli obiettivi strategici di un business content creator?

Oggi produrre contenuti di qualità non è più una scelta. Si può fare perché ci piace, perché “lo fanno tutti” o perché si è realmente consapevoli del valore per il business e per le comunità in cui operiamo. Il talento di un business content creator è quello di cogliere le sfide e le opportunità per l’azienda, il settore e le persone e di disegnare coerentemente contenuti che generino un impatto positivo concreto sulle vendite, sulla reputazione aziendale e di marca e sull’employer branding. Professionalmente è estremamente stimolante, e richiede lo sviluppo di competenze strategiche e tecniche ma anche e soprattutto di una mentalità che favorisca il passaggio dell’azienda dal semplice comunicare all’informare e intrattenere. Fondamentale in un ecosistema mediatico complesso e interdipendente dove emergere con i propri contenuti diventa sempre più difficile.

Quali sono i principali problemi di approccio al content management da parte delle aziende?

Non è raro percepire internamente all’azienda, a tutti i livelli, un senso di frustrazione perché si vorrebbe comunicare di più e meglio ma non si riesce per fattori culturali e organizzativi. Professionalità mancanti, competenze da aggiornare, tecnologie e partnership da rivedere, budget insufficienti. E anche quella carenza di coordinamento che porta la brutta abitudine di lavorare a silos rendendo il tutto ancora meno efficace ed efficiente. La barriera fondamentale da superare è la comprensione del ritorno dell’investimento: investire oggi per costruire e difendere il business e l’organizzazione del futuro. Purtroppo, il primo investimento insufficiente è spesso nella predisposizione e utilizzo da parte di tutti di un brand manual che permetta di trasferire in maniera coerente l’identità aziendale. Senza una strategia comune e una condivisione degli obiettivi è difficile comunicare come one voice e agire ed essere percepiti come one team. Sì, perché ogni reparto interagisce internamente ed esternamente con diverse categorie di stakeholder che proprio attraverso i contenuti e le relazioni si fanno un’idea non della singola persona o reparto ma dell’intera azienda. Anche in questo caso è l’unione che fa la forza.

È davvero importante dare un volto e un tono umano alla comunicazione di un brand o se ne può fare a meno?

Assolutamente sì. People centricity è un mantra che vivo molto nel pharma ma è un tormentone in tutti settori di beni e servizi. Nasce dalla consapevolezza che, complice la trasformazione digitale, i cambiamenti culturali e sociali stanno portando le emozioni a diventare più importanti dei fatti nella costruzione di un’opinione pubblica che supporti il business. Le aziende e le marche, partendo da fatti concreti che supportino la credibilità della narrazione, devono raccontare storie di valore in cui le persone possano davvero immedesimarsi. Storytelling, storydoing, storymaking. Tre approcci narrativi che non sono efficaci senza l’ascolto e la conoscenza delle personas di riferimento: clienti, sì, ma anche dipendenti, partner e altre categorie di stakeholder. Passare dal concetto di audience al concetto di gruppi sociali con desideri, paure, obiettivi e comportamenti comuni fa la differenza. Solo così si possono mettere davvero le persone al centro, comunicando con un linguaggio e un tono di voce che sia in grado di adattarsi per connettersi con ognuno di loro preservando l’autenticità del brand character. Un approccio human-to-human che genera attenzione, affezione e genuino passaparola.

In ultimo, puoi lasciarci qualche link per restare aggiornati sull’argomento?

Certamente! Il tema della content creation è ampio e in continua evoluzione, per questo in coda al libro ho suggerito diverse risorse di aggiornamento e libri di approfondimento. Vorrei però segnalarvi quattro progetti di ricerca, divulgazione, formazione e confronto della mia società Pubblico Delirio che sono per noi una miniera di spunti, buone pratiche e relazioni per tenere il ritmo del cambiamento e costruire iniziative di valore: Social CEO Lab, Osservatorio Pharma Influencer, Social Radio Lab e Osservatorio Social Vip.

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