Come fare posizionamento se Google non valuta i contenuti?

Vorrei partire da un video in cui Ivano Di Biasi (che saluto) mostra chiaramente come in questo momento storico esista una polarizzazione della visibilità verso i siti web con maggiore Trust, vale a dire che Google offre la maggior parte del traffico organico ai soli top player per ciascun settore, facendo ruotare gli altri nelle retrovie in modo che possano spartirsi quel 10/20% che rimane.

Se parliamo di cucina – esempio fatto da Ivano – i tool ci mostrano chiaramente che per qualunque query facciamo, troveremo sempre quei tre o quattro player rispettivamente nelle prime posizioni organiche, poi a seguire ci saranno gli altri, con oscillazioni tali da comportargli sempre grossomodo lo stesso traffico, perché un giorno perderanno visibilità per una chiave e quello dopo ne guadagneranno con un’altra, insomma, un gioco a somma zero in cui tutto cambia perché tutto resti uguale.

Ma se le cose stanno così, allora abbiamo solo due possibili conclusioni, la prima è che i top player siano sempre anche quelli che offrono i contenuti migliori, la seconda – più tristemente brutale – è che Google faccia affidamento sui siti trusted offrendogli la quota parte maggiore di traffico organico, INDIPENDENTEMENTE dall’accuratezza del contenuto che pubblicano.

Fermi tutti, ci sono anche altre cose da valutare, ad esempio l’affidabilità del server. Mi spiego: Google sa quante visite simultanee può gestire il tuo sito web prima di rallentare o andare giù, quindi non ti darà più visibilità organica di quanta il tuo server ne possa sopportare! Questo è certamente un punto di vista non sottovalutabile, perché spesso tanti piccoli editori davvero competenti fanno un lavoro importante in termini redazionali, avendo alle spalle risorse server limitate. Ok, il tuo sito ha buone performance, ma le avrebbe anche con 15.000 persone collegate tutte insieme? Perché GialloZafferano sì.

Insomma, anche questa variabile ha il suo peso, però certamente non basta a esaurire i motivi per cui vincono sempre gli stessi player. C’è molto altro, perché a volte no, non vincono sempre gli stessi player.

In realtà, se usciamo dall’esempio lanciato da Ivano, ci sono serp in cui tra i risultati top troviamo pro-tempore i famosi domini recuperati che avevano trust – in ambiti diversi – e che in evidente virtù di questo storico, vanno a prendersi la maggior parte del traffico organico per mesi, prima di andare giù.

Quindi le cose, stanno anche PEGGIO di come le racconta Ivano, perché se è vero che Google non valuta il contenuto in sé, anche le valutazioni sul Trust del dominio sono fallaci, tant’è che vediamo spesso emergere appunto domini recuperati che trattavano tutt’altro, ma che essendosi riconvertiti, diventano – in due settimane – meritevoli di visiblità su un argomento nuovo. IN DUE SETTIMANE.

Previsioni per il futuro

Voglio sperare che non sarà così, ma temo che più andremo avanti, più aumenteranno i player, più diminuiranno le risorse di scansione impiegabili per fare valutazioni dei siti web, maggiore sarà la necessità per Google di affidarsi più o meno ciecamente al brand che c’è dietro un progetto web, lasciando tutti gli altri a spartirsi le briciole, indipendentemente dal valore profuso.

La SEO più tecnica continuerà ad essere una condizione imprescindibile per ottenere visibilità, perché per quanto possa essere forte il tuo brand, se le performance, l’alberatura e la struttura dei link interni è fortemente deficitaria, non andrai da nessuna parte. Detto questo però, potrai avere la SEO a posto e restare per sempre in un limbo in cui non riuscirai a consolidare alcun posizionamento.

Come uscire da questa situazione?

Contrariamente a come ipotizza Ivano, per uscire da quest’impasse, non ritengo necessario fare link building o gestire in modo particolare la struttura dei link interni, cioè sì, ottenere backlink veri, quindi sviluppare relazioni con gli altri nodi pertinenti della rete in cui ti trovi e allo stesso tempo sviluppare una corretta rete di link interni, tale da portare gli utenti a conversione o da aumentare significativamente il numero di pageviews, è certamente un’ottima cosa, ma se Google NON VALUTA la qualità del contenuto in sé, a fare la differenza devono essere evidentemente i segnali che convincono Google a fidarsi del tuo sito, quindi – ancora una volta – i comportamenti di navigazione degli utenti.

Occorre riflettere sul design del tuo progetto web. Spesso pensi di aver fatto tutto il possibile, ma nella realtà dei fatti il tuo sito è “solo” un ottimo blog, pieno di buoni contenuti, ma cos’hai fatto per farlo conoscere agli utenti? Se ti trovassi a descrivere la tua strategia di posizionamento ad un evento come il WMF, ne parleresti con orgoglio o con un po’ di imbarazzo?

Negli ultimi mesi ho parlato dell’importanza dei video e in generale di dare un volto alla comunicazione, ma al netto di quelli che – poverini – non se la sentono (come se ora ci si potesse permettere il lusso di non sentirsela), quelli che ci hanno provato, cosa hanno aggiunto di nuovo al loro settore? Il loro pubblico se n’è accorto? Ma la vedete la differenza che c’è tra gli YouTuber di 10 anni fa e i content creator di adesso? Insomma, non sarà che qualcuno sta banalizzando il marketing?

Che ne pensi di questa storia?

Rispondi all'articolo

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


Il periodo di verifica reCAPTCHA è scaduto. Ricaricare la pagina.