Luca Conti è un personaggio insolito e affascinante. Dopo anni di attività nel social media marketing e 17 libri scritti con Hoepli, ha trovato la forza di fermare il mondo e scendere. È la ricerca di un percorso di consapevolezza o una fuga necessaria? Questo lo lascio alle tue considerazioni, intanto eccoti le risposte di Luca alle mie domande.
Ciao Luca, ci racconti i tuoi attuali focus lavorativi?
Dopo aver deciso, alla fine del 2018, di interrompere ogni attività professionale che avesse a che fare con i social media, per ragioni etiche personali, mi sono avviato in un percorso di riflessione e di ripensamento del mio lavoro e del ruolo che aveva e ha il lavoro nella mia vita. Grazie a un tesoretto messo da parte negli anni, ho avuto il lusso di potermi dedicare allo sviluppo di altri aspetti della mia vita (alimentazione sana, esercizio fisico, equilibrio mente corpo e altro) per un lungo periodo, che non è finito. Nel frattempo sto pensando a cosa fare da grande e qualche idea mi è venuta. Sto esplorando l’ipotesi di mettere insieme le seguenti parole chiave: libri, community, crescita personale, apprendimento, lavoro. Non ti dico di più perché non c’è niente di pronto o definito, quindi ciò che ti dico ora potrebbe cambiare prima del lancio, semmai avverrà il lancio di queste attività.
Tutta questa tecnologia ci sta davvero migliorando la vita?
Sì e no. Sì perché è inconfutabile che il digitale ci ha permesso e ci permette di evitare di andare in ufficio per lavorare e di sentirci vicini anche quando non ci possiamo incontrare fisicamente. Non parlo neanche delle opportunità sul piano formativo e dell’intrattenimento, perché ognuno di noi ne trae enormi benefici ogni giorno.
Detto questo, dovremmo riconoscere che alcuni servizi sono stati sviluppati per renderci dipendenti, sfruttando meccanismi psicologici che puntano ad attrarre la nostra attenzione per un tempo più lungo possibile. Questo è avvenuto perché, da Google a Facebook, arrivando a Microsoft e Amazon, i servizi gratuiti sono offerti per ottenere dati sul comportamento dell’utente e usare queste informazioni per vendere pubblicità personalizzata. Più tempo siamo online, sullo smartphone e sul social web, più soldi questi soggetti possono generare vendendo pubblicità alle aziende.
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Se perdiamo il controllo della nostra vita digitale, perché non ci rendiamo conto del tempo che perdiamo a danno di altre attività, come leggere immersi in un libro senza distrazioni, o perché non sappiamo come vengono usati i dati della nostra posizione geografica o degli amici a cui siamo connessi, diventiamo vittima di algoritmi che manipolano i nostri comportamenti a nostro svantaggio. Tutto questo ha un nome: capitalismo della sorveglianza. Personalmente credo che tutto ciò sia deleterio al punto tale da aver deciso consapevolmente di fare a meno di tutti i servizi di FACEBOOK, WhatsApp incluso, e di Google, scegliendo alternative open source e rispettose della privacy, quando sono disponibili.
Sono fermamente convinto che la nostra vita online non sia predeterminata e che il libero arbitrio esista anche nel mondo digitale. Sta a noi scegliere se prendere la strada facile in cui qualcuno sceglie per noi o prendere una strada apparentemente più in salita, ma più ricca di soddisfazione e di libertà. Io ho scelto la seconda.
Molti dicono di aver imparato qualcosa da questa pandemia. E tu?
Ho avuto la riconferma che dedicare ore a seguire le notizie è tempo perso, sia perché i media che puntano alla massa hanno un modello di business che guadagna dalla paura e dall’ansia, sia perché seguire minuto per minuto ciò che succede nel mondo non genera alcun beneficio, neanche indiretto, per il 99,9% della popolazione. Gli unici esclusi sono alcuni giornalisti e chi compra e vende sui mercati finanziari per lavoro.
Stare bene con se stessi è la chiave del benessere psicofisico. Anni di vita da single e da lavoratore freelance casalingo (e nomade) mi hanno forgiato. Da aprile ho dedicato tutto il mio tempo ad approfondire il tema del personal knowledge management e le settimane sono letteralmente volate. Da maggio ho ripreso gradualmente i contatti e la vita sociale e quasi mi è dispiaciuto interrompere un periodo che, alla fine, è stato molto stimolante e ricco di riflessioni.
Quale valore il lockdown ha aggiunto (o sottratto) all’uso che facciamo dei social?
Per molti il social web è stata l’ancora di salvezza. L’unico modo di mantenere una vita sociale, non potendo più uscire e vedere gli amici o i familiari di persona. Il boom di videochiamate e di altre app funzionali a questo scopo ne è stata la dimostrazione concreta. Il mio dubbio, finito questo periodo, è che molti considerino la norma un uso degli schermi oltre certi limiti, con l’effetto finale di legittimare la vita sociale online a scapito degli incontri faccia a faccia. Vedremo nei prossimi mesi, tornati alla possibilità di vederci e frequentarci di persona, se l’abitudine sviluppata durante il lockdown avrà generato effetti persistenti oppure no. Spero vivamente di no.
Ci lasci un suggerimento per un approccio più consapevole alle tecnologie dell’internet?
L’uovo di Colombo: lasciare lo smartphone in carica la notte in una stanza diversa dalla camera da letto. Un comportamento così banale ci permette di addormentarci prima, dormire meglio ed essere subito attivi, fuori dal letto, la mattina dopo. Il sonno è un elemento chiave del benessere psicofisico e dormire senza smartphone genera benefici immediati, fin dal primo giorno. Provare per credere 😉