Il grosso equivoco del content marketing

Oggi mi corre parlare di soldi mal spesi. Trovo importante affrontare questo tema proprio nel mese di settembre, perché siamo in uno di quei periodi dell’anno in cui le aziende contattano fornitori di servizi di comunicazione più o meno a caso, avendo sentito dire che è una cosa importante da fare. Vai a capire.

E quindi ho pensato di affacciarmi qua, giusto il tempo che serve per ricordarvi qual è l’uso peggiore che possiate fare del content marketing nel 2024. Forse pensi di conoscerlo già, allora vediamo se hai ragione.

Vado dritto al punto, la maggior parte delle agenzie di comunicazione, ma anche tanti consulenti che operano da anni, suggeriscono ancora di finalizzare la keyword research alla stesura di un piano editoriale digitale (o PED) con l’obiettivo di aumentare la visibilità organica. Hai capito bene: ancora oggi si ragiona del content marketing come di un’attività orientata a creare nuovi risultati di posizionamento su Google per contenuti editoriali utili a far conoscere l’azienda al proprio pubblico.

Content marketing = SEO, tutto qui?

Questo è del tutto fuori luogo, come minimo inattuale e sostanzialmente folle. Intanto il content marketing andrebbe sempre inteso come un’attività estro-versa ed etero-diretta, dunque fondamentalmente orientata all’esterno e guidata dall’interlocuzione, dall’altro, fosse solo perché c’è dentro il termine marketing, che qualcosa vorrà pur dire, in secondo luogo nemmeno più ai siti web che monetizzano con le pubblicità basta sfornare i contenuti “giusti”, infatti in questo momento anche molti publishers sono costretti a ragionare in termini di content strategy a tutto tondo.

In questo momento non si tratta di sviluppare contenuti, ma di sviluppare il contenitore, dunque si tratta di diventare un canale, in pieno regime di multi-canalità.

Preciso subito che in questo caso, quando parlo di canale, non mi riferisco a YouTube, Instagram o TikTok, ma ad un nuovo tipo di canale che è il soggetto della comunicazione in sé, declinato nelle varie piattaforme. Se il content marketing fino a poco fa era legato alla stesura di un testo o al massimo alla produzione di un video, oggi acquisisce una profondità diversa diventando liquido e multiforme, adattandosi ai formati e ai tempi delle piattaforme. Soprattutto deve prevedere, favorire e promuovere la logica del contenuto partecipato, prodotto a più mani. Tutto ciò deve essere funzionale ad aumentare i volumi di ricerca sulle chiavi di brand, perché è questo il passaggio fondamentale – che senza tralasciare una buona SEO – favorisce e consolida il posizionamento di un sito per le chiavi di ricerca.

Il gioco è creare nella percezione del proprio pubblico, la consapevolezza e in seguito l’affezione verso un brand, cosa che NON può accadere limitando gli sforzi (e gli investimenti) nella produzione di contenuti sviluppati per il posizionamento su Google. In questo passaggio, come accennavo poco fa, un grosso ruolo verrà svolto dalla corretta interlocuzione. Si parla di e con altri.

Internet funzionerà come la TV

Ed esattamente come la TV, sarà tanto più efficace quanto più riuscirà a ragionare su piattaforme e formati che permettano un’interlocuzione partecipata e collaborativa con altri attori, possibilmente già seguiti a loro volta da un pubblico che sia possibile “rubare”.

La brutta notizia è che il web sarà sempre più per i pochi che investiranno tanto e bene nelle nuove logiche della comunicazione, ma la bella notizia è che non sarà necessario investire milioni di euro come invece hanno fatto gli editori della televisione, ma sarà sufficiente capire alcune cose importanti che ora vorrei provare a mettere sul tavolo come promemoria per le future riflessioni:

No autoreferenzialità: La tua comunicazione non deve essere autoreferenziale. Spiega qualcosa di utile al tuo pubblico, parlando con altri di altri. A nessuno importa sapere cosa hai fatto e cosa vuoi fare.

Tematicità: Se vuoi essere un canale devi essere un canale tematico, dunque capire bene a quali persone – con quali problemi – ti stai rivolgendo e parlare solo con loro.

Palinsesto: La periodicità, la costanza, la capacità di creare appuntamenti, trasforma qualunque soggetto in un canale. Le expertise migliorano strada facendo, ma la caparbietà, quella ce la devi avere in partenza.

Le resistenze al cambiamento

I tre punti che ho citato qui sopra sono esattamente il modo in cui molte aziende o singoli imprenditori digital di successo stanno affrontando questo periodo storico, quindi non è che mi sto inventando cose. Il problema è piuttosto che la maggior parte delle aziende impallidiscono all’idea di spostare la loro strategia di content marketing da Google al resto del web, ritenendola un’impresa troppo faticosa o che il più delle volte risulta scomoda per la mancanza di attitudine, come se fosse normale avere l’attitudine per una cosa che non hai mai fatto prima…

Questi sono tempi interessantissimi, ma che non dureranno. In questo momento è ancora possibile per le aziende che comunicano sul web, attualizzarsi a una compiuta strategia di community management per quello che significa adesso. Tra qualche anno (forse prima) i giochi saranno fatti e chi non avrà abbracciato questo cambiamento sarà tagliato fuori, inesorabilmente.

Non è la prima volta che succede.

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