Il posizionamento (SEO) come scelta democratica

Negli ultimi tempi stiamo vedendo pagine di risposta del motore di ricerca sempre più confuse e purtroppo popolate da contenuti che non sembrano veramente ben realizzati, né spesso paiono avere alcuna caratteristica tale da meritare la visibilità organica. Che succede?

Potreste dirmi intanto che l’espressione “negli ultimi tempi” è poco rispettosa della realtà storica di Google, che ci ha abituati a pasticci vari ed eventuali. Ma i “pasticci”, che pure si sono sempre verificati nella storia, intesi come abbassamento della qualità percepita nei risultati offerti dal motore di ricerca, hanno sempre preceduto aggiornamenti del core di Google, o tutt’al più si sono caratterizzati come assestamenti successivi agli update, mentre stavolta sembra succedere qualcosa di diverso, qualcosa di… popolare.

La sensazione di alcuni è che con il moltiplicarsi indiscriminato dei progetti web “voluminosi” e dei contenuti (a carrettate) che dev’esserci stato l’anno scorso, per Google sia diventato ancora più difficile capire quali pagine web meritassero visibilità e quali no. Il profilo backlink che è sempre stato un indicatore della solidità per i siti internet, non sembra più reggere rispetto alla velocità con cui vengono messe online le pagine web e alla loro quantità. Non si fa in tempo a linkare tutti i siti web nuovi che escono di questi tempi, a meno di non farlo “apposta” e questo Google lo sa, ma Google ha anche bisogno di roba nuova, fresca. E quindi cosa rimane? Le persone, le benedette persone comuni che fanno cose su internet. Il male assoluto.

Perché le persone sono il male

Le persone non sono il male, né sono stupide. NON riuscirete a farmi cambiare idea su questa cosa, ma occorre dire che siamo tutti tanto, tanto influenzabili. Troppo. Far valutare agli utenti la qualità di una pagina web e dunque l’eventuale merito di occupare una buona posizione tra i risultati organici di Google è come andare in vacanza due mesi lasciando la porta di casa aperta e un cartello per i ladri con le indicazioni su dove si trovano soldi e argenteria.

Voglio dire che oggi, tanto gli inossidabili professionisti del web, quanto i bambini e gli anziani, quindi sostanzialmente TUTTI, restano incollati ai social per ore, volenti o nolenti a scrollare tra video più o meno brevi di cui non ti è chiarissimo il contesto, né il senso, ma sei là dopato da tanta grazia di Dio e quindi te li prendi in faccia fin quando fa male, fin quando ce n’è. Perché sì, in un mondo in cui siamo tutti drogati di contenuti social, gli influencer sono i nuovi pusher. In questo caso sto cercando di dirti che esistono degli influencer striscianti e senza volto che agiscono sulle persone e sui motori di ricerca.

Ora il problema è che questi video – apparentemente prodotti senza un perché – riescono ad aumentare la reach organica degli altri contenuti sulla stessa pagina, tra cui gli articoli di blog postati sui social. E nel momento in cui i click aumentano, Google che usa la telemetria del suo browser per fare valutazioni su cosa piace agli utenti, andrà ad attribuire valore e rilevanza a quelle pagine, a quei progetti web.

UX e “gradimento”

Ma queste valutazioni sulla rilevanza non avvengono già sul merito, quanto sul gradimento. UX (gli utenti non devono scappare) e gradimento. Questo nuovo ordine di cose può essere facilmente e per l’appunto “dopato” da una buona attività sui social che dunque e per come la vedo, diventano il nuovo inesorabile dispositivo principe nelle strategie di posizionamento per una vasta quantità di segmenti di mercato.

Quest’articolo ha un titolo che richiama la scelta “democratica”, ma il gioco a cui faccio riferimento non ha nulla di democratico, perché la rilevanza non viene stabilita su base consapevole, ma a partire da comportamenti incoscienti, messi in atto al di fuori di uno stato di coscienza vigile. Ormai siamo criceti in gabbia, pronti a squittire a comando robe terribili nei confronti di altri di cui non sappiamo niente, al costante inseguimento della dopamina che si genera quando troviamo il contenuto giusto.

Google non deve cedere alla tentazione di assegnare rilevanza a “furor di popolo”.

Sarebbe la fine.

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