È un argomento che mi interessa tantissimo perché ultimamente ho letto un post di Benedetto e avuto una lunga chiacchierata con una consulente che lavora proprio in quest’ambito. Le domande di fondo sono due, la prima è se sia vero che le disparità tra uomini e donne riguardino anche la libera professione e non solo il lavoro subordinato, la seconda è se il web concorra o meno a enfatizzare tali disparità. Temo che scorrerà parecchio sangue su questo post, ma vale proprio la pena parlarne.
Il primo nodo da sciogliere è dunque legato alla figura della donna come libero professionista. Funziona o viene messa sotto dai colleghi maschi?
Lavoro in proprio vs subordinato
Lo chiamano “tetto di cristallo”: una donna può raggiungere livelli molto alti, ma i più alti in assoluto rimangono saldamente nelle mani degli uomini. Se dal tetto ci spostiamo percorrendo tutta la stanza fino al pavimento, notiamo come in realtà il mondo del lavoro tanto nel settore pubblico quanto nel privato funzioni più o meno allo stesso modo. Le donne vengono scelte anche per ricoprire incarichi dirigenziali in un ente pubblico o in un’azienda privata, ma i tavoli politici importanti, così come i consigli di amministrazione delle grandi società, sono presieduti da una maggioranza (ancora) netta di uomini.
[adrotate banner=”1″]
Se questo è vero per il lavoro gerarchizzato in ogni sua forma, non dovrebbe esserlo per chi decide di fare il “salto” e mettersi in proprio, invece scatta qualcosa per cui spesso sembra esistere una specie di timore reverenziale verso il “sesso forte” che impedisce alle donne di emergere anche quando scelgono la libera professione. Questo “quid” mi affascina perché mi fa pensare a un condizionamento strisciante che funziona come un vero e proprio freno alla crescita personale anche in assenza di vincoli reali. Insomma, la mia teoria è che le donne sono già talmente dequalificate a livello culturale che rimangono condizionate al punto da non riuscire ad emergere nemmeno nel momento in cui si liberano dal giogo della subordinazione. Inerzia.
Cambiare gioco
Qualche giorno fa ho letto una bella intervista a Simona Camporesi su Viviallestero. Simona ha semplicemente piantato tutto a 38 anni, trasferendosi in Thailandia per lavorare in proprio come editor e ghost writer. Una donna coraggiosa secondo alcuni, in fuga per altri, magari dai freni culturali così evidenti nel nostro Paese. Ma per rimanere vivi e continuare a sognare occorre davvero spostarsi dall’altra parte del mondo?
Forse un modo per cambiare gioco e venir fuori da questo impasse è concentrarsi su se stessi, acquisire consapevolezza. Una libera professionista non ha scuse, non può dire che non le permettono di emergere perché la società preferisce gli uomini. Business is business, tutto ciò che di buono fa un libero professionista dipende da lui, come è vero che tutti i fallimenti hanno un solo responsabile. Un’azienda che deve fatturare non guarda al sesso del consulente a cui si rivolge, ma al fatto che sia capace di fare la differenza o meno.
Un compito importante.
Parlando dell’Italia, molte donne mi sembrano essersi un po’ arrese all’idea di far bene da sole, perché tanto sono “femmine”, quindi meglio dedicarsi alla famiglia, sfornare figli e fare le mamme a tempo pieno. A queste donne dico che hanno un compito importante, proprio a livello evolutivo. Pensano di non valere granché, si auto sottomettono (a chi?) invece dovrebbero tirare fuori i denti: devono essere mamme – i figli si devono fare, altrimenti abbiamo un problema serio- e allo stesso tempo devono giocare la loro partita ad armi pari con uomini che in realtà non hanno niente di meglio da offrire, anzi vivono dal canto loro uno stato di compressione pazzesca, perché sono continuamente chiamati a dimostrare di valere “di più”.
Le donne non devono dimostrare di essere tutte wonder woman, semplicemente devono smetterla di sottovalutarsi, altrimenti succederanno due cose, la prima è che gli infarti maschili in età giovanile aumenteranno, la seconda è che tra 30 anni il 75% della popolazione italiana avrà oltre 70 anni, con le conseguenze che puoi immaginare.
Il web è un canale che offre possibilità infinite di cui approfittiamo tutti (donne comprese) già da qualche anno. Sono felice di aver incrociato le armi con donne che definire “di ferro” è poca cosa, ma è solo l’inizio. Abbiamo davanti al naso un futuro meraviglioso… a veder bene.