La chiacchiera con Bruno Ballardini

Bruno Ballardini

Bruno Ballardini

Bruno Ballardini ti spiazza per quanto è disponibile. Una persona col suo curriculum potrebbe trascorrere il tempo a contemplare gli stormi di rondini a primavera, invece eccolo qua a regalarmi queste parole, come splendida appendice di tante belle letture, tra cui non posso evitare di menzionare “Gesù lava più bianco”, uno dei miei testi preferiti di sempre.

Ciao Bruno, ti chiedo subito qual è l’errore più bello che auguri ad un saggista

Quello di passare per sbaglio alla narrativa, scoprendo magari di esserci più versato rispetto alla saggistica. È un gran bell’errore che fino adesso ho evitato. Ma le tentazioni, si sa, prima o poi…

I tuoi testi sono provocatori a partire dai titoli. Nella comunicazione conta più la forma o la sostanza?

Per i titoli, purtroppo, c’è di mezzo la mia deformazione professionale da ex copywriter. Molti però non sanno che il titolo è sempre l’ultima cosa ad essere definita: cambia mille volte in corso d’opera, prima dell’uscita del libro, mediando fra le esigenze dell’editore e la visione dell’autore. Da questo dialogo, che spesso si trasforma in scontro, possono nascere titoli brillanti che vengono fuori in extremis dagli autori pur di non darla vinta agli editori, oppure titoli banalissimi che nascono da mille compromessi fra le parti (o quando l’editore impone la propria idea perché “il nostro ufficio marketing ha detto che funziona”). Ma poi, come accade per la pubblicità, un titolo brillante per un libro che non è all’altezza del titolo fa perdere la reputazione all’autore e produce una catastrofe nelle vendite. Quindi, alla fin fine, in comunicazione come in editoria conta di più la sostanza.

La TV generalista fa ancora ascolti molto alti, eppure sembra essere all’inseguimento del web. Chi vincerà alla fine?

Né l’uno né l’altro. E per parecchio tempo. Dopo la caduta dell’impero pubblicitario viviamo e vivremo ancora per molto in un’era di mezzo, quella che io definisco “Media Evo”, prima che arrivi un nuovo rinascimento in pubblicità. I media vengono modellati dalla pubblicità e non viceversa. Attualmente old media e new media coesistono ma nessuno può avere il sopravvento. Di certo non i primi perché sono ormai nella loro fase di obsolescenza e nemmeno i secondi perché non hanno ancora uno standard stabile. Le piattaforme e i formati cambiano troppo frequentemente. A questo punto, la fase di “interregno” vedrà necessariamente un utilizzo crossmediale e transmediale di tutti i media disponibili. Un uso che nessuno è ancora riuscito a realizzare in tempi di pace. L’ha fatto l’ISIS a fini bellici.

Si è divertito di più un pubblicitario degli anni ’80 o uno degli anni 2.000? Perché?

Assolutamente un pubblicitario degli anni ‘80. Perché c’erano più soldi. Talmente tanti soldi che si poteva realizzare praticamente qualsiasi idea venisse in mente. Certo non tutte meritavano il budget che gli era stato destinato. Ma nel bene e nel male ho visto cose che voi umani… Chi fa pubblicità oggi non può nemmeno immaginare.

Come si impara a scrivere per il web? Possono farlo tutti?

Ma certo. Non è diverso dall’imparare a scrivere tout court: basta semplicemente scrivere e scrivere. Alla fine, ognuno arriva dove è in grado di arrivare. Ritengo che comunque la palestra migliore sia sempre la carta stampata. Perché ti dà scadenze precise oltre le quali le stronzate che scrivi vengono stampate e non si possono più modificare. Questo fa una grande differenza nella disciplina e nell’apprendimento. Se scrivi su un blog o in un foglio online, puoi sempre correggere l’articolo. Perfino modificarlo in base ai commenti. Ma così certi salutari schiaffoni non li prendi mai e quindi non cresci mai.

Personal branding, qual è la tua ricetta per emergere?

A parte il fatto che detesto la parola “emergere”, per me la realizzazione personale è l’unico metro per misurare il successo. Emergere, se proprio vogliamo usare questa parola, per me significa superare il livello precedente a cui ero arrivato. Per un eterno principiante come me è impensabile “sentirmi arrivato”. Poi, del giudizio altrui non mi interessa minimamente. Non devo rendere conto a nessuno dei miei risultati se non a me stesso. Quindi non mi pongo problemi di “emergere”, mi basta essere apprezzato da chi sceglie di leggermi e ricomincio daccapo ogni volta che scrivo un nuovo libro. 

Tornando indietro nel tempo, suggeriresti al giovane te di cambiare qualcosa?

Assolutamente no. Sono molto fiero di tutte le cazzate che ho fatto perché mi hanno permesso di crescere e di diventare l’idiota che sono oggi. Spero di farne altrettante in futuro. L’unico rimpianto è di averle fatte troppo tardi: chissà perché ma continuo a incontrare gente che sembra sempre più sveglia di me o ha capito tutto prima. Ciò che ancora oggi mi fa sentire, per l’appunto, un idiota.  

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