Quello del rapporto tra le aziende e chi fa il mestiere di comunicarle attraverso il web, è un problema che si è sempre posto, ma che torna più che mai a proporsi con il moltiplicarsi delle competenze, con l’iperspecializzazione e soprattutto con l’aumento dei player nel campo digital. Per fare un po’ di chiarezza ho chiesto ad un imprenditore “piazzato” come Giorgio Soffiato, qualche spunto utile a farmi un’idea di cosa si sbaglia e da che parte.
Ciao Giorgio, ci racconti i tuoi attuali focus lavorativi?
Sono amministratore delegato di Marketing Arena, un’agenzia di marketing legata ai temi del digitale che si avvicina ai 35 dipendenti e 2 milioni di fatturato. Non ho lasciato la parte di formazione e docenza e mi divido tra master e aule universitarie.
Cosa ne sa un’azienda di quali canali web sia meglio utilizzare?
A mio parere paradossalmente i canali sono l’ultimo dei problemi, le aziende sono ben consce che “serve Facebook” o che è utile e necessario essere primi su Google, il grandissimo problema è la totale assenza di approccio strategico.
Cosa ne sa un azienda di quanto deve investire e (appunto) in che direzione?
Qui viene il bello. Le aziende italiane, soprattutto PMI, hanno difficoltà a stimare il budget, che a mio parere dovrebbe ovviamente essere una % del margine o del fatturato. Quello che io propongo di solito, lavorando in contesti di lead generation, è un ragionamento inverso fatto più o meno così.
• Quanto margine hai sul prodotto?
• Quale è la conversione da lead a target a cliente
• Quanti lead sono a target sul totale dei lead ricevuti?
• Quanto puoi di conseguenza pagare un lead?
• E da qui parto con un test per ricavarmi CPL, CPC etc..
Esiste il fornitore di servizi digital ideale per tutti o ci sono player più adatti a seconda dei casi?
Io credo che la cosa più sottovalutata sia la competenza industriale. Preferisco un SEO che tecnicamente prende 8 ma sa tutto della Industry di riferimento (es. il turismo) ad un SEO che prende 10 ma ha un approccio generico e lavora in tutti i settori. Questo vale per tutti gli ambiti del digital marketing, soprattutto la strategia. Si pensi al turismo o all’automotive dove Booking e Autoscout impongono di definire prima della web marketing strategy una sales strategy strutturata e non è detto che la conversione debba per forza avvenire sul sito web.
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Quando è il caso di cambiare un fornitore? Come valutarne le performance?
La verità dura è che i fornitori e i clienti, come i fidanzati, spesso si stancano di stare assieme. È ora di cambiare quando non c’è più trazione innovativa o quando gli obiettivi non sono più gli stessi. Le agenzie ancora più dei free lance vivono fasi, io un tempo ero felice di seguire clienti da 2.000 euro l’anno, ora non posso più. È ora di cambiare quando uno dei due è fuori mercato o non si è più fatti l’uno per l’altro.
In ultimo, sono gli imprenditori ad essere ignoranti o i fornitori a lavorare male?
Entrambi. Il livello di fornitura è mediocre, seguiamo tutti troppi clienti e spesso i processi nelle agenzie uccidono la spinta di competenza. Detto questo io onestamente credo “poco” nelle competenze singole per progetti grandi perché o sei il guru dei guru (Francesco Tinti, Piersante Paneghel) oppure qualcosa sbaglierai per la necessità di lavorare e seguire tanti clienti, ed il problema di un approccio non integrato è che “è sempre colpa dell’altro”. La figura che a noi sta dando più soddisfazione in azienda è quella del project manager.