Oggi parliamo di come rimediare alla cattiva notizia che gira in rete su di te, magari riportata da un giornale online o dal sito web di un’azienda che abbia qualcosa da ridire sul tuo operato. Cosa si può fare in questi casi?
La questione è molto semplice: le cose che scrivono sul tuo conto, sono vere? Sono vere solo in parte? A volte si vuole avere ragione quando la ragione non c’è, aspettandosi che i SEO facciano miracoli, ma la ripulitura delle serp di Google da certe notizie si può fare solo fino a un certo punto.
Online reputation management
Diciamo subito che un conto è l’online reputation management, altra cosa è trovarsi a far fronte all’emergenza reputazionale per un soggetto generalmente poco attento e poco interessato all’internet. Nel primo caso c’è un individuo che in quanto tale o come rappresentante di interessi aziendali, tiene monitorata la keyword “nome cognome” su Google, ma anche nei social network, utilizzando vari strumenti che tracciano le conversazioni online e tentano perfino di interpretare il sentiment, cioè il valore positivo o negativo del testo riferito al soggetto. Queste attività complesse servono a difendersi dagli attacchi, ma anche ad orientare la comunicazione in senso lato, perché forniscono spunti che possono essere ripresi nei post e finire nel calendario editoriale di un personaggio in vista che appunto trova gli argomenti anche pescando tra le cose che si dicono in giro sul suo conto.
La brutta notizia…
Come accennavo, c’è poi l’incidente di percorso che vede spesso un imprenditore entrare nel mirino di giornali locali e/o nazionali per una presunta malefatta, oppure capita ancora che si venga mal recensiti nel sito web di un fornitore mai pagato, o si riceva lo stesso trattamento da parte di un cliente che si è sentito truffato. In linea di massima i SEO cercano di far fronte a queste “brutte notizie” creando nuovi contesti come siti web, profili social e contenuti di varia natura associati all’entità nome cognome in cui vengono veicolate notizie positive. Lo scopo di queste attività è proprio scalzare (per lo meno) dalla prima pagina di Google i risultati di ricerca tali da scalfire la reputazione di un individuo, sostituendoli con quelli creati ad hoc per dargli un “immagine” migliore. È un’attività ritenuta vitale da quelle persone che sanno di dover apparire “puliti” per poter fare il proprio lavoro.
Fino a che punto si può ripulire la reputazione?
Ecco vedi, il fatto è che se l’hai fatta davvero fuori dal vaso, non puoi aspettarti che un SEO la rimetta dentro. Ricordo dello “stagista” ventenne che un giorno venne a trovarmi a casa guidando un Mercedes grande appunto quanto casa mia, per raccontarmi del suo datore di lavoro su cui si dicevano malignità a livello dei giornali locali. Nel dubbio (sacrosanto) cominciai a ragionare su di un progetto per scalzare quei risultati da Google web search, ma proprio mentre ci lavoravo, mi ritrovai una sera a sentire al telegiornale che questo soggetto era stato arrestato per crimini gravissimi.
Ora io non posso sapere se questo signore fosse innocente o colpevole, perché fondamentalmente faccio un altro mestiere, ma se al TG della sera su Rai Uno, trasmettono un servizio sul fatto che ti hanno messo dentro, forse a parlarmi di “malignità” si sarà un po’ sottovalutata la situazione. Ora, questo è un caso limite, ma ancora oggi mi trovo a parlare con persone che pretendono di essere perfettamente in buona fede, pur avendo le serp legate al brand name completamente rovinate, con fornitori e clienti scontenti che sembrano gareggiare a chi ne parla peggio.
Conclusioni: cosa si può fare davvero
In tutti questi casi la “ripulitura” può avvenire solo se ne hai diritto, quindi è legata all’oblio, dunque alla rimozione delle pagine web in questione, non al loro scalzamento per mezzo di altri risultati. Significa che se un giornale ha pubblicato su di te notizie false, devi dimostrare che le notizie sono appunto false e devi farlo nelle sedi opportune. Significa ancora che se il blog di un’azienda cliente o fornitrice pubblica un articolo in cui vieni disegnato come un truffatore, devi fare causa all’azienda per diffamazione. Se sei veramente pulito verrà fuori e otterrai non solo la cancellazione, ma anche il risarcimento del danno.
La questione semmai è chiedersi perché un’azienda dovrebbe usare il proprio blog interno, esponendosi ad azioni legali, per diffamare gratis un imprenditore. Ecco, chiediamocelo.
In appendice, mi fa piacere riportare una considerazione di Dario Goffredo, aggiunta come commento ad un mio video sull’argomento pubblicato nel gruppo dei Fatti di SEO: