Magia! Oggi vi mostro come fare SEO senza proprio accedere al backend del sito web da posizionare. No, in effetti non ve lo mostrerò, perché è abbastanza impossibile, ma proviamo a vedere insieme cosa si potrebbe fare – e a quali condizioni – per migliorare la SEO di un sito su cui in pratica possiamo intervenire pochissimo.
Lo spunto per questo post arriva da una domanda arrivata nel gruppo dei Fatti di SEO qualche giorno fa e che diceva:
«Ho un cliente che ha un sito web al quale purtroppo non posso avere accesso amministrativo (non sto a spiegarvi le dinamiche perché diventa complesso) e non posso avere accesso a db o ftp. Vorrebbe fare seo. Chiaramente non ho la possibilità di ottimizzare la velocità del sito, o sistemare problematiche di codice varie. Ciò che posso fare è editare leggermente le pagine e creare voci in menù. Oltre alla sistemazione delle varie pagine, in termini di contenuti pensavo di aggiungere una voce menu che riporta ad un sito parallelo contenente articoli inerenti il suo campo che magari vanno a linkare i suoi prodotti/servizi sul sito padre. Cosa ne pensate di questa strategia? Come vi comportereste in una situazione analoga?».
E veniamo a noi:
Se il sito web non opera in regime competitivo, anche solo il fatto di poter aggiungere pagine nuove o editare quelle esistenti può favorire un posizionamento organico, ma va da sé che appena qualcuno si affaccerà sullo stesso mercato e avrà un minimo di libertà di manovra in più, te la potrai giocare solo sulle attività di marketing esterne e più in generale sulla percezione di valore del tuo brand.
Se poi sul sito non puoi nemmeno aggiungere pagine nuove, allora sarà difficile spuntarla anche avendo un brand molto solido alle spalle.
Piuttosto trovo interessante l’extrema ratio di aggiungere un link esterno a un sito nuovo su cui sia possibile mettere le mani. Si potrebbe lavorare al posizionamento del sito nuovo curandone la SEO e i contenuti e usarlo per spostare utenti sul sito obiettivo, quello su cui non è possibile lavorare. Certo che si può fare, ma in alcuni casi la mossa potrebbe avere un impatto negativo sul brand.
Ad esempio, un conto è sviluppare un blog esterno per trattare temi pertinenti all’acquisto di un tostapane, da cui far partire link verso le pagine d’acquisto sul brand site che produce e vende i tostapane, cosa diversa sarebbe creare un intero shop online che al momento della transazione ti porta su un altro sito. Se il primo caso è frequente, il secondo potrebbe generare sfiducia negli utenti e produrre abbandoni del carrello.
La questione è dunque: quali tipi di siti si posizionano per le query su cui occorre lavorare? Perché va bene creare un blog su sito esterno, ma se per le query di interesse, Google mostra solo serp piene di siti e-commerce – ed è appunto un’e-commerce il sito su cui non si può lavorare – allora dovrei fare un’e-commerce per spingerne un altro, ma credo che a quel punto si aprirebbe proprio un vortice spazio-temporale che finirebbe con l’inghiottire l’intero universo.
Insomma, quest’esempio era per spiegare che puoi usare un sito “altro” per acquisire traffico organico da portare sul sito obiettivo, ma solo a certe condizioni e non sempre. E in caso comunque devi avere degli ottimi dispositivi di conversione per spostare gli utenti da un sito all’altro, cosa per niente scontata.
In conclusione è un casino. Se il sito web è un’e-commerce, valuterei la strategia del sito esterno solo se le serp di interesse mostrano articoli di blog, altrimenti lascerei perdere.
Due cose per concludere:
- Se vieni pagato per sviluppare un sito esterno, ricorda di intestare il dominio al titolare, altrimenti sei uno scappato di casa;
- La vita è già brava di suo a metterti davanti i problemi. Se le dai una mano in questo è ancora più brava.