Luca Iavarone è un giornalista d’assalto. Milioni di italiani assistono attoniti alle sue esplorazioni video, autentici studi di antropologia urbana, che coinvolgono ogni volta persone e personaggi di ogni genere. Ho la fortuna di conoscerlo da tempo, per questo mi fa ancora più piacere chiedergli:
Il mondo è veramente così pazzesco come si vede nei tuoi video o è tutto montaggio?
È lecito chiedersi se siano scelte di montaggio le mie, per le quali Napoli vien fuori come una città teatrale, autoironica e piena di vitalità. La domanda è legittima, ma chi me la pone di solito non è mai stato a Napoli. Questa è una città che si regala a chi la vuole scoprire. Io non faccio altro che prendere ciò che le persone vogliono darmi. Ho fatto interviste in tante città d’Italia, ma ciò che succede qui è unico. Poi ovviamente il materiale deve essere montato, e qui c’è la peculiarità della mia vox populi, che risponde sempre a una costruzione collettiva, come se il popolo napoletano reagisse e si esprimesse in coro. È una tecnica che ho affinato negli anni. Ma ti assicuro che con il materiale che viene tagliato in ogni servizio potrei riuscire a fare ogni volta altri 3-4 servizi, altrettanto divertenti e antropologicamente interessanti.
Secondo te quali sono le caratteristiche di un contenuto virale?
Ci sono tanti tipi di viralità. Quel che ho imparato è che il “virale”, nel lavoro che faccio io, risponde per lo più a una gamma di emozioni forti che vanno dalla tenerezza, al senso di colpa, passando per l’empatia, la condanna, la mitizzazione. I contenuti virali spingono su queste corde, su questi moti dell’animo. Perché un contenuto diventi virale deve superare tre prove, tre azioni sociali (lo guardo, mi piace, lo condivido). Dunque qualcuno si deve immedesimare talmente in quel contenuto da volerlo veicolare, facendolo proprio. Quel messaggio parla agli altri di noi, contiene un pezzo della nostra personalità, delle nostre convinzioni, di ciò che ci interessa comunicare agli altri di noi stessi. Per rispondere più direttamente alla tua domanda, dunque, un contenuto virale è sempre qualcosa che è in grado di raccontare la nostra storia.
C’è sempre premeditazione nei tuoi progetti o a vieni proprio colto da illuminazione?
Ti stupirò, ma la premeditazione è ben poca roba rispetto a “ciò che mi va di fare”, “ciò che voglio raccontare questa volta” e “ciò che mi diverte”. Parto sempre da un presupposto: mi deve piacere ciò che faccio, altrimenti lo farò male. Quindi il primo calcolo è questo: l’idea mi convince? convince me, in prima persona? Poi si possono fare tanti ragionamenti sui trend, sulle mode del momento e sui filoni di successo, ma ti assicuro che il prodotto con la miglior forza sul mercato (nazionale e anche internazionale) è quello che non è ancora stato inventato: ciò che non è ancora stato fatto. E allora per quanto ragioni e premediti, ti devi assumere il rischio di inventare.
A proposito, hai mai visto lo spirito santo manifestarsi sotto forma di canzone di Laura Pausini?
Ci ho provato! Ho provato a farmi visitare dallo Spirito Santo nell’ultimo video sul Miracolo di San Gennaro, nel 2015, secondo una tecnica sperimentata da una devota. Ma niente, non ho avuto un buon esito… Riproverò!
Hai fatto un corso per non ridere quando fai le domande?
Guarda, il mio carattere un po’ burbero mi aiuta in questa impresa. Se ci metti che poi il giornalista “è un mestiere serio”, diventa difficilissimo ridere, in ogni caso.
Cosa cerchi più di tutto nel rapporto con le persone che intervisti?
Che siano interviste serie, vox populi o video di campagne sociali, io cerco sempre di entrare in una sintonia profonda con gli intervistati. Si deve venire a creare un rapporto per il quale gli interlocutori si fidano di me; solo così si lasciano andare, si concedono. È in questo modo che vengono fuori le emozioni più forti, dal riso alla commozione.
In ultimo, cosa consiglieresti ad un vlogger alle prime armi? Come farsi notare?
Chi cerca di diventare un personaggio di solito non lo diventa. Il lavoro quotidiano, ostinato con piccole scadenze è la costruzione del successo. Non pensiate mai all’obiettivo a lungo termine. Quello verrà da solo, se verrà. Concentratevi piuttosto sul fare oggi meglio di ieri. E basta. Queste sono regole di buon senso che possono essere applicate, in fondo, a qualsiasi contesto, non solo ai vlog. Per entrare più nel merito della questione vlog, invece, val sempre la pena di autocriticarsi, chiedendosi costantemente “ma perché qualcuno dovrebbe guardare questo mio prodotto?”. Così si hanno buone possibilità di migliorare il servizio (perché ciò che si sta facendo è un servizio agli altri, non a sé stessi).
E soprattutto bisogna ripetersi costantemente il mantra “non sono stocazzo…non sono stocazzo…non sono stocazzo…”