Oggi prendo spunto da una domanda che il mio amico Rudy Bandiera si pose un po’ di tempo fa, quella che leggi nel titolo di quest’articolo. La domanda è suggestiva, tuttavia temo che pur conoscendo la risposta, metterla in pratica non sia una passeggiata, perché contiene un vizio su cui mi piacerebbe dire due cose.
Partiamo col dire che l’affermazione “essere se stessi” di per sé non ha molto senso, perché come è giusto che sia, mi comporto in un modo con mia madre e in un altro con i miei amici, quindi il “vero” Francesco non ha un solo modo di essere, ma tanti quante sono le circostanze diverse in virtù delle quali emergono lati diversi del mio carattere. Un certo grado di schizofrenia, quando non raggiunge livelli patologici è assolutamente normale, anzi, è il modo in cui si sviluppano i rapporti sociali nella maggior parte dei casi. Certo se poi hai la personalità dissociata o sei proprio bipolare la cosa è diversa, talvolta divertente, talaltra pericoloso.
Insomma, se il vero te stesso non esiste tranne che come somma (o differenza) delle molteplici sfaccettature del tuo carattere, forse possiamo parlare dell’essere noi stessi come espressione contrapposta al “costruire un personaggio”, a meno che il “personaggio” non sia nient’altro che un lato del nostro carattere, quello che mostriamo abitualmente nei social network per farci percepire belli, bravi e ricchi.
Uno nessuno e centomila
Pirandello non parlava di cose tanto diverse. Oddio, se avesse visto la generazione dei selfie su Facebook avrebbe pensato che tutto sommato l’utilizzo di queste tecnologie così potenti non ci ha fatto bene per niente, ma al di là dei rivoltamenti nella tomba, probabilmente capirebbe che in questo momento storico chiedersi se è meglio essere se stessi o costruire un personaggio ha un significato e un valore diverso rispetto a quello che poteva avere prima della rivoluzione iniziata 25 anni fa con la nascita del web e tutt’ora in atto.
Per essere chiari, costruire un personaggio da offrire in pasto alle genti dei social network, non è come costruirne uno (in senso classico) per la politica o per la televisione, fosse solo perché i social network sono il regno della contemporaneità, della convivenza piena e soprattutto dell’interazione, vale a dire che se sei finto nella migliore delle ipotesi vieni ignorato, nella peggiore diventi un bersaglio facile… e no, sul web il concetto di “basta che se ne parli” non va bene sempre.
Essere un personaggio
Se come abbiamo visto essere te stesso è impossibile (perché sei tante persone) e costruire un personaggio è controproducente nella misura in cui si rischia di apparire “forzati” nei confronti di persone pronte a ignorarti o buttarti addosso improperi vari ed eventuali, l’unica strada praticabile dal mio punto di vista è l’essere un personaggio, che significa avere caratteristiche uniche, tali che ti differenzino rispetto agli altri, ma che allo stesso tempo non siano costruite a tavolino.
Essere un personaggio significa avere dentro qualcosa di bello, significa essere entusiasti senza aver paura di sbottare quando serve, significa essere innamorati, di cosa decidilo tu.
Tu sai come si fa ad essere innamorato?
Perché il problema nel domandarsi se è meglio fare l’una o l’altra cosa, sta tutto qui. Al di là delle elucubrazioni filosofiche, rilassati, perché nessuno può dirti come si fa ad essere come la buonanima di Bud Spencer. Lui sì che era un personaggio. Non c’è dubbio che mille lati del suo carattere ci resteranno per sempre ignoti, ma quelli che ci sono arrivati gli appartenevano davvero, non erano solo ruoli.
In un’intervista che non dimentico, Carlo Pedersoli (appunto Bud) alla domanda “che tipo di attore sei?” rispose: “io non sono un attore, io sono un personaggio. Un attore può fare più parti diverse, io invece sono diventato famoso perché facevo a cazzotti e alla gente piaceva”.
Capito il senso?
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